Lombardia in zona rossa, ma Bergamo non ci sta: ”qui il contagio è più basso, escludetela”

All'indomani della presentazione del nuovo Dpcm, è ufficiale: la Lombardia, la Calabria, il Piemonte e la Valle d'Aosta sono in zona rossa. Non sono tardati malumori e polemiche, soprattutto si chiede un ripensamento ai limiti in province come Bergamo.
5 Novembre 2020

Pare di essere tornati a marzo, quando ci destreggiavamo fra autocertificazioni e mille incertezze. All'indomani della presentazione del nuovo Dpcm, è ufficiale: la Lombardia, la Calabria, il Piemonte e la Valle d'Aosta – comprensive di tutte le loro province – sono in “zona rossa”, mentre tutto il resto d'Italia si divide fra “zona arancione” e “gialla”. Chiudono tutti i bar e ristoranti, salvo per l'asporto, serrande abbassate anche per i negozi al dettaglio ad eccezione di farmacie, alimentari, tabaccherie ed edicole, stop allo sport se non per attività individuale mentre i parrucchieri potranno proseguire. A scuola si va in presenza fino alla prima media, dopodiché Dad per tutti.

Non sono tardati malumori e polemiche per la decisione del Governo. Soprattutto si chiede a gran voce un ripensamento su queste limitazioni regionali, permettendo a province come Bergamo di venirne escluse dal momento che presenta un indice Rt più basso rispetto al resto delle vicine di casa. “Chiudere l'intera Lombardia non può più essere la soluzione” ha ribadito il consigliere regionale di Cambiamo! Paolo Franco. Mentre i parlamentari di Forza Italia, Gregorio Fontana e Alessandra Gallone, appoggiano la richiesta di una Bergamo esclusa dalla zona rossa.

A me sembra totalmente insensato un nuovo lockdown – è la presa di posizione del deputato leghista Alberto RibollaLa Lombardia ha aree, come la nostra, dove il contagio è più basso. Prudenza, mascherine, gel e distanziamento, ma non uccidete l'economia Bergamasca!”. E dopo l'accusa mossa dal presidente lombardo, che avrebbe sostenuto che l'esecutivo si sia basato su dati fermi al 25 ottobre, è il consigliere regionale del M5S Mario Violi a puntare il dito: “Fontana non ha alibi. La Regione è un territorio vasto, ci sono province che hanno la fortuna di avere un numero di contagi più basso come Bergamo. Il Dpcm prevede che le Regioni si prendano la responsabilità di indicare su quali zone poter allenare le misure restrittive”.

Parola anche ai sindaci, fra cui quello di Treviglio, Juri Imeri, che prima dell'annuncio ufficiale di Conte sosteneva in un post: “Sono le 17:15 e ancora non si sa cosa accadrà da mezzanotte. È assurdo che non ci siano indicazioni. È giusto invocare la responsabilità dei cittadini e degli imprenditori, ma serve chiarezza”. È intervenuto anche il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che ha spiegato: “I dati che sono stati evidenziati dalla responsabile dei servizi epidemiologici della Regione, due giorni fa, vedevano Bergamo attestata su un indicatore Rt di 1,5. Curiosamente – ha proseguito – è lo stesso rilevato nel Comune di Milano. Si fatica a capire, ma cercheremo di orientarci”.

Gori ha poi aggiunto che “le nuove restrizioni peseranno indubbiamente, anche perché le differenze tra le diverse zone rischiano di penalizzare i commercianti, in particolare chi vende scarpe, abbigliamento e arredamento. Oltre ai ragazzi delle scuole medie inferiori che, nelle zone rosse, dovranno fare didattica a distanza. La lettura dei dati provinciali non è facile: lo stress delle nostre strutture ospedaliere, inferiore alla scorsa primavera, risulta imputabile all’offerta di cure per i pazienti di altre province, come peraltro è giusto che sia”. Intanto, su una possibile riapertura provinciale, il premier Giuseppe Conte è deciso. “Non è possibile mettersi a negoziare sulla pelle dei cittadini; differenziazioni all'interno delle Regioni sono possibili in astratto, ma tolgono forza al meccanismo”.

(Fonte: Il Corriere)

Photo by Wassim Chouak on Unsplash

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