Val Brembana terra di artisti: dai Baschenis a Ceresa passando per Palma il Vecchio (e altri)

Lo sfarzo delle nostre chiese parrocchiali raccontano la storia di una valle da sempre dedita all'arte, in tutti i suoi sensi.
15 Novembre 2019

Lo sfarzo delle nostre chiese parrocchiali raccontano la storia di una valle da sempre dedita all'arte, in tutti i suoi sensi. Affrescatori, pittori di fama internazionale, fotografi, poeti: sono numerose le personalità che la Valle Brembana ha cullato fra le sue amorevoli braccia fin dagli albori. Le testimonianze di questo patrimonio artistico di gran pregio – lasciatoci in eredità da alcuni grandi nomi – è tutto intorno a noi, si affacciano umilmente dai soffitti immortalati nel tempo delle chiese, scrutano i volti dalle pagine polverose di un vecchio libro di poesie.

La pittura è stata nel corso del tempo la strada più battuta dai giovani artisti brembani, sia fra i “figli d'arte” come la famiglia dei Bachenis, che fra chi ha deciso di andare a cercare fortuna altrove fino a diventare un pittore conosciuto oltre confine, come Palma il Vecchio. Ma andiamo con ordine: il clima di pace che la Repubblica di Venezia portò in valle favorì il fiorire di tutta una serie di produzioni artistiche, che videro il proprio culmine fra il '400 ed il '500.

La famosa famiglia dei Baschenis, originaria della contrada Colla di Santa Brigida, annovera fra la propria prole tutta una serie di artisti che hanno contribuito a plasmare significativamente la cultura pittorica brembana. A partire dalla metà del XV secolo, si tramandarono per secoli di padre in figlio il proprio mestiere, dividendosi nel tempo in due dinastie: quella dei Lanfranco e quella dei Cristoforo. Angelo Baschenis, rappresentante della prima dinastia, fu il primo a trasferirsi in Trentino dove fu seguito da altri discendenti e rappresentanti, fra cui Cristofoto I Baschenis – dell'omonima dinastia. Gli affreschi principali si trovano al Santuario dell’Addolorata di Santa Brigida, nella chiesa di S.Giovanni Battista a Cusio e nella sacrestia della Patronale di Ornica, mentre alcune opere di Evaristo Baschenis sono custodite all’Accademia Carrara di Bergamo.

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(Pittore della famiglia Baschenis, “San Giorgio e il drago”, XV secolo | Carisolo, chiesa di Santo Stefano)

Ma i Baschenis non furono gli unici ad emigrare per cercare fortuna aldilà dei monti brembani: la scuola veneta accolse e formò tanti nostri antichi concittadini, in particolar modo la Bottega Santacroce fondata da Francesco di Simone da Santa Croce, nato nel 1475 nella piccola frazione di San Pellegrino da cui prese il nome. Di Simone fu uno fra i primi bergamaschi a trovare fortuna nella Repubblica di Venezia, dove lavorò come alunno nella bottega di Giovanni Bellini. Un'esperienza che lo spinse ad aprire la propria bottega personale, da cui uscirono artisti dall'importante nomea: Francesco Rizzo, Andrea Previtali ed il celebre Palma il Vecchio.

La personalità più famosa è sicuramente quella di Palma il Vecchio, pseudonimo di Jacopo Nigretti de Lavalle, nato a Serina nel 1480. Fu un pittore molto affermato all'epoca, tanto che il famoso artista Vasari si complimentò con le sue opere ritenendo che “Leonardo Da Vinci e Michelangelo Buonarroti non avrebbero altrimenti operato”. Palma il Vecchio ha lasciato in eredità ai posteri una serie di opere, custodite perfino in alcuni importanti musei come “Donna Bionda”, che si trova alla National Gallery di Londra, “Cristo e l'adultera” all'Ermitage di San Pietroburgo, “Giuditta” nella Galleria degli Uffizi a Firenze e “Sibilla”, nella Royal Collection del Castello di Windsor. Anche la chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunciata a Serina ospita una sua opera, un polittico della presentazione della Vergine.

Se il '500 fu un secolo d'oro per la Valle Brembana in campo artistico, il '600 portò con sé la nascita del miglior rappresentante della cultura pittorica brembana: è Carlo Ceresa, originario di San Giovanni Bianco, un talento naturale che imparò l'arte religiosa quasi completamente da autodidatta. Le sue opere erano infatti a sfondo prevalentemente religioso e dai volti particolarmente espressivi, tanto da fare dei ritratti una sua specialità. Ceresa lasciò in eredita alla Valle Brembana ben 350 opere, disseminate nelle chiese parrocchiali della bergamasca ma tuttavia concentrate nei luoghi di culto brembani, anche se uno dei suoi ritratti – quello rappresentante il politico Bernardo Gritti – è attualmente esposto presso il Rijksmuseum di Amsterdam.

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(Palma il Vecchio, “Giacobbe e Rachele” (1520 – 1525) | Dresda, Gemäldegalerie)

Se con Ceresa si chiuse un cerchio artistico durato diversi secoli, con Filippo Alcaini nel più recente 1946 se ne aprì forse un altro, più moderno e meno influenzato dalla corrente rinascimentale a differenza dei suoi predecessori. Nativo di Dossena, operò principalmente in terra brembana – Dossena, Valtorta e San Pellegrino Terme su tutte – ma ebbe l'opportunità di collaborare anche internazionalmente, restaurando le chiese rupestri di Lalibela, in Etiopia, e partecipando alla decorazione della moschea di Shabbi a Bengasi, in Libia. La sua particolare arte è spesso definita come un mix fra realismo, espressionismo e surrealismo.

La Valle Brembana, in ogni caso, è una vera e propria terra d'artisti di ogni genere. Nella sua storia trovano posto anche gli esponenti della Famiglia Rovelli di Cusio, una famiglia di intagliatori ed intarsiatori del legno che, a partire dalla fine del '600, realizzarono una serie di mobili di chiesa dalla perfetta esecuzione tecnica, ornata di meravigliosi decori ad intarsio. Il loro patrimonio è immenso e disseminato in molte chiese dell'alta Valle Brembana, fortunate eredi di queste importanti opere. La figura di spicco fra i Rovelli è sicuramente Antonio, i cui capolavori possono essere ammirati nelle chiese parrocchiali di Cusio, Santa Brigida, Averara, Mezzoldo, Cassiglio e Valtorta.

Ad alcuni secoli di distanza, nacque a Piazza Brembana Eugenio Goglio, più precisamente nel 1865. Particolarmente predisposto all'arte, partecipò al rinnovo della decorazione di alcune chiese, dilettandosi nel frattempo nella scultura del legno e nell'intaglio di mobili. Ma è grazie alla fotografia che la sua popolarità crebbe: nel 1898 prese il via la sua carriera, originariamente come fotografo ambulante per la Valle Brembana, donando una testimonianza tangibile e un'immagine molto chiara dei luoghi, della vita e delle famiglie brembane nei primi anni del '900. Fulvio Goglio, suo figlio, intraprese la stessa strada di suo padre Eugenio, fornendo una precisa documentazione degli usi e costumi della gente brembana a qualche anno di distanza dal suo genitore.

Affreschi, dipinti, intarsi e fotografia: sebbene il mezzo visivo sia spesso il più efficace, anche le parole hanno un potere non indifferente. Lo sapeva bene Pietro Ruggeri da Stabello, uno dei più grandi poeti di espressione dialettale bergamasco. Nato a Zogno, nella frazione di Stabello, nel 1797, l'amore per la sua gente e la vita di tutti i giorni ebbero un ruolo da protagonista all'interno dei suoi componimenti – rigorosamente in dialetto bergamasco.

Il patrimonio artistico brembano è di un'immensità incredibile, costellato di talentuosi artisti che, forti dell'eredità lasciata dai propri predecessori, hanno seguito con fierezza ed orgoglio i passi dei propri avi. E anche se alcuni migrarono lontano, il legame con la valle non si spezzò mai: è così che resero la Valle Brembana, un'orgogliosa terra di artisti.

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(Antonio Rovelli, particolare di un credenzone di Sagrestia, 1689 | Antica chiesa di Santa Brigida)

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