Addio alla coraggiosa partigiana Piera Vitali, la ”biondina della Val Taleggio”

Piera Vitali, la 'biondina della Val Taleggio', si è spenta all'età di 96 anni, nella notte fra il 15 ed il 16 febbraio. È stata una partigiana, 'staffetta' fra la Val Taleggio e la Valsassina.
17 Febbraio 2020

Piera Vitali, la “biondina della Val Taleggio”, si è spenta all'età di 96 anni, nella notte fra il 15 ed il 16 febbraio circondata dalla famiglia, nel suo letto a Casa Santa Maria, a Laxolo di Val Brembilla. A comunicarlo l'Associazione Nazionale Partigiati d'Italia e Anpi Valle Brembana: Pierina, originaria di Sottochiesa di Taleggio, è stata una donna dal carattere forte, in grado di affrontare numerose difficoltà in vita. Fin da giovanissima, appena ventenne, divenne partigiana e si dedicò completamente alla Resistenza, divenendo la “staffetta” della 86esima brigata Garibaldi, a cavallo fra la Val Taleggio e la Valsassina, di cui non rivelò mai i nomi: una scelta che le costò spietate torture.

La sua storia ha dell'incredibile. Era il 1944 quando Pierina partecipò alla cattura di un alto ufficiale della Gestapo, di nome Dick. Qualche mese dopo venne inviata a Primaluna, località della Valsassina, dove avrebbe presto avuto luogo un rastrellamento fascista. Il suo compito era quello di trarre in salvo la moglie di un comandante partigiano, presentandole una lettera di presentazione poiché sprovvista di documenti, dal momento che il suo nome era ormai noto agli ufficiali fascisti.

Lungo la strada venne però fermata: i militari la portarono in caserma e lei fece a brandelli la lettera che aveva con sé, nascondendoli sotto una mattonella in cantina. Gli uomini riuscirono, però, a scoprirla e a risalire alla sua identità: venne messa al muro, un “bersaglio umano” dei loro spari, ma non riuscirono a farla parlare. Iniziarono allora le spietate torture, schiaffi, insulti, calci e minacce finché uno di loro, stanco, ordinò ai compagni di lasciarla andare.

La trasportarono così al carcere di Monza, dove incontrò di nuovo il colonnello Dick, che per primo la chiamò “la biondina della Val Taleggio”, offrendole di passare dalla sua parte: offerta che Pierina rifiutò. Dopo pochi giorni, venne condotta nella redazione del Corriere della Sera, dove il suo nome fu impresso sulla carta e venne additata come “soggetto pericolosissimo”.

Da quel momento, venne rinchiusa nel carcere di San Vittore e da lì caricata su un pullman insieme ad altri partigiani, direzione campi di concentramento tedeschi. Mentre viaggiava, accadde l'impensabile: ruppe un finestrino, si gettò dal mezzo e riuscì a fuggire, camminando per giorni fino a casa. Era il 30 dicembre 1944. Erano passati due mesi dalla sua cattura. Al termine della guerra l'anno successivo, Piera venne riconosciuta dal governo come ex patriota combattente.

Lunedì 17 febbraio sarebbero stati tre anni che era ricoverata a Laxolo – ha spiegato il figlio Gianni a L'Eco di Bergamo – Le volevano tutti bene, a 96 anni aveva ancora energia da vendere, ma in questi giorni sentiva avvicinarsi sempre di più il suo momento, tanto che ha cominciato a salutare tutti quanti. Ha voluto vicino a sé i figli, mentre alle amiche ha detto che le salutava perché stava per andarsene. E poi ha dato disposizione di come salutarla”.

La salma di Piera è stata composta nella chiesetta di San Rocco, vicino all'ospedale di San Giovanni Bianco. I funerali saranno celebrati nel pomeriggio di martedì 18 febbraio, dalle 14:45. Partenza del corteo dalla chiesetta, le esequie nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Bianco.

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