Itinerari fra arte, gusto e fede – Clanezzo, un ‘ponte tibetano’ e un’atmosfera d’altri tempi

Questo mese abbiamo dedicato la nostra rubrica al piccolo borgo che sorge alla confluenza fra l’Imagna e il Brembo.
4 Dicembre 2018

Il silenzio rotto solo dallo scrosciare del torrente Imagna e del fiume Brembo che qui si incontrano rumorosamente, la vegetazione folta e indomita, una coppia di innamorati mano nella mano, un paio di ciclisti solitari: passeggiare, in un giorno qualunque, per il piccolo borgo di Clanezzo (nel paese di Ubiale Clanezzo) significa immergersi in un paesaggio dove pare che il tempo si è fermato al Medioevo. E dove solo la natura continua a scorrere.

La torre in pietra grezza, le vecchie persiane della dogana aperte e scrostate, l’immagine sbiadita della Madonna al “porto” che sembra aspettare un fiore: tutto suggerisce un altro mondo, una realtà passata. Ed è semplice immaginare viandanti, condottieri e banditi. È facile prestare l’orecchio al racconto di battaglie e a leggende raccapriccianti. Abitata dall’età preistorica, dopo l’età romana e il periodo feudale, la terra di Clanezzo fece da confine tra la Serenissima e il Ducato di Milano. Fu dunque un passaggio obbligato per mercanti e viaggiatori, scenario di lotte tra Guelfi e Ghibellini

Leggende e scontri da brivido – Nelle cronache del tempo si racconta che il massiccio castello che qui sorgeva, le griglie rupi su cui s'innalzava e il suo ponte riempivano l'animo di chi passava di un superstizioso terrore. Forse per questo motivo i racconti sui suoi proprietari non sono dei più clementi. Viveva qui Beltramo Dalmasano, Ghibellino a capo dei valligiani di Brembilla che, grazie alla natura sinistra del luogo, commettevano impunemente le più crudeli rappresaglie sui vicini (qualcuno giura che i loro fantasmi ancora oggi si aggirano nella zona in cerca di vendetta). Si narra che i Veneziani, stanchi di attendere la caduta della roccaforte, un giorno catturarono numerosi serpenti e li introdussero nelle feritoie del castello. La crudeltà dei residenti era tale, però, che nemmeno le serpi vollero restare e, uscite, attaccarono i lagunari costretti allora alla fuga.

La seconda vita del castello – Abbandonato dopo la cacciata dei Ghibellini di Brembilla da parte di Venezia (la diaspora portò molti di loro a stabilirsi definitivamente a Milano: da qui l’origine e la diffusione di noti cognomi come Brembilla e Brambilla), l’edificio fu trasformato in residenza signorile nel XVI. Riprese lustro solo quando, nel 1804, fu acquistato dalla famiglia Beltrami. Assunse allora i connotati romantici ancora oggi visibili. Sotto i portici furono appesi pugnali e picche, in giardino vennero collocate vere o supposte rovine e fu costruito un “Kaffeehaus” (termine che indica un piccolo edificio sistemato nel verde, usato per prendere caffè e cioccolata, e per altri svaghi da aristocratici). A godere di questa nuova atmosfera furono nobili, dame ma anche importanti personaggi quali l’Arciduca Ranieri d’Austria e il compositore Giuseppe Verdi.

Una passerella sull’acqua – E oggi? Nella quiete del luogo, “disturbata” solo dai passi dei pochi viandanti e dal passaggio di qualche ciclista che si avventura sulla “muraglia” di sassi, si può ancora ammirare il ponte di Attone (dal nome del conte che lo fece costruire), gettato sul torrente Imagna nel X secolo. Accanto ad esso si vedono i resti di un torrione fortificato, conosciuto con il nome di “dogana veneta”, utilizzato per il controllo dei traffici verso la Val Brembana. Infine ecco il “porto” e il “ponte che balla” (realizzato in acciaio e legno nel 1878 per volere di Vincenzo Beltrami e in sostituzione del traghetto che dal ‘600 costituiva il principale mezzo di collegamento tra le due rive), quello che – senza nemmeno troppa fantasia – potrebbe esser definito “il primo ponte tibetano” della Bergamasca.

Da vedere:

Fate una breve visita alla chiesa parrocchiale di San Gottardo a Clanezzo. Risale al XVII secolo anche se presenta un sostanziale rifacimento di due secoli dopo. Al suo interno si trovano dipinti di Gioacchino Manzoni e della scuola di Carlo Ceresa.

Per assaggiare specialità del territorio:

Casoncelli ma anche polenta, carne alla griglia e altre specialità bergamasche: si gustano presso la cascina Belvedì, in località Belvedere, proprio a Ubiale Clanezzo.

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