Paesi ieri & oggi – Fuipiano Valle Imagna, soprannominato il ”tetto della Valle Imagna”

Fuipiano Valle Imagna ha tutte le caratteristiche che un piccolo borgo di montagna deve avere: tranquillità, cultura e natura.
14 Marzo 2020

Fuipiano Valle Imagna ha tutte le caratteristiche che un piccolo borgo di montagna deve avere: tranquillità, cultura e natura. Posto sulla pendice nord occidentale della Valle a 1.055 metri di altitudine, nel tempo è stato soprannominato il “tetto della Valle Imagna”, grazie alla sua posizione particolarmente dominante rispetto al territorio della Valle che si apre ai suoi piedi.

L'origine del suo nome non è ben chiara: l'ipotesi più confermata sembra affondare le proprie radici nel dialetto bergamasco e più precisamente dal termine “foipià”, ovvero un pianoro con molti faggi – chiaro riferimento ai faggeti presenti in zona. Altre supposizioni vedrebbero un'origine dal latino Foveanus, da Fovea ovvero “buca, pozza”, oppure dall'aggettivo Fabianus o Fuvianus.

La sua storia non è di facile ricostruzione. Da sempre paese isolato fra i monti, non esistono particolare riscontri storiografici delle sue origini. Tuttavia pare che i primi nuclei abitativi risalgano al periodo medioevale quando avvenne un incremento di residenti dovuto alle lotte fra guelfi e ghibellini, che in quel periodo imperversavano in Valle Imagna e non solo.

Gli esponenti di una o l'altra fazione, infatti, erano costretti ad abbandonare i propri luoghi per rifugiarsi sulle alture, per proteggersi e salvarsi da terribili persecuzioni a cui sarebbero altrimenti stati soggetti. A Fuipiano la famiglia più importante era, al tempo, quella dei Locatelli: essi gestivano infatti tutte le attività non soltanto del territorio, ma anche di quelli limitrofi. Uno di questi, ovvero Locatello, porta ancora il nome del casato.

La Repubblica di Venezia – Gli abitanti tentarono, tuttavia, di rimanere estranei da ogni disputa di potere. Una scelta che garantì loro secoli di tranquillità, anche dopo l'avvento della Repubblica di Venezia che occupò una sola parte del territorio comunale. Parliamo della contrada di Arnosto, dove venne istituita la – ora famosa – dogana veneta: una sorta di avamposto al confine del territorio governato invece dal Ducato di Milano.

Non ci furono particolari fatti di rilievo che toccarono il borgo. Forti del proprio isolamento, i residenti seguirono le vicende del resto della provincia e dell'Italia intera senza dare un contributo diretto. Fino al '900, il principale sostentamento era dato da attività ben definite, ovvero quella del pastore, dell'allevatore, del boscaiolo e del carbonaio. Anche il nucleo abitativo era costruito in funzione di ciò: grandi case in pietra in tanti piccoli gruppetti, adibite a residenza in particolare di contadini e pastori.

Con l'avvicinarsi del mondo moderno, la mancanza di occupazione iniziò però a farsi sentire. La conseguenza fu un'emigrazione degli abitanti verso nuove mete, nuove città e perfino nazioni che potevano in qualche modo contribuire al maggior sostentamento della famiglia o di loro stessi. A partire dal dopoguerra, precisamente dal 1960, la riscoperta di questi territori e la loro riqualifica e valorizzazione sono riusciti a frenare il fenomeno, concedendo una nuova vita a questo paese e strappandolo da un destino che sembrava ormai segnato dall'abbandono.

Nel 1976, una tragedia senza precedenti scosse la tranquillità degli abitanti di Fuipiano. Una gigantesca massa di detriti, un milione di metri cubi, scivolò a valle per un fronte di 500 metri trascinando con sé tutto ciò che incontrò sul suo cammino: strade, boschi e abitazioni – quindici per l'esattezza – cancellando completamente l'intero borgo di Pagafone. Ancora oggi è possibile vedere i resti di quegli edifici, che racchiudevano una storia secolare valdimagnina, ai piedi della frana.

La contrada di Arnosto – Murature in pietra, portali ad arco e tracce di affreschi, incorniciati da un profilo di tetti a piode – la tipica pietra locale: una descrizione suggestiva ed un paesaggio da cartolina, quelle che la contrada di Arnosto donano ai visitatori che scelgono di passare una giornata fra le sue storiche vie. Qui tutto sembra rimasto sospeso al 1700, quando la Serenissima vi pose la propria dogana veneta. Quello che ci resta è un caratteristico nucleo di edifici in pietra scolpiti nel tempo, impresso a fuoco nella sovrapposizione delle piode dei tetti, nella fattura dei portali e dei suoi affreschi.

Un'altra meta di particolare interesse storico è la cappella dedicata ai santi Filippo Neri e Francesco da Paola. Si tratta di un edificio piccolo, dalla capienza massima di venti persone, ma custodisce al suo interno un dipinto di Francesco Quarenghi, nonno del celebre architetto valdimagnino Giacomo Quarenghi. Anche il Museo Etnografico è una piccola perla da visitare per scoprire un piccolo spaccato della vita contadina dell'epoca, grazie alla alla ricostruzione di ambienti casalinghi e la raccolta di oggetti e strumenti di lavoro del passato.

366 Arnosto - La Voce delle Valli
(La contrada di Arnosto | foto di vallimagna.com)

(Fonte immagini in evidenza: prolocofuipiano.com | lombardiabeniculturali.it)

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