Giulia Ferrandi, la calciatrice-guerriera di S.Giovanni: ”Più garanzie per il calcio femminile”

La calciatrice di San Giovanni Bianco racconta la sua carriera sportiva
18 Agosto 2021

Può bastare un calcio al pallone per arrivare lontano, un tocco solo che ne mette in moto tanti altri. Per Giulia Ferrandi, classe ’92, calciatrice originaria di San Giovanni Bianco, l’innamoramento con il calcio è stato precoce ma duraturo.

“Bisogna andare indietro di 24 anni. Ne avevo cinque e facevo karate con mio padre e mia sorella, i miei compagni giocavano a calcio prima di entrare in palestra: io ho provato a giocare con loro e, quando ho fatto un gol, un maestro di karate mi ha presa sulle spalle per esultare. Da lì ho insistito tantissimo per giocare e ho fatto una prova allo Zogno 98 racconta Ferrandi, “poi sono andata a San Giovanni fino ai 14 anni, il limite massimo di età per giocare lì. Sono stata tre anni all’Atalanta e poi al Brescia, dove ho vinto una Coppa Italia. A vent’anni però mi sono rotta un crociato e volevo smettere”.

Giulia dà una svolta decisa alla propria carriera: “Ho giocato un anno e mezzo a 5, sono andata in Inghilterra prima al West Ham e in seguito al Watford, i tesseramenti funzionavano diversamente allora, sono stata in Regno Unito solo un anno, principalmente volevo imparare la lingua”.

Il ritorno in Italia porta grandi benefici. “Sono passata alla Fiorentina, ho giocato poco ma ho vinto un Campionato e una Coppa Italia. Avevo poco spazio, quindi mi sono spostata alla Florentia. Dal 2020 sono a Pomigliano (Provincia di Napoli ndr), con loro gioco in A e l’obiettivo è la salvezza: è complicato, ci sono 12 squadre e ne retrocedono 3”.

È proprio in provincia di Napoli che Ferrandi si appresta a cominciare una nuova stagione. “Abbiamo vinto contro la Juve in amichevole settimana scorsa, è un bel segnale, peccato non fosse già campionato! Io sono contenta, grazie a Manuela Tesse, l’allenatrice, sto crescendo moltissimo, a noi giocatrici serve avere fiducia e lei sa come gestirci, così possiamo dare il meglio sempre; lei crede in noi forse più di quanto lo facciamo noi stesse”.

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Nonostante la giovane età, Giulia ha già vissuto parecchie esperienze molto diverse. “Con gli anni ho cambiato la visione del calcio, la Serie A prima era molto più lenta, gli allenamenti erano praticamente un dopolavoro. Io andavo a scuola, lavoravo, ora è il mio mestiere, non ti puoi allenare se lavori, le squadre si stanno adattando al professionismo. Il calcio a 5 è stato fondamentale per me, mi ha fatto crescere a livello tecnico e tattico, di velocità, dovrebbe essere propedeutico al calcio a 11. Quando sono andata all’estero volevo imparare la lingua, lavoravo e giocavo, mi ha fatto capire la differenza che sei anni fa c’era con il calcio femminile qui in Italia. Alla finale di Supercoppa a Wembley lo stadio era pieno, il livello era molto alto”.

Un’asticella che si sta alzando anche dalle nostre parti. La Serie A femminile sarà professionistica dall’anno prossimo, noi speriamo di avere più garanzie. Fino ad adesso è come se non avessi lavorato, mancano quelle coperture tipiche di un lavoro. Non chiediamo di prendere gli stessi stipendi degli uomini, ma contratti veri e propri, non si può fare sport e lavorare insieme, quando l’ho fatto mi sono rotta il crociato per due volte.  Stress e stanchezza influiscono molto sugli infortuni”.

In ogni caso, Giulia è sempre tornata in campo: l’amore per il calcio va oltre le difficoltà. “Preferisco gli sport di squadra, il gruppo fa la differenza, soprattutto quest’anno. Le ragazze qui a Napoli mi hanno aiutato subito, abbiamo creato un bell’ambiente, iniziano anche a girare un po’ di calciatrici straniere e con loro si crea l’anima della squadra. Quando sei fuori dal campo ti manca vivere lo spogliatoio, lo stare insieme”. È questa alchimia a creare le squadre vincenti. “Se non si hanno 11 elementi veramente forti è difficile sopperire ad un ambiente disunito. L’anno che ho avuto il gruppo più bello siamo state promosse in Serie A, alla Fiorentina la squadra non era così unita, anche se abbiamo vinto di più. I trofei in Viola non li sento molto miei, la Coppa a Brescia invece sì. La scorsa stagione ero sempre titolare ed è stata la migliore in assoluto, ora spero di migliorare ancora di più, ma con questo staff succederà di sicuro”.

Ferrandi mostra grande gratitudine a Tesse e a tutto lo staff del Pomigliano: “La chiave è la sincerità che un’allenatrice ha nei confronti degli altri, non mette tutti allo stesso piano perché ognuno ha i suoi pallini, ma anche se sa che puoi fare dieci minuti ti tiene in considerazione, così tu dai il meglio di te. È molto sincera, non ha paura a dire “devi lavorare di più”, magari fa male al momento, ma poi ti applichi di più.” Un approccio che Giulia non ha trovato ovunque. “Tanti allenatori, per quieto vivere, stanno con la società, qui non è così. In campo facciamo sempre allenamenti diversi, non hai una routine, per la testa di un calciatore che deve lavorare tutto l’anno è perfetto, tiene alta la concentrazione e l’entusiasmo”.

 

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