Ricetta medica, sì o no? Dipende

Nuovo numero della rubrica dedicata alla salute a cura della Farmacia Visini di Almè. In questa nuova puntata il dott. Michele Visini spiegherà l'importanza della ricetta medica e perché serve con alcuni farmaci.
1 Dicembre 2020

Nuovo numero della rubrica dedicata alla salute a cura della Farmacia Visini di Almè. In questa nuova puntata il dott. Michele Visini spiegherà l'importanza della ricetta medica e perché serve con alcuni farmaci.

“Mi spiace, ma per poterle dare questo farmaco devo avere la prescrizione del medico”…”Ma perché, se tanto devo pagarlo?” Non credo possiate realmente immaginare quante volte ci capita di vivere situazioni come quella descritta! La questione delle prescrizioni mediche è un argomento molto spinoso, relativamente al quale le idee da parte dei clienti/pazienti non sono del tutto chiare.

L'obbligo di presentazione della prescrizione del medico (“la ricetta”) è strettamente legato al rischio di “abuso” di un determinato farmaco da parte di un paziente, sia nell'accezione di questo termine riferita all'uso eccessivo sia in quella riferita all'uso improprio, quindi non indicato per quel particolare paziente. Il problema del corretto utilizzo dei farmaci è difatti dibattuto da lungo tempo ed è una questione assai complessa.

Cosa sono i farmaci? Sono sostanze in grado di determinare, una volta somministrate e assorbite nel circolo sanguigno, delle modificazioni a livello di determinati distretti-bersaglio dell'organismo con cui vengono in contatto. È persino inutile sottolineare che si parte dal presupposto che tali modificazioni siano auspicate, ovvero che siano il risultato della volontà di correggere un meccanismo non più correttamente funzionante o eliminare un disagio creatosi (dolore, sofferenza, infiammazione….per fare alcuni esempi).

Fino a qui nulla di nuovo, credo siano tutte considerazioni abbastanza scontate, se ci si ferma a riflettere. Il problema nasce dal passo successivo, ovvero dalla considerazione che in natura tutto ciò che ha una AZIONE determina necessariamente una REAZIONE, che può certamente essere positiva e attesa (gli effetti terapeutici), ma può anche comportare disturbi ed effetti collaterali indesiderati. Nessuna sostanza di qualsivoglia genere, laddove sia in grado di esercitare un effetto sul nostro organismo, può essere definita del tutto innocua e priva di effetti avversi. Lo studio degli effetti di una “sostanza attiva” (quindi un farmaco) sull’organismo, dall’assunzione all’escrezione e attraverso tutti gli step che via via si susseguono nel cosiddetto “percorso farmacocinetico/farmacodinamico” è la base della farmacologia.

L'assunzione di un farmaco deve pertanto essere una scelta ben ponderata che bilancia i benefici attesi con i rischi connessi. Questa premessa mi serve per entrare nel dettaglio della difficile problematica relazionale con cui dobbiamo fare i conti tutti i giorni nell'esercizio della nostra professione: la ricetta medica! Infatti i vincoli alla dispensazione da parte nostra di un farmaco sono tanto più stretti quanto maggiore è il cosiddetto “profilo di rischio” di un determinato farmaco, ossia il novero di potenziali rischi correlati alla sua assunzione nel breve/medio e lungo periodo. La “ricetta medica” è quindi una tutela per il paziente perché garantisce che il medico abbia soppesato con attenzione rischi/benefici e abbia ritenuto opportuno far intraprendere un percorso terapeutico a quel determinato paziente.

Ecco perché molti farmaci non possono essere venduti senza presentazione di una prescrizione medica (in corso di validità) anche se sono da pagare da parte del cittadino; la “ricetta medica” peraltro non è, come ancora molti erroneamente pensano, solo uno strumento per poter ricevere un farmaco “senza pagarlo”, in base alla convenzione, esistente in Italia tra farmacie e SSN, che rende moltissimi farmaci “mutuabili”, dispensabili dal farmacista senza richiedere al cliente il pagamento del farmaco, di cui si fa carico il Servizio Sanitario Nazionale.

Un farmaco, al momento della registrazione ministeriale, e quindi al momento in cui riceve l'autorizzazione ad essere immesso in commercio, viene “classificato”, in base a determinati criteri legati al profilo di sicurezza cui accennavamo prima, come “farmaco di libera vendita” (i SOP-Senza Obbligo di Prescrizione- e gli OTC-Over The Counter/Farmaci da Banco) oppure come “farmaco con obbligo di prescrizione” (di classe A/mutuabile oppure di classe C/a pagamento).

Questa suddivisione deve realmente essere accolta come una tutela per il paziente e non come un inutile e fastidioso cavillo che rende complicato il potersi curare: quando ci rifiutiamo di consegnare un farmaco a qualcuno cui l'ha consigliato un amico/un parente/un conoscente/la televisione/un giornale/internet/i social ecc…. non lo facciamo per puntiglio o per essere noiosi….lo facciamo perché questo è il nostro lavoro e per evitare al paziente conseguenze poco piacevoli: ricevere un rifiuto non è ovviamente bello ma non possiamo esimerci da questo genere di approccio; in un'epoca come quella odierna in cui, solo in apparenza, crediamo di possedere (lo portiamo quasi tutti in tasca…..) uno strumento che in pochi istanti possa darci i suggerimenti e le risposte che cerchiamo (in ogni ambito e quindi anche in ambito di salute, tanto caro a tutti noi!), è assolutamente necessario mantenere i vincoli e consentire a noi farmacisti di avere garanzia che il paziente che richiede un determinato farmaco sia idoneo a poterlo assumere con la maggior sicurezza possibile, lasciando a noi il compito di completare le informazioni sulle modalità di assunzione più opportune.

Nella stessa maniera, anche in un anno come questo in cui avere accesso a visite, prestazioni o prescrizioni mediche può essere difficoltoso, si deve continuare a mantenere il rispetto della validità delle ricette mediche, soprattutto quelle ripetibili (quelle non-ripetibili non sono nemmeno in discussione!!!), quindi non appartenenti al novero delle prescrizioni in regime mutualistico, riferite a determinate categorie di farmaci (a titolo esemplificativo, gli ansiolitici e gli ipnotici) per le quali nel corso degli anni si sono introdotti dei limiti restrittivi per scongiurare il rischio di abuso. Siamo assolutamente consapevoli di quanto possa essere diventato complicato, in questo 2020 falcidiato dall'ombra lunga del COVID, accedere agli ambulatori medici ed ottenere le ricette con regolarità mensile; allo stesso tempo siamo altrettanto consapevoli che non possiamo in alcun modo derogare dall'obbligo deontologico di richiedere la presentazione di prescrizioni valide, senza le quali si perde inevitabilmente la garanzia del rispetto della salute, della verifica di aderenza terapeutica e della salvaguardia del rischio di uso eccessivo o inopportuno.

Ritengo infine doveroso fare questo breve excursus: certamente non facilita la comprensione e l'orientamento dei clienti la presenza in commercio di alcuni farmaci, uguali per composizione e dosaggio, classificati come OTC o con obbligo di prescrizione solo a seconda del numero di unità posologiche nella confezione; consapevole di fare un'affermazione “scomoda” che andrà intesa con le dovute cautele, personalmente credo ci siano alcuni casi in cui la distinzione è davvero troppo sottile e non ritengo personalmente davvero fondato il mantenimento di questa distinzione; uno stesso farmaco può essere differentemente classificato se l'assunzione prolungata può aumentare drasticamente il rischio di effetti avversi, ma credo che la distinzione nei confezionamenti dovrebbe essere sempre molto netta, così da dare effettiva garanzia di tutela e mantenere un senso al diverso regime di dispensazione…..sempre e comunque a tutela del paziente!

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