Scuola media Almenno San Salvatore – Memorie sulla seconda guerra mondiale: intervista ai nonni

Un'interessante intervista della studentessa delle scuole medie di Almenno San Salvatore Emma Cefis fatta ai suoi nonni paterni sulla seconda guerra mondiale.
7 Febbraio 2018

Testo scritto da Emma Cefisa della 1a delle scuole medie di Almenno San Salvatore.

Nei giorni scorsi, dopo le riflessioni nella Giornata della Memoria, ho deciso di intervistare i miei nonni paterni, Pina e Giorgio, che hanno vissuto gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale quando erano bambini. Ero molto curiosa di conoscere come si svolgeva la loro vita quotidiana a quei tempi, e anche di sapere se erano accaduti episodi particolari di cui conservano la memoria.

A quanti anni hai vissuto la guerra?

Dai tre ai dieci anni.

Com’era vivere a quel tempo?

Dovevo andare a scuola in un altro paese (Almenno San Bartolomeo), perché la scuola di Almenno San Salvatore era stata requisita dai Tedeschi. Però si andava a scuola un giorno sì e uno no.

Qualcuno della tua famiglia è stato arrestato durante la guerra?

Sì, mio cugino, che faceva il partigiano. Per nascondere lui e gli altri partigiani, facevamo arare loro i campi della vigna Lurani Cernuschi, finchè non furono scoperti da alcuni soldati tedeschi, che arrestarono mio cugino. Mentre lo portavano via, mio zio li rincorreva, piangendo così forte che quelli inteneriti lo lasciarono andare, anche perché fortunatamente non erano delle S.S. ma dell’esercito Tedesco.

Tu e la tua famiglia siete dovuti fuggire tante volte per i bombardamenti o per altro?

Alcune volte sì. Infatti, quando c’erano i bombardamenti a Ponte San Pietro, mio nonno ci portava nelle cantine dove la famiglia Lurani teneva il vino.

Quanti eravate in famiglia? Avevi dei fratelli più grandi partiti per la guerra?

No, ero io la più grande fra i miei dodici fratelli.

Come hai fatto a scoprire che la guerra era finita?

Tramite la radio. Stavo attraversando Via Porta, dove abitava una famiglia di signori milanesi che aveva una radio, attorno alla quale quel giorno erano tutti radunati ad ascoltare una notizia: la guerra era finita!

La tua famiglia conosceva persone ebree?

No, non c’erano Ebrei ad Almenno.

All’inizio pensavo di intervistare solo i miei nonni paterni, che hanno vissuto direttamente queste vicende. Poi ho scoperto che anche il mio nonno materno Giordano, pur essendo nato subito dopo la fine della guerra, conserva la memoria di un racconto familiare. Eccolo.

“A quei tempi i miei genitori avevano un panificio in via della Libertà. Nei boschi della località Castra, che si trova sopra Almenno ed è ricca di grotte naturali, si nascondevano dei fuggitivi polacchi. Ogni tanto scendevano fino in paese, per fare scorta di farina e un po’ di pane. I miei genitori li aiutavano a sfamarsi, anche se sapevano che poteva essere pericoloso. Un giorno entrarono i Tedeschi, proprio mentre uno di questi Polacchi faceva rifornimento. Se fosse stato costretto a parlare con i soldati, visto che probabilmente non sapeva l’italiano, avrebbero capito chi era. Così dimostrò grande sangue freddo: prese in braccio mio fratello maggiore, che allora era un bimbetto, fingendo di essere un nostro familiare. Poi lo portò nel retro bottega, lo posò a terra e da lì si infilò nel portone della casa della famiglia Rota, detti i “Sachela”, gli antichi fruttivendoli di Almenno alto, scavalcò il muro di cinta e scappò lontano dai Tedeschi.”

Questo racconto è stato più volte ricordato dai miei genitori in famiglia, come un momento di grande paura, ma anche di grande solidarietà con un uomo in pericolo.

(Fonte: Leminews)

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