Realtà agricole ”sentinelle” del cambiamento climatico: il ruolo della Val Brembana in Climactive2050

Si chiama Climactive2050 ed è un progetto tanto interessante quanto lungimirante che ha unito per la prima volta le aree rurali lombarde in un piano di resilienza al climate change. Fra i promotori dell'iniziativa ci sono anche GAL Valle Brembana 2020.
2 Marzo 2021

Si chiama Climactive2050 ed è un progetto tanto interessante quanto lungimirante che ha unito per la prima volta le aree rurali lombarde in un piano di resilienza al climate change. Fra i promotori dell'iniziativa ci sono anche GAL Valle Brembana 2020 (che comprende anche la Valle Imagna), GAL Oglio Po, GAL Valtellina Valle dei Sapori, e GAL Colli di Bergamo e Canto Alto.

Le aree rurali, come spiegato da Domenico Maschi (Presidente del GAL Oglio Po nonché capofila del progetto) nel corso della presentazione avvenuta ieri in modalità smart, hanno un fortissimo legame con gli ecosistemi nei quali si sviluppano e possono diventare le sentinelle di un monitoraggio sul territorio e i primi attori di un rinnovamento profondo. Per questo motivo fra i partner c'è anche il GAL Valle Brembana 2020: questa cooperazione permette infatti di creare modelli, pratiche e soluzioni specifiche replicabili su scala regionale.

Siamo molto orgogliosi di far parte di questo progetto – ha spiegato Lucia Morali, presidente del GAL Valle Brembana – Il nostro è un territorio con un'impronta ecologica più “positiva” rispetto ad altri, per questo motivo bisogna fare un quadro della situazione per verificare come questa impronta positiva possa ricadere sui territori. Un quadro sarebbe importante anche per le nostre aziende agricole, spesso in difficoltà nella gestione dell'ecosistema di cui fanno parte. Saper sviluppare e lavorare al meglio su certe tematiche ci permetteranno, in futuro, di poter dare risposte a domande a cui ora facciamo più fatica a rispondere”.

- La Voce delle Valli

Il ruolo della Valle Brembana nel progetto Climactive2050 è ben definito e si focalizza, soprattutto, sulla definizione del ruolo dei sistemi agro-zootecnici e forestali di un'area montana – rappresentata da tutti i suoi 55 Comuni – mettendoli a sistema nel suo complesso quali elementi di resilienza rispetto al tema dei cambiamenti climatici. 

“Nel nostro territorio, la resilienza è fortemente connessa alla salvaguardia dell’attività agricola quale sentinella e primo manutentore del territorio sia per le superfici prative che boschive, compreso il sistema degli alpeggi sul quale noi vorremmo porre particolare attenzione e fare un focus – ha spiegato Patrizio Musitelli, direttore del GAL – Permette, inoltre, di favorire ed incoraggiare le relazioni tra i diversi portatori di interesse, senza ragionare per singoli settori. Abbiamo in mente un'adesione a questo progetto che veda quindi il settore agricolo in sinergia con quello artigianale, industriale ma anche antropologico, inteso appunto come distretto rappresentato dai Comuni”.

Ma quali sono le prospettive di sviluppo per il territorio? I punti fondamentali sono tre. Il primo riguarda l’analisi dei servizi ecosistemici e la proposta di meccanismi di compensazione dell’impronta ecologica delle aziende del fondovalle connesse al sistema agricolo-forestale possono dare nuova funzione e valore alle superfici. “Tradotto: vorremmo arrivare ad un sistema che definisca ad esempio il prato ed il pascolo non più soltanto come un elemento di produzione foraggera, ma come elemento di compensazione ecosistemica – ha spiegato Musitelli – Credo che questo sia uno degli obiettivi principali, almeno per quanto concerne la nostra area”.

Il secondo punto è legato all'analisi di una filiera legata all’approvvigionamento foraggi e il ruolo del comparto agrozootecnico per il mantenimento e il miglioramento della fertilità del suolo attraverso una gestione più razionale della sostanza organica – “uno dei problemi che abbiamo anche in un territorio come il nostro”, ha sottolineato il direttore – può incoraggiare nuove forme collaborative attraverso un sistema di gestione consortile.

Ultimo, ma non per importanza, la conferma del grande valore ambientale del territorio (diventato vero e proprio bene rifugio) che deve aprirsi agli aspetti culturali antropologici per offrire una risposta ai nuovi bisogni come evidenziato anche dall’emergenza pandemica. “Effettivamente – ha concluso il direttore Musitelli – abbiamo visto che in questo ultimo anno territori rurali, se vogliamo anche marginali sotto alcuni aspetti ma con un'altissima valenza dal punto di vista ambientale ed ecosistemico, sono sempre più richiesti e quindi costituiscono forse un nuovo approccio alla fruizione dei nostri territori. Una parte che noi vorremmo sviluppare, rispetto a questo aziende, riguarda però soprattutto il focus sulle aziende e la loro impronta ecologica, perché è nostro interesse studiarne l'aspetto emissivo e l'impronta aziendale all'interno del distretto in cui si trova”.

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