La ‘cintura del coronavirus’, dove il contagio si sviluppa di più: potrebbe mutare con l’estate

Ad affermarlo gli studiosi di tutto il mondo, che hanno scoperto una correlazione fra diffusione del coronavirus e le caratteristiche climatiche dei Paesi colpiti dall'emergenza.
16 Marzo 2020

Cintura del coronavirus”: così è chiamata quella fascia colorata di verde dove il contagio da Covid-19 si sta sviluppando. Una correlazione curiosa che ha attirato l'attenzione degli studiosi di tutto il mondo, che hanno riscontrato un legame fra le diffusione e le caratteristiche climatiche dei Paesi colpiti dall'emergenza. Latitudine, temperatura ed umidità definiscono, infatti, una stretta fascia compresa fra i 30 ed i 50 gradi di latitudine; qui – dove la malattia è esplosa con più aggressività – le temperature stazionano fra i 5 e gli 11 gradi e l'umidità varia fra il 47 ed il 79 %.

La Lombardia, non a caso, rientra in questi parametri: una media di 9 gradi e umidità fra il 68 ed il 75 %. Una virulenza, quella del coronavirus, che non si è però riscontrata nei luoghi dove i gradi scendono sotto lo zero, il che evidenzia una sua probabile sopravvivenza al freddo. Sud Corea, Francia, Germania, Iran e area nord pacifica degli Stati Uniti sono al momento le zone più colpite e tutte hanno registrato una caratteristica comune, ovvero l'esplosione dei contagi che coincide con temperature stabili per un periodo superiore ad un mese.

Tra gennaio e febbraio, infatti, a Wuhan la temperatura media era di 6.6, a Seoul di 7.9, a Teheran fra 7 e 15 e a Milano fra 6 e 9 gradi. Queste le condizioni che, secondo gli esperti, facilitano la trasmissione. Molti ricercatori stanno, dunque, ipotizzando come si comporterà il virus nel periodo estivo: se è vero che sopporta meglio il freddo grazie al suo rivestimento di grassi, questo stesso si degrada se esposto al caldo.

In estate, inoltre, il nostro sistema immunitario è più forte per merito della melatonina, che viene modulata dal fotoperiodo, e della vitamina D, assimilata ed attivata per mezzo dell'esposizione ai raggi ultravioletti. Ma forse il caldo non basta. Zone con temperature superiori, che appartengono all'altro emisfero, sono risultate comunque soggette ad alcuni casi di contagio. Diverse Università di ricerca, hanno inoltre analizzato il tempo di permanenza del coronavirus sulle superfici: è stato dimostrato infatti che resiste più a lungo in situazioni fresche e umide, dove può rimanere in vita per 28 giorni, piuttosto che in quelle calde dove sparisce in bere tempo.

Secondo i modelli di previsione, l'espansione della pandemia dovrebbe dunque “migrare” verso il nord con l'avvicinarsi dell'estate. Per gli Stati Uniti significa verso la British Columbia, mentre per l'Europa significa Inghilterra, Scozia ed Irlanda, così come per il nord della Cina. L'aumento della temperatura, se unito ad un abbassamento di densità della popolazione, potrebbe essere un efficace killer. Ma si tratta solo di ipotesi degli studiosi: se il virus non muta nuovamente, come già accaduto una volta, potrebbe sì sparire in estate, ma tornare in autunno.

(Fonte: it.businessinsider.com)

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