L’importanza di misurare e monitorare i livelli di Colesterolo è sempre più nota, non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche nella popolazione: obiettivo di questo articolo vuole essere quello di mettere in luce alcuni aspetti magari meno noti e immediati in questo ambito.
Nella trattazione della questione del rischio cardiovascolare e delle strategie di prevenzione abbiamo citato tra i fattori definiti modificabili proprio il colesterolo e la sfera delle dislipidemie. Il Colesterolo è un prodotto presente fisiologicamente nell’organismo di ogni individuo, in diverse forme di aggregati (le cosiddette Lipoproteine a diversa densità) presenti nel circolo sanguigno (VLDL, essenzialmente i Trigliceridi), depositato sulle pareti delle arterie e dei vasi (LDL, colesterolo “cattivo”) oppure stoccato nel fegato come scorta (HDL, colesterolo “buono”) di cui poter usufruire in un secondo momento. A seconda della prevalenza relativa di queste diverse forme di aggregati, l’interpretazione dei livelli di Colesterolo riscontrati cambia molto significativamente.
Quando si misura il Colesterolo, il dato più immediato che si ottiene è quello del cosiddetto Colesterolo Totale (CHOLtot), costituito dalla composizione dei tre elementi sopra citati (del valore dei Trigliceridi si prende solo una parte); per rendere chiaro questo concetto, si potrebbe paragonare il CHOLtot a un baule del cui contenuto conosciamo la composizione qualitativa (banalmente potremmo ipotizzare tre diversi materiali di diverso peso specifico quali per esempio ferro, paglia, tondini di legno): la misurazione del COLESTEROLO TOTALE ci consente di stimare le dimensioni di questo baule; l’analisi approfondita del PROFILO LIPIDICO (ovvero la determinazione quantitativa dei tre elementi costituenti) ci fornisce un quadro completo del diverso contenuto relativo degli elementi, essenziale per decidere se porre in atto dei correttivi.
E’ infatti intuibile che a parità di CHOLtot cambia drasticamente l’approccio a seconda della composizione relativa degli elementi che lo costituiscono (ferro, paglia, tondini di legno del nostro baule. Cioè LDL, HDL, VLDL: è evidente che a parità di spazio disponibile complessivo, il peso complessivo del contenitore cambia proporzionalmente alla quota parte di volume occupata dal materiale a peso specifico maggiore: se ho due bauli di pari dimensioni ma diverso contenuto, quello contenente in proporzione più ferro mi creerà qualche pensiero in più per poterlo gestire e mobilizzare rispetto a quello che contiene per la maggior parte paglia!!!).
L’analisi del PROFILO LIPIDICO completo consente di fornire due parametri di grande interesse, fondamentali per interpretare al meglio i risultati numerici delle analisi del sangue e per delineare più correttamente il quadro: LDL, il “Colesterolo cattivo”, ovvero quella frazione che si deposita sulle pareti dei vasi sanguigni, ispessendoli e rendendoli meno elastici, con conseguenze sulla circolazione; questo elemento dovrebbe stare al di sotto dei 130mg/dL CHOLtot/CHOL-HDL, ovvero la stima dell’impatto della parte positiva sul totale; questo parametro dovrebbe stare al di sotto del 4. Per esemplificare: se il totale di Colesterolo fosse 240mg/dL, il peso specifico di questo valore cambierebbe significativamente se il CHolHDL (“buono”) fosse 40mg/dL oppure 60mg/dL; nel primo caso avremmo un rapporto TOT/HDL pari a 6, nel secondo pari a 4. Più basso è il rapporto, meglio è.
E’ noto che l’alimentazione e uno stile di vita più o meno attivo possono influire sul quadro metabolico: una alimentazione particolarmente ricca di grassi, soprattutto saturi, o di alimenti ad alto contenuto di colesterolo aumentano le probabilità di avere un quadro più marcato di Dislipidemia; questo però non è necessariamente detto, poiché grande importanza riveste lo stile di vita e quindi la possibilità di consumare e metabolizzare quanto assunto con la dieta, ma soprattutto il codice genetico (la maggiore o minore predisposizione a produrre e metabolizzare determinati elementi; questa predisposizione è responsabile delle dislipidemie riscontrate in pazienti frustrati dall’insuccesso delle diete e dell’aver eliminato determinati alimenti). E’ però intuibile che mantenere sotto controllo l’apporto dall’esterno di Colesterolo o di acidi grassi che contribuiscono alla sua produzione è una norma di importanza assoluta indipendentemente dal fatto che tale regime alimentare possa essere o meno all’origine del quadro dislipidemico.
Quando i valori che emergono dalle analisi forniscono un profilo al di sopra dei livelli definiti ottimali, è opportuno in primo luogo contestualizzare l’individuo all’interno della tabella dei fattori di rischio cardiovascolari: questo compito spetta specificamente al medico di base. Il primo e più semplice approccio prevede una revisione delle abitudini alimentari e dello stile di vita, con misurazione del risultato ottenuto sui livelli di colesterolo e sulla composizione relativa dei suoi elementi costitutivi: tale approccio, se positivo nei risultati, può essere risolutivo delle dislipidemie (solitamente lievi o moderate), soprattutto se i correttivi apportati (una dieta ipocalorica o una restrizione di una particolare categoria di alimenti) sono riproducibili e sostenibili a lungo termine.
Se questo approccio non si rivelasse idoneo o non fosse sufficiente, è necessario ricorrere a correttivi di altro genere: Steroli vegetali contenuti in alimenti, Acidi grassi polinsaturi, Integratori alimentari contenenti principi vegetali come la Monacolina K (Riso rosso fermentato) o altro, fino ad arrivare ai farmaci di sintesi (Statine, Colestiramina, Ezetimibe, sono alcuni esempi); la scelta dovrebbe essere di competenza del medico di base, o quanto meno con esso andrebbe condivisa. Qualunque sia la scelta, è necessario però ricordare che il rimedio introdotto verosimilmente dovrà essere mantenuto: come una diga, la si costruisce per ridurre l’impatto a valle di un corso d’acqua poco controllabile; una volta riscontrati risultati positivi non ha più alcun senso toglierla.