Le guerre dei Celti capitolo 3

Romanzo storico che ha l'intento di narrare la storia del nostro territorio facendola rientrare nella Grande Storia, nel periodo delle guerre puniche.
2 Dicembre 2019

Seconda puntata del racconto “Le guerre dei Celti”. Un piccolo romanzo storico che ha l'intento di narrare la storia del nostro territorio facendola rientrare nella Grande Storia. Come già fatto con le guerre persiane anche con questi racconti celtici andremo a raccontare le guerre puniche per parlare dei Celti che hanno abitato e vissuto sul nostro territorio, lasciando il segno della loro cultura. 

CAPITOLO 3 – Guerrieri Celti e mercenari Orobii nelle schiere galliche della guerra di Annibale

Lug e Sean si preparavano al ritorno ma ora non erano più soli, un piccolo stuolo di giovani forti li seguiva. Nei villaggi e nelle valli era stato diffuso l’annuncio della grande impresa ed il messaggio era risuonato negli animi forti per un’ avventura che apriva orizzonti nuovi di mondi lontani, di terre lontane, quelle che dalle cime dei monti nelle giornate serene spiriti coraggiosi intravedevano invitanti , oltre i colli della “Città sul monte”, giù sulla grande pianura fino al contorno lontano delle alture appenniniche. Andavano all’avventura, andavano alla guerra mercenari o guerrieri sulla strada che il destino loro assegnava sullo stesso percorso e destino inesorabile che accompagnava lo scorrere delle acque dalle sorgenti sulle falde del “Monte di cime dentellato “ all’ affluenza, sotto l’altura di Duno sulle ghiaie di Lemen, nell’impetuoso Imbro e di qui nel placido Abdua e poi nel vasto Padus che distende ed irriga la grande pianura dei Celti raccogliendo le acque dai monti delle Alpi dei Taurini , dai navigli e sorgive degli Insubri e dalle affluenze appeniniche dei galli Boi fino alla marina sulla costa dei Senoni aperta al grande mare che terre multiformi contornano e contengono.

Di quei popoli e di quelle terre Lug voleva conoscere dal venerabile suo avo Belenos la storia ed il mito; anche per questo era venuto da lui : che gli raccontasse e ne parlasse con la sua grande saggezza e memoria, che lui come druido e vate, non con scritture o incisioni o segni, ma con memoria e testimonianza soleva tramandare in racconti .

-“Ben volentieri ,nipote Lug ed amico Sean riprenderò a narrarvi della nostra tradizione e degli eventi della nostra storia, ora che voi, giovani guerrieri vi preparate all’impresa grande di sostenere in armi le sorti della patria in pericolo , come anche i vostri padri ed antenati fecero , cominciando dai tempi antichi quando le nostre genti e popoli della grande e misteriosa ecumene celtica valicando le Alpi vennero ed occuparono queste nostre terre che genti antiche abitavano in villaggi e città, quali la “ Città Sul Monte” o la “Città sul Lago Lario “ o il “ il Villaggio sull’Imbro” fondate dagli Etruschi o la città Città di “ Parra” capitale degli Orobi, dei quali noi siamo eredi, dopo che i celti Cenomani la distrussero .Non vennero in pace i nostri antenati pur coltivando animali e campi e pianure e fondando città come Taurinen dei Taurini , Medhlan degli Isubri, Berghaim la “ Città Sul Monte”, Brixia dei Cenomani e “Bòna” o “ Bònona” dei Galli Boi , anzi portarono e vissero di guerre con imprese e gesta di eroi che non sono ricordati con saghe o monumenti, ma sono memoria custodita e narrazione viva di noi anziani e druidi, che sappiamo dell’immortalità degli uomini, e crediamo non per paura della morte come pensano i romani , ma perché l’anima degli uomini per noi non muore ma vive negli altri uomini , rivive nelle vicende della storia degli uomini “

-Mio “Grande Tata “, già al villaggio della terra di Lemen che da piccolo abito e che mio padre e figlio tuo Boido governa con la fortificazione di Duno , ci narrano gli anziani delle passate vicende, ma da te apposta siamo venuti perché di quegli eventi, non solo hai conoscenza ma con la tua chiaroveggenza ne interpreti il senso . Della grande ecumene celtica che, dall’ Iberia e dalle Isole Britanne, dalle Gallie transalpine e dalla Gallia cisalpina della valle del Padus (Po) ,dalla Boemia e dalle terre danubiane , fino ai Balcani e all’Anatolia ha abitato la multiforme Europa , abbiamo io ed il mio amico Sean ,di stirpe ligure apuana, conosciuto le genti ed i popoli celtici militanti nel grande esercito di Annibale.

Abbiamo attraversato le Alpi con i fanti e i cavalieri Celtiberi,abbiamo contrastato Allobrogi , Volsgi e celtici delle montagne e giunti sulla pianura fummo partecipi delle contraddizione della nazione celtica quando i Galli Taurini ribellatisi ai Galli Insubri si opposero ai punici ed ebbero la loro città assediata e presa , con strage dei prigionieri designati ciascuno , a monito e segno delle popolazioni limitrofe, a scegliere di guadagnarsi la vita, e la sottomissione alle armi con l’assegnazione di arma e di cavallo, in un duello di combattimento feroce , con l’uccisione dell’ avversario della sua stessa stirpe, come spettacolo, con il plauso dei partecipanti e degli spettatori per la sorte del vincitore e persino del vinto, che incontrava una morte tanto bella, secondo lo spirito di disprezzo della morte dei guerrieri celti che i romani in battaglia tanto temono.

Pur con un esercito stremato e letteralmente ridotto dimezzato col passaggio delle Alpi , da 38 mila fanti e 8 mila cavalieri a 20 mila fanti e 6 mila cavalieri , Annibale aveva la speranza di suscitare , perseguendo con la presenza sua e del suo esercito una serie di vittorie , una rivolta generale dei popoli celtici cisalpini recentemente sottomessi e angariati dai romani ; già si erano ribellati i Galli Boi di Bonòna ed i Galli Insubri di Medhelan, scacciando i coloni romani di Piacenza . Si venne dunque alla battaglia al fiume Ticino ,uno scontro tra le cavallerie , quella numidica e celto-iberica di Annibale e quella romano- gallica di Publio Cornelio Scipione (Padre di Scipione l’Africano) . Annibale riportò la vittoria con la strategia dell’aggiramento alle “ali”con la cavalleria numidica africana, ma a sostenere lo scontro in prima linea erano la cavalleria gallica dei celti Cenomani di Brixia nello schieramento romano, contro la cavalleria dei Celti iberici al centro dello schieramento cartaginese . Il console gravemente ferito nell’impeto della battaglia e salvato dal giovane figlio ( l’adolescente Scipione l’Africano ) è riuscito a riparare gli sconfitti nella colonia romana di Piacenza.

E’ stata quella la prima vittoria di Annibale e tutte le nostre popolazioni celtiche della regione vennero ad omaggiare il comandante cartaginese ,offrendo la loro alleanza, rifornimenti e collaborazione militare ; persino negli accampamenti romani vi fu una rivolta da parte degli ausiliari galli che “ dopo aver massacrato le sentinelle alle porte del campo assalirono i romani , “molti ne uccisero e non pochi ne ferirono e tagliate le teste ai morti “ (secondo il loro uso ancestrale barbarico) in 2000 fanti e 200 cavalieri passarono dalla parte di Annibale che, promesso loro grandi doni , li rimandò ciascuno presso la propria gente a sobillarne l’animo contro Roma ! Questo fece , passato l’inverno , anche con noi e con i giovani ostaggi celti del campo , mandandoci alle nostre genti per reclutare guerrieri e mercenari, e per questo siamo qui!

Eravamo ancora fino al solstizio d’inverno ospiti al campo cartaginese e Annibale ebbe occasione per confermare ai suoi ed ai celti padani la sua capacità e grandezza affrontando e sconfiggendo le legioni dei consoli romani presso il fiume Trebbia. Il console Scipione ancora ferito là si era spostato da Piacenza col campo in posizioni più elevate e collinari, per evitare la cavalleria cartaginese e non facendo scontri se non scaramucce temendo la ribellione dei galli . Là sulla Trebbia Annibale dimostrò la sua bravura di stratega e di uomo d’armi; posto l’accampamento nelle vicinanze del campo romano ispezionò il territorio posizionando alla vigilia ai lati del fiume , in luogo boscoso e pieno di canneti adatti a nascondere uomini e cavalli , 100 fanti e 100 cavalieri con ognuno dieci compagni scelti da loro stessi al comando del giovane fratello Magone . “Era dicembre attorno al solstizio d’inverno.. era una giornata di freddo e neve eccezionale”.Al mattino mentre i suoi uomini si rifocillavano e si scaldavano Annibale mandò la cavalleria Numidica a provocare i Romani per attirarli aldiquà del fiume ,ritirandosi poco a poco. Sempronio l’altro console “ avido com’era di attaccare battaglia “ fece uscire tutta la cavalleria 6.000 armati leggeri e tutto l’esercito” .”essendosi tratti fuori in fretta uomini e cavalli senza che avessero prima potuto prender cibo e senza che nulla fosse stato predisposto per difendersi dal freddo ..le membra irrigidite e quando ,per inseguire la ritirata dei Numidi, entrarono nell’acqua ne uscirono tanto agghiacciati che a malapena potevano tenere le armi e venivano meno per stanchezza e con l’inoltrarsi del giorno anche per fame. Per contro Annibale aveva tenuto il grosso delle ruppe il più riparto possibile ,accendendo fuochi davanti alle tende ,ungendo i corpi dei combattenti con olio e grasso per ammorbidire le membra e impermeabilizzare la pelle dal freddo,era stato distribuito il rancio e solo quando fu annunciato che i romani avevano passato il fiume l’esercito cartaginese fu disposto in ordine di battaglia “.

Uno scontro tremendo: i cartaginesi schierarono arcieri e frombolieri Baleari ,8.000 armati alla leggera,20.000 della fanteria pesante tra Iberi Celti e Libi, 10.000 cavalieri sulle ali con davanti gli elefanti, mentre contro c’erano 18.000 fanti romani,20.000 soci latini, un numero imprecisati di Galli Cenomani (i soli rimasti fedeli),con la cavalleria di soli 4.000 cavalieri. Sconvolti i velites della prima linea, imperversanti cavalli cavalieri lancieri e opliti, anche gli elefanti furono attaccati e colpiti dai lancieri sotto la coda dove la pelle è meno spessa e deviati dai cartaginesi fra i cavalli imbizzarriti dei Cenomani, fu la fanteria pesante a reggere lo scontro, e seppure la schiera romana fosse circondata da tante difficoltà, per un po’ riuscì resistere … entrò allora in azione Magone con i suoi 2.0000 uomini scelti che sbucarono dall’interno del letto del fiume colpendo alle spalle i romani, suscitando terrore e sconvolgendo lo schieramento … il resto dell’esercito romano tentò la fuga verso il campo e una parte fu sterminata nei pressi della Trebbia non riuscendo a passare il fiume per stanchezza e freddo ; circa 10.000 stanchi affamati e bagnati guidati dal console Publio Corneglio Scipione raggiunsero Piacenza e una parte si spostò nella vicina colonia romana di Cremona “.Pochi erano stati i caduti tra Iberi e Libici ,molti più tra i Celti . Al termine della battaglia a causa del freddo delle uccisioni ,un solo elefante da guerra sopravvisse,” Surus “ . Il console Sempronio Longo “..mandò a dire a Roma che il maltempo aveva sottratto la vittoria ai romani !!!… e i romani capirono sin troppo chiaramente come erano andate le cose nel combattimento … questa sconfitta generò a Roma timore e spavento ”. Le forze cartaginesi ora sono appostate sulla pianura, i Celti si alleano con i punici e le legioni romane rinchiuse nelle colonie sono rifornite per via fluviale da Rimini”. Questa è il racconto che noi consegniamo a te mio “Grande Tata “druido e venerabile vate dei celti ” . Così concluse la sua parlata il giovane Lug .

-“Grande e bella la vostra esperienze che vi ha reso giovani guerrieri preparati agli eventi che stanno cambiando la vita dei nostri popoli , della nostra gente e della nostra nazione – disse l’anziano e venerato druido Belenos -domani dovrete partire ma vi accompagnerà il mio sacro augurio e vaticinio nel raduno di addio e di propiziazione ai piedi della “Grande stalattite” onorata dai nostri avi col culto delle acque nella sacra grotta- santuario dimora degli spiriti antichi.

-Siamo ora qua, ed io ospite tuo o Belenos, – volle concludere Sean di stirpe ligure apuana- e forse l’esercito di Annibale , ora che è passato l’inverno ha già intrapreso la via per risalire il valico degli Appennini che porta alla mia terra dei liguri e degli apuani … torno alla mia patria con il ricordo di questa grande terra dei Celti preparandomi alla guerra nelle speranza di orizzonti di popoli in pace(Nota -i corsivi si riferiscono a Tito Livio ed a Polibio).

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