Una folla per l’ultimo saluto a Piera Vitali: ‘Grazie di tutto, ora tocca a noi’

Ultimo saluto ieri nella (gremita) parrocchiale di San Giovanni Bianco a Piera Vitali, la 'biondina della Val Taleggio' che si è spenta a 96 anni nella notte fra il 15 e il 16 febbraio.
19 Febbraio 2020

Ultimo saluto ieri nella (gremita) parrocchiale di San Giovanni Bianco a Piera Vitali, la “biondina della Val Taleggio” che si è spenta a 96 anni nella notte fra il 15 e il 16 febbraio, a Laxolo di Val Brembilla. Pierina, originaria di Sottochiesa di Taleggio, è stata una donna dal carattere forte, in grado di affrontare numerose difficoltà in vita. Fin da giovanissima, appena ventenne, divenne partigiana e si dedicò completamente alla Resistenza, divenendo la “staffetta” della 86esima brigata Garibaldi, a cavallo fra la Val Taleggio e la Valsassina, di cui non rivelò mai i nomi: una scelta che le costò spietate torture.

“Il primo pensiero che ti rivolgo da rappresentante delle Istituzioni, di una Comunità, da semplice Cittadino è un sentito grazie – dichiara il sindaco di San Giovanni Bianco, Marco Milesi durante i funerali – Parola semplice, ma sincera e ricca di tanta riconoscenza per quello che sei stata, per ciò che hai fatto, per quello che ci lasci e per quello che continuerai a far vivere in ognuno di noi”.

“Era stata torturata e in bergamasco disse: 'Però ho mia piansit' – cioè non ho pianto. – spiega Giorgio Mercandelli dell'Anpi di Bergamo, intervistato ai microfoni del TG3 (vedi sotto il servizio) durante il corteo di ieri pomeriggio dalla chiesetta di San Rocco alla parrocchiale di San Giovanni – Come per dire: ce l'ho fatta. Non chiamiamola staffetta perché non voleva. Lei si definiva guida, ma soprattutto era una partigiana”. “Carissima biondina della valle Taleggio, a te che sei stata ribelle per amore della pace e della giustizia. Buon viaggio sui sentieri della libertà. Grazie per tutto, Pierina”, dice durante i funerali Claudio Plevani dell'Anpi Valle Brembana.

“Te ne vai, ma la tua forza, il tuo coraggio, il tuo amore per la libertà dovranno essere la guida per noi cittadini, per noi comunità, per noi Istituzioni. Ci sono momenti nella vita di ciascuno di noi in cui dobbiamo scegliere cosa fare e da che parte stare, così anche nella storia. Tu Pierina hai saputo e voluto scegliere da che parte stare: dalla parte della libertà. E lo hai fatto in silenzio – prosegue Milesi nel suo discorso – , attraverso la scelta di salire sulle nostre montagne, giocandoti la vita e quella dei tuoi cari. In silenzio, in montagna, proprio la dove anche Piero Calamandrei ci ha ricordato dove è nata la nostra Costituzione. Grazie ancora Pierina, perché se tutti noi oggi possiamo vivere in uno Stato libero e democratico è per merito di uomini e donne come te, semplici, ma che con forza e coraggio hanno saputo scegliere. Ora abbiamo il dovere noi tutti di portare avanti il tuo esempio, la tua testimonianza ed il tuo amore per la libertà, il tuo coraggio e la tua forza ci devono essere da guida nella nostra vita civile. Ho avuto la fortuna di conoscerti, di sentire la tua mano stringere forte la mia quando anche negli ultimi anni l’età avanzava, di guardarti negli occhi mentre mi raccontavi le vicende della Biondina della Val taleggio. Ed anche in queste occasioni dimostravi tutta la tua forza e il tuo amore per la Libertà. Sono certo che con la tua testimonianza non lascerai sole le tue, le nostre montagne.

La sua storia ha dell'incredibile. Era il 1944 quando Pierina partecipò alla cattura di un alto ufficiale della Gestapo, di nome Dick. Qualche mese dopo venne inviata a Primaluna, località della Valsassina, dove avrebbe presto avuto luogo un rastrellamento fascista. Il suo compito era quello di trarre in salvo la moglie di un comandante partigiano, presentandole una lettera di presentazione poiché sprovvista di documenti, dal momento che il suo nome era ormai noto agli ufficiali fascisti.

Lungo la strada venne però fermata: i militari la portarono in caserma e lei fece a brandelli la lettera che aveva con sé, nascondendoli sotto una mattonella in cantina. Gli uomini riuscirono, però, a scoprirla e a risalire alla sua identità: venne messa al muro, un “bersaglio umano” dei loro spari, ma non riuscirono a farla parlare. Iniziarono allora le spietate torture, schiaffi, insulti, calci e minacce finché uno di loro, stanco, ordinò ai compagni di lasciarla andare.

La trasportarono così al carcere di Monza, dove incontrò di nuovo il colonnello Dick, che per primo la chiamò “la biondina della Val Taleggio”, offrendole di passare dalla sua parte: offerta che Pierina rifiutò. Dopo pochi giorni, venne condotta nella redazione del Corriere della Sera, dove il suo nome fu impresso sulla carta e venne additata come “soggetto pericolosissimo”. Da quel momento, venne rinchiusa nel carcere di San Vittore e da lì caricata su un pullman insieme ad altri partigiani, direzione campi di concentramento tedeschi. Mentre viaggiava, accadde l'impensabile: ruppe un finestrino, si gettò dal mezzo e riuscì a fuggire, camminando per giorni fino a casa. Era il 30 dicembre 1944. Erano passati due mesi dalla sua cattura. Al termine della guerra l'anno successivo, Piera venne riconosciuta dal governo come ex patriota combattente.

(Fonte Immagine TG3)

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