Una valdimagnina fra i 10 studenti di fotografia migliori al mondo: Irene Facoetti in finale ai Sony World Photography Awards

Soltanto 10 gli studenti scelti al Sony World Photography Awards, categoria studenti. Nella stretta cerchia dei finalisti c'è anche Irene Facoetti, 25enne di Corna Imagna, che ha portato una serie di scatti sul C.R.A.S. WWF di Valpredina.
28 Gennaio 2021

Soltanto dieci gli studenti scelti, in tutto il mondo: nei loro scatti si racconta la quotidianità di chi, la Terra, ce l'ha a cuore e nel proprio piccolo lavora sodo per “costruire un futuro migliore”. Nella stretta cerchia dei finalisti del Sony World Photography Awards, categoria studenti, fa capolino anche un nome italiano, anzi valdimagnino. È quello di Irene Facoetti, 25 anni e giovane fotografa in erba di Corna Imagna, premiata dal colosso fotografico per la sua serie di scatti intitolata “Bàt-ti-to” interamente concentrata sul C.R.A.S. WWF di Valpredina (BG), là dove gli animali feriti trovano sempre un'opportunità di tornare a vivere in salute.

L'idea di partecipare mi è venuta mentre mi trovavo a casa, in didattica a distanza – racconta Irene, che frequenta il CFP Bauer di Milano ed è ora al secondo anno del Biennio di Fotografia e Linguaggi della Comunicazione Visiva – Sentivo il bisogno di impiegare il tempo morto e così ho deciso di provare”. Il premio è ghiotto, attrezzatura fotografica marchiata Sony per tutti i finalisti e 30 mila euro di attrezzatura per la scuola dello “Student Photographer of the Year”, ovvero colui – o colei – che la spunterà nell'ultimo round, la cui scadenza è fissata per il 15 aprile. Ma anche il riconoscimento di essere stato fra i migliori studenti al mondo selezionati all'interno di un importante concorso decennale e la visibilità che ne deriva, oltre ad un'importante aggiunta nel proprio portfolio personale.

Il lavoro della giovane studentessa valdimagnina ruota attorno al tema fornito da Sony, “Building a better future”. In italiano: concentrarsi su quelle persone che, con la propria attività, contribuiscono a “costruire un futuro migliore” per le generazioni che verranno. Così la sua ricerca l'ha portata al C.R.A.S. WWF di Valpredina, un centro di recupero animali selvatici in cui Matteo Mauri si occupa da tempo di animali feriti, in particolare volatiti, accompagnandoli attraverso un percorso di operazione e riabilitazione con lo scopo di reintrodurli nel proprio ambiente naturale.

Non ne avevo mai sentito parlare, ma mi incuriosiva e così, in accordo con i coordinatori, sono andata a fare visita al centro – spiega Irene – Non avevo ancora un progetto ben definito, sapevo soltanto che volevo fosse lì. Ho fatto un paio di reportage, ma alla fine mi sono concentrata su un'idea in particolare, risultata poi essere quella vincente”. “Bàt-ti-to” è la straordinaria serie di 10 scatti presentata dalla giovane 25enne al concorso, in cui si alternano fotografie di uccelli trattati da amorevoli mani esperte e radiografie di quelli feriti giunti al centro, complete di descrizione dell'urgenza veterinaria da trattare.

Ho scelto questo tema perché, innanzitutto, Matteo è un essere umano che pratica con una concezione di parità assoluta fra uomo e animale – spiega la studentessa – e al tempo stesso, salvando la fauna, assicura innanzitutto un futuro per loro e in secondo luogo per noi, dal momento che gli uccelli giocano un ruolo fondamentale nell'ecosistema del mondo. Grazie all'instancabile lavoro portato avanti dal C.R.A.S., ben il 60% degli animali recuperati sopravvive: è un dato straordinario. Purtroppo gli uccellini sono animali che difficilmente esprimono la loro sofferenza. Con il mio lavoro ho voluto anche mettere in luce questo loro invisibile dolore e riallacciarmi così alla quella che è la sensibilità ambientale, un tema che io e tanti miei coetanei abbiamo imparato ad abbracciare negli ultimi tempi”.

“Our Time”, letteralmente “Il Nostro Tempo”, è il tema a cui Irene e gli altri 9 finalisti provenienti da ogni parte del mondo – dalla centralissima New York fino alla piccola realtà di Dundee, nel cuore del Sudafrica – dovranno lavorare fino al 15 aprile per conquistarsi l'ambito titolo di “Student Photographer of the Year”, ovvero quello studente che è stato in grado di eccellere grazie alla propria abilità.

Intanto la 25enne di Corna Imagna prosegue negli studi, anche se quella per la fotografia è una passione che l'ha sempre accompagnata fin da adolescente. “L'ho portata avanti per anni come hobby, come necessità personale – racconta Irene – Mentre crescevo, la fotografia mi è sempre servita come strumento per conoscere e conoscermi. All'inizio scattavo fotografie a soggetti comuni, come i fiori attorno a casa, poi ho iniziato a ritrarre i paesaggi della Valle Imagna e dei luoghi in cui viaggiavo”. Una volta concluse le scuole superiori, con un diploma di ragioneria in mano ha scelto di proseguire nell'ambito lavorativo di tipo impiegatizio. Ma dentro di sé il barlume della fotografia non si è mai spento ed il richiamo ha iniziato a farsi sempre più forte.

Così ho mollato tutto e mi sono buttata nella fotografia. Mi sono iscritta al CFP Bauer di Milano, ma il primo colloquio non è andato bene. Me ne sono andata con la promessa di ritornare l'anno successivo, e così ho fatto: ora frequento il secondo anno del corso a Biennio di Fotografia e Linguaggi della Comunicazione Visiva”. Alla domanda sui suoi soggetti preferiti, Irene ha la risposta pronta. “Negli ultimi anni sto acquisendo particolare sensibilità sui temi di tipo ambientale e sociale – spiega la giovane –. Grazie alla scuola, però, ho imparato a concepire la fotografia a livello concettuale, ovvero che ogni scatto abbia un'idea di fondo studiata, costruita e poi realizzata”.

Una filosofia che ha saputo applicare con professionalità anche negli scatti dedicati al concorso mondiale. “Secondo me unire una buona fotografia ad un concetto può essere una combinazione vincente – conclude – perché lo spettatore vede qualcosa che lo attira a livello visivo, ma una volta che vi si sofferma scopre che c'è un perché, un insegnamento, una storia di fondo. Le radiografie raccolte dall'archivio del C.R.A.S., unite ad una parte testuale, hanno centrato il mio intento. Ho volutamente inserito una varietà di soggetti, dai casi sopravvissuti a quelli che purtroppo non ce l'hanno fatta. Così da rendere il progetto comprensibile per tutti e non soltanto per le persone del mestiere”.

Per osservare il lavoro di Irene è sufficiente collegarsi a questo indirizzo.
La giovane ha anche un profilo Instagram in cui posta i propri lavori: @ifacoetti.

(Foto in evidenza di Cristel Girotto)

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