Istituto Superiore Turoldo – Quando le donne lavavano i panni al Brembo

La studentessa Paola Gavazzi intervista la nonna che racconta di quando, '' ai suoi tempi'', si recava al Brembo a lavare i panni. Oggi la tecnologia ha reso tutto più facile, ma siamo diventati pigri, anche nell'anima.
1 Marzo 2018

Testo scritto dalla studentessa Paola Gavazzi della 2BU Liceo delle Scienze Umane dell'Istituto Superiore Turoldo di Zogno.

La signora Lucia Arizzi, settantacinquenne di Zogno, racconta alla nipote la sua giovinezza. Ricorda che molte attività quotidiane, come lavare i panni, richiedevano una grande fatica. Oggi, invece, tante invenzioni ci consentono una vita più semplice e tranquilla. Questo però ci ha resi più pigri, cosa che non fa bene né alla salute né all’animo!

Così racconta la nonna Lucia:  “Ai miei tempi non c’erano tutti questi elettrodomestici, ed è stata la mia fortuna! Mi rende tanto triste vedere mia nipote che si rovina l’adolescenza con le sue stesse mani per via di quel maledetto telefonino. Io alla sua età ho scoperto il mondo lavando i panni!”. È proprio così che la signora Lucia inizia l’intervista. Ricorda che quando aveva 14 anni, come tante sue coetanee, veniva obbligata dalla madre a recarsi al fiume Brembo per fare il bucato, dal momento che le lavatrici erano troppo costose per le famiglie contadine.

Le ragazze partivano tutte insieme dalla piazza del paese al mattino presto. Il freddo era veramente pungente, tanto da screpolare la pelle delle mani. Con gli scialli sulle spalle, le gonne lunghe, le calze di lana e le scarpe pesanti passate di fratello in fratello, scivolavano svelte lungo i sentieri. A condividere la loro fatica c’erano gli asini, carichi dei panni sporchi, che procedevano ancora assonnati. In quel silenzio le chiacchiere delle donne risuonavano rumorose, mentre il sole stava appena sorgendo.

Verso metà mattina si arrivava al fiume, si scaricavano gli asini e ci si preparava per fare il bucato. L’acqua era freddissima: d’inverno, in certi punti, bisognava addirittura rompere il ghiaccio. Senza indugio i panni venivano immersi nell’acqua, sbattuti ripetutamente sulle pietre lisce, insaponati, sciacquati e stesi sul prato per farli asciugare. A fine giornata poi, i panni venivano ripiegati con cura e riposti nelle ceste. Quando tutto era sistemato, le ragazze stanche si avviavano verso casa con passo lento.

Lucia alla fine dell’intervista aggiunge: “Detto in questa maniera può risultare tutto noioso e faticoso. Oggi le ragazzine sbuffano se la madre le chiede aiuto nei  mestieri di casa. Per me e le mie coetanee, invece, andare al fiume non era un qualcosa di negativo, anzi tutt'altro! Con la scusa di lavare i panni, si poteva finalmente uscire e chiacchierare con le amiche. Era un modo per potersi divertire senza ricevere rimproveri e punizioni da parte dei genitori! Infatti scherzavamo, cantavamo a squarciagola, ci schizzavamo con l’acqua e soprattutto potevamo conoscere i ragazzi che si tuffavano dalla scogliera.” 

Grazie alle parole di nonna Lucia abbiamo capito che le nuove tecnologie portano con sé molti lati positivi, come il fatto di non farci perdere troppo tempo, ma presentano anche dei lati negativi. Siamo talmente abituati a tenere la testa sopra uno schermo, che non ci accorgiamo delle piccole ma grandi cose che ci circondano. Inoltre non assaporiamo più il gusto della soddisfazione, perché otteniamo ciò che vogliamo senza nessuno sforzo. Insomma, perdiamo il vero senso delle cose, e quindi della vita.

(Fonte Immagine Valbrembanaweb)

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