Falegname di mestiere, navigatore per passione: l’avventura rallistica di Umberto Parravicini

Umberto Parravicini di Almenno San Bartolomeo è navigatore nel cross country rally, nel 2017 eletto campione italiano.
5 Giugno 2025

Di padre in figlio, la passione per i motori e il brivido della velocità: da questi ingredienti nasce l’amore di Umberto Parravicini di Almenno San Bartolomeo per il cross country rally e il suo ruolo di navigatore. “Sono nato nel 1991 in Brianza, ma da tre anni abito ad Almenno San Bartolomeo. Ho un’attività di famiglia in provincia di Monza, mi sono fidanzato con una ragazza almennese e mi sono trasferito qua per amore”.

Umberto si porta sempre dentro la grande passione per i motori, fin da quando era bambino. “Mi piace guidare, ma la mia specialità è fare il navigatore. Ho la passione del fuoristrada grazie a mio padre Aberto: è stato lui a farmi conoscere il rally a 6 anni. Mi è sempre piaciuto l’agonismo e i raduni con lui iniziavano a starmi stretti. Quando ho preso la patente, ho iniziato a correre nel campionato italiano di cross country rally, organizzato dall’Aci: si può partecipare solo quando si ha, appunto, la patente. Il cross country rally è molto simile a quello su strada, solo che si corre sugli sterrati, come la Parigi-Dakar. Ci sono le prove speciali e i trasferimenti in cui si devono rispettare i tempi e se si arriva in ritardo si ha una penalità”.

La passione ha premiato Umberto otto anni fa. “Nel 2017 mi sono laureato campione italiano di categoria. Il nostro ruolo (navigatore ndr) è stimolante perché non affianchiamo sempre lo stesso pilota. Nel nostro mondo ci si conosce tutti, abbiamo pure un gruppo su WhatsApp”.  Come ha detto Umberto, è un mondo piccolo e perciò può diventare difficile trovare sostenitori. “Noi cerchiamo sempre sponsor, perché alla fine è un hobby: faccio molta fatica a trovarne in Lombardia, anche solo per pagarmi la tassa di iscrizione alla gara. Noi copriamo tutte le spese di tasca nostra, dall’albergo al gasolio. È prima di tutto una passione, io di lavoro faccio il falegname“.

Insomma, per le emozioni questo e altro. E Umberto non si vede nemmeno dietro al volante. “Fare il navigatore è bello, ho provato a correre due gare in pista. Mi sono divertito, ma a me piace di più stare accanto al guidatore. Non è facile nemmeno concludere una gara – spiega – l’insidia è sempre dietro l’angolo. Io dico sempre che partiamo per divertirci e arrivare in fondo, le gare terminano nel parco chiuso: la soddisfazione di azzeccare le indicazioni e non perdersi è grande. Occorre sempre stare concentrati e attenti, noi dobbiamo avere una marcia in più”.

Non è un compito di tutto riposo, anzi: “Ho corso in Romania, in Grecia, in Croazia e arrivi a sera distrutto, soprattutto a livello mentale. Ti sfianca perché devi costantemente stare sul pezzo. Poi si sta tra amici, c’è grande emozione anche all’inizio della prova. Quando il semaforo si sta per spegnere l’ansia è a mille, poi tutto scorre ma prima di partire l’agitazione sale”. Non potrebbe essere altrimenti, si parla pur sempre di sfrecciare su strade non asfaltate: impossibile eliminare il rischio.

“Io ho sempre avuto accanto piloti con la testa sulle spalle, nel 2017 sono diventato campione con un ragazzo poco più grande di me, gli altri piloti invece potrebbero essere mio padre. Il rischio in gara c’è, ma a parte una gara in Grecia nel 2014, dove le strade erano poco sicure, per il resto non ho paura. Anche grazie al mio carattere”. Per quanto possa essere adrenalinico, il ruolo del navigatore si va sempre più perdendo: “Penso che o ce l’hai dentro o non ce l’hai, spesso chi non è abituato sta male durante le gare: siamo sempre meno a fare i navigatori, non abbiamo avuto ricambio generazionale. I giovani ora pensano ad altro. Purtroppo, soprattutto nella nostra disciplina, non è una cosa per tutti e non tutti sono portati”.

umberto parravicini 2 - La Voce delle Valli

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