Cosa vuol dire possedere, oggi, un allevamento bovino? Un mestiere che va scomparendo, quello dell’allevatore: fortunatamente, nelle nostre valli c’è chi ancora si dedica a queste antica professione. Tra di loro c’è Giada Capelli, a lei il compito di portarci nel mondo di mucche, fieno e latte.
“Io abito a Capizzone, dove si trova l’allevamento: per ora si chiama Azienda Agricola Capelli ed è del mio papà, ma tra qualche mese diventerà mia”. Una bella sfida, se consideriamo che Giada ha solo 19 anni.
“Nell’azienda siamo io e mio papà, quindi è tutto a conduzione familiare e a tempo pieno. L’azienda è sempre stata di famiglia, fin da quando c’era la tradizione di avere le vacche in casa: mio nonno Mario l’ha fondata, noi l’abbiamo portata avanti. In totale possediamo circa 80 capi, principalmente di razza Bruna e Red Holstein, sono animali da latte”. La vocazione dell’azienda è, dunque, chiara: “Produciamo latte per la vendita, per ora non lo trattiamo in nessun modo, lo vendiamo alla Cooperativa FTB di Branzi”. Non solo mucche, però, spiega Giada: “Abbiamo anche due asine e proprio domenica scorsa ho comprato una cavallina, oltre a galline e conigli di cui si occupa il nonno”.
All’attività di allevamento si accompagna anche quella delle esibizioni: “Partecipiamo alle fiere zootecniche, di solito alla Roncola, in agosto, e poi capita che ci qualifichiamo per le finali a Serina, una Fiera a livello provinciale”. Per poter partecipare agli eventi, spiega Giada, “Bisogna trattare bene gli animali e selezionarli, alla fiera noi vogliamo vincere e confrontarci con gli altri, per questo occorre avere capi di alto livello. Perché questo accada, occorre alimentarli in un certo modo, selezionarli geneticamente eccetera”.
Va da sé che tutto questo lavoro porti grande sacrificio. “È davvero molto impegnativo, non penso che sarebbero in tanti a farlo, non ci sono orari o feste" "Gli animali mangiano da Capodanno al 31 dicembre, inclusi sabati e domeniche”, interviene al telefono il papà, mettendo in chiaro che l’attività non si ferma mai.
“Fino a un secolo fa l’allevamento era molto più diffuso - chiarisce Giada - ora è stato quasi abbandonato anche per il grande impegno che richiede. Non tutti i miei coetanei lo capiscono, non è da tutti fare questi sacrifici”. Neanche la pandemia ha fermato il lavoro all’Azienda. “Negli ultimi mesi siamo sempre andati avanti, abbiamo a che fare con esseri viventi, da curare costantemente. Noi avevamo paura di ammalarci perché eravamo sempre in Azienda, quindi uscivamo di casa: per il resto il lavoro è andato liscio”.
Come detto, una professione che esige tanto, ma a cui non mancano i lati positivi. “Un pro è sicuramente stare all’aria aperta e a contatto con gli animali, il contro è la costanza degli impegni, non navighiamo nell’oro in relazione alla fatica che serve per andare avanti l’allevamento 24 ore al giorno: spesso questo non viene valorizzato. Il fatto di essere solo in due fa sì che occorra anche tanta programmazione”.
Programmare vuol dire anche guardare avanti. “Tra qualche mese amplieremo la stalla, poi vorremmo creare un mini-caseificio per produrre formaggi e dotarci di macchine per la mungitura robotizzata. Ci vuole un po’ di innovazione, bisogna avere una mentalità aperta: anche il nonno è dalla mia parte. Poi bisogna fare investimenti non banali - racconta - ma se questo è il futuro di tutte le aziende si farà: saremmo i primi con la mungitura automatica in Valle Imagna”.
È chiaro che occorra tanta passione per un lavoro così duro, ma a Giada questo aspetto non manca di certo. “Io personalmente sono sempre stata appassionata degli animali, sono stata vicina alle mucche sin da bambina, non mi si poteva tenere in casa perché volevo andare a vederle. Poi naturalmente la cosa è andata avanti… occorre anche tanta responsabilità. Abbiamo a che fare con animali che devono stare bene: durante la mungitura, ad esempio bisogna fare attenzione alla bestia. Noi poi le seguiamo per tutta la loro vita, dal vitello alla vacca che deve partorire, si tengono sempre gli occhi aperti”.