Dalla Polonia a Villa d’Almè: Leila Cielok, una storia di due secoli

Una storia lunga 5 generazioni di cui si fa portavoce Leila Cielok, diciassettenne di Villa d’Almè.
11 Novembre 2019

Dalla Polonia alle Valle Brembana: una storia lunga 5 generazioni di cui si fa portavoce Leila Cielok, diciassettenne di Villa d’Almè. Inizia così il racconto della sua famiglia, appreso dai nonni: “Tutto iniziò a fine Ottocento. Il mio trisavolo, Karl Cielok, viveva a Bielsko-Biala, un paese vicino a Cracovia poco distante dalle miniere di sale in cui lavorava. Un giorno gli venne offerto un lavoro molto conveniente per dirigere il linificio di Fara Gera d’Adda, in provincia di Bergamo. Mi è infatti stato raccontato che Carlo era uno dei migliori tecnici della lavorazione del lino nell’Europa occidentale e fu chiamato in Italia proprio per insegnare il suo lavoro agli operai del posto. Quindi, all’età di 25-30 anni, lasciò moglie, figli e il suo paese natale in Polonia per venire a lavorare in Italia”.

Dopo qualche anno – prosegue Leila – tornò in patria per vivere insieme alla famiglia, a causa di un evento in particolare che racconterò in seguito. A quell’epoca non aveva intenzione di ritornare in Italia. Negli anni, però, le offerte di lavoro provenienti dal linificio di Fara Gera d’Adda non diminuivano, così Karl richiese un compenso veramente esagerato che, era convinto, gli italiani non avrebbero potuto accettare”. Ma, colpo di scena, la proposta venne accettata e Karl decise di tornare in Italia, questa volta con la moglie e i tre figli, per dirigere il linificio. La storia di Karl poi, si intreccia con le storie di cui sono protagonisti altri parenti che, per svariate peripezie, giungono alle soglie della Valle Brembana, a Villa d’Almè. Qui ancora oggi vive Leila.

 

L’inserimento in Italia, che fu relativamente semplice per Karl poiché uomo ricco e direttore di un’azienda, fu più complesso per la moglie Emilie. Il suo ruolo di “moglie del direttore” ostacolava in qualche maniera i rapporti con altre donne; la stessa sorte capitò alla piccola Lesele (Lisa), figlia dei coniugi, che a scuola veniva tenuta in disparte dai compagni poiché i genitori lavoravano tutti nell’azienda di Karl come semplici operai.

Ci fu un evento in particolare che cambiò la percezione dell’Italia da parte della famiglia Cielok e che fu la causa principale che li spinse a ritornare in Polonia dopo il primo soggiorno all’estero. “Bisogna sapere che nel linificio di Karl lavoravano anche le donne, e da sempre questo era un fattore molto contestato dagli uomini del paese, che non ritenevano opportuno il fatto che le donne lavorassero. Tutto però degenerò una sera, quando Emilie vide dalla sua finestra tre uomini che prendevano a botte Karl. Stette a guardare, impotente, finché non svenne per il terrore di perdere il marito. Karl non sembrava troppo sorpreso dall’accaduto: sapeva che molti contestavano la sua decisione di assumere anche le donne, ma la moglie lo convinse a lasciare il Paese per ritornare sulle rive del Danubio in Polonia. Così, alla fine, la mia famiglia si trasferì nuovamente per poi ritornare in Italia alla seconda proposta di lavoro del linificio di Fara Gera d’Adda, quella per cui Karl era convinto di aver richiesto un compenso così esagerato da allontanarsi definitivamente dagli italiani. Ma così non fu.” continua il racconto Leila.

Oggi per Leila la situazione è completamente diversa: è italiana a tutti gli effetti e il ceppo della sua famiglia polacca ormai è molto lontano, così non si sente immigrata o “diversa” rispetto agli altri. Si reputa orgogliosa della sua famiglia, ma non troppo: “Questa è solo una piccola parte della mia famiglia; tuttavia sì, ne vado fiera, anche se normalmente tendo a nascondere la mia storia”. Una piccola valle, la nostra, che ha saputo ospitare grandi imprenditori polacchi e che, ancora oggi, racchiude al suo interno un piccolo mondo. Un mondo nella valle.

 

 

 

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