Le guerre dei Celti capitolo 8

Romanzo storico che ha l'intento di narrare la storia del nostro territorio facendola rientrare nella Grande Storia, nel periodo delle guerre puniche.
27 Giugno 2020

Ottava puntata del racconto “Le guerre dei Celti”. Un piccolo romanzo storico che ha l'intento di narrare la storia del nostro territorio facendola rientrare nella Grande Storia. Come già fatto con le guerre persiane anche con questi racconti celtici andremo a raccontare le guerre puniche per parlare dei Celti che hanno abitato e vissuto sul nostro territorio, lasciando il segno della loro cultura.

 (PER LEGGERE CAPITOLI PRECEDENTI: capitolo 1 – capitolo 2 – capitolo 3 – capitolo 4 – capitolo 5 – capitolo 6 – capitolo 7)

CAPITOLO 8 – Varco l'Appennino

Per la via insolita aveva sorpreso gli eserciti dei due consoli e ora Servilio sulla via Flaminia scendeva da Rimini , Flaminio era salito ad Arezzo ed entrambi pensando di attenderlo ad una battaglia campale per sbarrargli la strada per Roma . Prima con l’impresa del passaggio sulle Alpi e poi con l’insolito ed impervio valico dell’Appennino, preparava ora un’altrettanta sorpresa con la dura prova di attraversare l’allagamento e le paludi dell’Arno per portarsi subito contro le legioni di Flaminio , prima che a questi si congiungesse Servilio.

Nella palude dell’ArnoAnnibale stesso comandò l’avanzamento : per primi gli Spagnoli e gli Africani , che costituivano il nerbo dell’esercito,con bagagli e sicuri viveri di sussistenza , li dovevano poi seguire i Galli ,come corpo centrale dell’esercito, alla retroguardia si ponessero i cavalieri,.. i Numidi dotati di armi leggere dovevano tener raccolte le schiere ,tenendo soprattutto a freno i Galli se si fossero fermati o dispersi .. a chiudere venivano i cavalieri a rendere impossibile una fuga all’indietro dei celti, ma il problema riguardava piuttosto i cavalli che trovavano un terreno tremendo…. Annibale era spesso tra i cavalieri, ma anche tra i celti e raramente in testa . Le giornate nella palude afosa ,nella quale sprofondano continuamente ,punzecchiati dalle zanzare, bruciati dal sole ardente erano terribili; chi avventatamente si addormentava o era troppo esausto e si distendeva sul terreno infido sprofondava ed annegava nella palude … riuscivano a dormire coloro che trovavano come letto il cadavere di una bestia da soma caduta ai margini ; alcuni fissavano insieme bagagli con le lance , i foderi delle spade e gli scudi per riposarvisi sopra ….. a partire dal secondo giorno le perdite aumentarono notevolmente … .quei quattro giorni e tre notti di palude fecero quasi rimpiangere a molti le Alpi , lo stesso Annibale, che ammalato d’occhi già prima delle intemperie primaverili, stava in groppa a Siro ,l’unico elefante superstite in modo da avere una buona visione d’insieme e per emergere il più possibile dal livello delle acque, rimase cieco da un occhio a causa delle veglie ,dell’umidità notturna e della malaria”

-Questa è la guerra di Annibale – diceva Galato capo di schiere celtiche – che conduce il suo esercito a sfidare gli Dei e la Natura sulla terra ,nel cielo e nelle acque , sulle montagne ,nelle intemperie e sui fiumi prima di affrontare i nemici e gli armati , temprando dei suoi guerrieri prima il coraggio e l’ardimento piuttosto che la forza dei muscoli o l’abilità nelle armi –

– “Per questo – commentava Boido guerriero e capo di celti – procede tra noi sicuro su un terreno tremendo, montando la grande bestia Siro , domando la forza e l’impeto del pachiderma e certo domando insieme, col suo esempio, la potenza ed il furore della variegata nostra armata gallica –

-“Certo anche per noi – pensavano tra loro il giovane celta Lug e Seat ligure apuano- anche questa attraversata della palude etrusca ci è stata di prova più di ogni esercizio d’armi ! ed è per questo che Annibale pur annoverandoci nella sua scorta ci ha assegnato di rimanere tra gli armati celtici, condividendo di loro la vita, e di lui in certo modo la presenza e il prestigio “.

Sui campi dell’Etruria Dopo aver tristemente perduti molti uomini ed animali ,quando finalmente uscì fuori dalle paludi ,appena gli fu possibile ,Annibale collocò gli accampamenti all’asciutto ; da esploratori mandati in ricognizione venne a sapere con certezza che l’esercito romano stava intorno alle mura di Arezzo ,si diede poi ad indagare ,ricercando con somma cura ,la posizione dei luoghi , i percorsi , i mezzi per procurarsi vettovaglie..la regione era tra le più fertili d’Italia. I campi d’Etruria che si stendono tra Fiesole ed Arezzo erano ricchi di frumento , di bestiame ed abbondanti di ogni cosa …. lasciato il nemico sulla sinistra partì in direzione di Fiesole e attraverso i campi dell’Etruria si diede a predare ,mostrando da lontano al console Flaminio ,nelle stragi e negli incendi la più grande devastazione possibile”. Non rimanevano indietro in queste operazione di rapina , di distruzione ed incendi , squadre e manipoli dell’armata gallica, aggiungendo all’ atavico furore ed impeto, il desiderio di restituire in odio e vendetta i misfatti perpetrati sulle terre e sulle genti padane dalla minaccia e dalla conquista romana, in anni recenti condotta proprio contro Insubri e Boi dal console C.Flaminio. “ Per questo Annibale era stato chiamato dai Galli perché li liberasse” !

Si ricordavano bene Lug il giovane celta e Seat ,ligure di stirpe apuana, del loro viaggio come scorta a Màgalo regolo dei Galli Boi, recatosi da Annibale alle foci del Rodano per invocarne il suo aiuto ; ora erano qui giovani capi guerrieri con la nazione celtica in armi con Annibale, con fanti , cavalli e cavalieri e con molte motivazioni di guerra ai romani. “ C’erano tra loro gli Insubri che si ricordavano ancora bene di Flaminio per la strage di quasi sei anni prima nel corso della quale erano stati massacrati tantissimi bambini ,donne e vecchi “; c’erano tra loro i Boi depredati delle loro terre per le nuove colonie romane e in parte deportati o profughi nei confini degli Orobi con essi fondendosi come Orombovi . Lug e suo padre Boido regolo dalla “Città sul monte “ conoscevano ed ammiravano molti ormai tre gli Insubri e tra i Boi guerrieri e capi, cavalieri e regoli, compagni di campo, di marce, di assemblee e di armi, ma in particolare, per nobiltà di portamento ed autorità di comando , attirava la stima dei giovani Lug e Seat un capo tra i cavalieri Insubri .. di bella prestanza e statura , bionda la capigliatura e la barba, seppur fiero ed austero sempre accompagnato da una squadra di fidati giovani ; ne chiesero la conoscenza a Boido capo delle schiere orobiche. -“ Ve ne può informare bene – disse loro Boido – Galato , insubro profugo da Acerrae che con lui ebbe a condividere imprese e dure vicende” .- “E’ un valoroso capo di cavalieri insubri – rispose interpellato Galato – i l suo nome è Ducario, – “ si sa tra gli insubri che sei anni fa ,Flaminio in persona aveva dato fuoco alla capanna circondata dai legionari nella quale erano bruciati vivi tra le grida i genitori di Ducario , sua moglie ed i suoi quattro figli”, palesemente cerca giusta vendetta in questa guerra contro Flaminio; che il destino e gli dei gli siano favorevoli ! – ” E il Destino e gli Dei apprestarono a Ducario la vendetta alla battaglia del lago Trasimeno, preparata dalla formidabile capacità strategica del condottiero Annibale e voluta dalla superbia ceca del console Flaminio .

Ultime Notizie

X
X
linkcross