Grandinate in Bergamasca, in futuro sempre più frequenti: colpa anche dei cambiamenti climatici

Una forte grandinata si è abbattuta sulla bergamasca nel pomeriggio di martedì 2 giugno. Ma perché improvvisi fenomeni di questa portata sono così frequenti nella nostra provincia? Lo abbiamo chiesto a Manuel Mazzoleni di 3B Meteo.
4 Giugno 2020

Una forte grandinata si è abbattuta sulla provincia bergamasca nel pomeriggio di martedì 2 giugno: 15 minuti di forte vendo e precipitazioni così fitte e abbondanti da sembrare neve al suolo. I danni alle coltivazioni registrati sono stati devastanti, in particolare nella zona della bassa Valle Seriana e in Valle Imagna, dove i grossi chicchi di grandine hanno distrutto il 90% della produzione di un frutteto a Sant'Omobono Terme.

Ma perché improvvisi fenomeni di questa portata sono così frequenti nella bergamasca? Lo abbiamo chiesto a Manuel Mazzoleni, meteorologo di 3B Meteo e nostro collaboratore. Innanzitutto, è bene conoscere il processo che consente la formazione della grandine. “La grandine si forma in quelle nuvole tipiche del periodo estivo, il cosiddetto “cumulo nembo” – spiega Mazzoleni – Sono un tipo di nubi che si sviluppa verticalmente per mezzo dell'aria calda che dal basso sale verso l'alto, formando questa tipica nuvola a cavolfiore”.

All'interno di queste nuvole a sviluppo verticale si formano delle goccioline d'acqua che continuano a salire e scendere in movimenti verticali – prosegue l'esperto – quindi in ogni risalita e ridiscesa vi si formano attorno degli strati di ghiaccio facendo crescere il chicco di grandine sempre di più fino a quando il peso non diventa così importante da vincere la forza che lo spingeva verso l'alto, cadendo poi verso il basso e quindi verso il suolo”. I chicchi di grandine, infatti, sono formati da diversi strati esattamente come una cipolla.

Ma per quale motivo la bergamasca è così soggetta a questi fenomeni violenti? “Tra le zone della Lombardia, quella della bergamasca e delle Orobie è quella che ha fenomeni grandinigeni con più frequenza – spiega Mazzoleni – Questo perché la nostra provincia si trova nella zona di confine fra la pianura e le Alpi e Prealpi, quindi dove c'è maggiore contrasto termico fra l'aria fredda in quota e l'aria calda che si accumula invece in pianura. Essendo noi la prima zona di confine, questi contrasti termici che tendono ad accentuarsi nel periodo primaverile ed estivo portano alla formazione di temporali violenti, che poi scaturiscono anche in fenomeni grandinigeni”.

Si tratta, dunque, di una questione di conformazione orografica tipica del territorio che predispone la nostra provincia, le nostre valli e la zona pedemontana allo sviluppo di forti grandinate, come quella verificatasi martedì. Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? “Nel passato si sono sempre verificati episodi di grandinate – conferma il meteorologo – Ma la frequenza è in aumento, a causa sempre dei cambiamenti climatici. La zona del Mediterraneo, ovvero l'Italia, tende a scaldarsi più del normale rispetto al resto del pianeta: questo aumento di temperatura porta maggiore energia in gioco ed è quindi più facile lo sviluppo di fenomeni più violenti a causa delle temperature più elevate che portano di conseguenza a maggiori contrasti termici”.

Da qui in avanti, dunque, potremmo aspettarci grandinate e temporali con sempre più frequenza, “soprattutto nel periodo fra primavera ed estate – conclude Mazzoleni – Da qui in avanti, inoltre, ci saranno anche più periodi siccitosi quindi magari ondate di caldo altrettanto più frequenti. Alla perturbazione che arriverà per spazzarle, il forte contrasto termico che si formerà darà vita ad eventi forti, sempre con il rischio di grandinate”.

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