Febbre e dolore, due “nemici” da affrontare e gestire. Come farlo al meglio?

In questa nuova puntata il dott. Michele Visini della Farmacia Visini di Almè spiegherà come gestire al meglio febbre e dolore grazie a farmaci come Paracetamolo e Ibuprofene.
15 Febbraio 2023

Nuovo numero della rubrica dedicata alla salute a cura della Farmacia Visini di Almè. In questa nuova puntata il dott. Michele Visini della Farmacia Visini di Almè spiegherà come gestire al meglio febbre e dolore grazie a farmaci come Paracetamolo e Ibuprofene.

Qualche settimana fa, sui nostri canali social, abbiamo postato un video e alcune slide che trattavano velocemente differenze, similitudini, usi e proprietà di due farmaci di largo uso: il Paracetamolo e l’Ibuprofene. Ci siamo resi conto che questo argomento ha suscitato molto interesse, per cui in questo articolo proveremo ad approfondire la questione allargando il punto di vista all’ambito terapeutico e farmacologico in cui questi due farmaci si collocano, ovvero il trattamento del dolore, degli stati infiammatori e della febbre.

Non spaventatevi….non voglio fare nessunissima lezione di farmacologia clinica!! Ci mancherebbe! Credo fermamente nel ruolo e nella responsabilità educativa che tutti i sanitari devono, o meglio dovrebbero, assumersi nella società in cui viviamo (beh, non solo i sanitari a dire il vero…), e soprattutto credo fermamente nella necessità di rendere gli argomenti più chiari e più fruibili possibili per tutti coloro che hanno la voglia e avranno la pazienza di leggere!

E’ chiaro a tutti che l’argomento che trattiamo in questa sede riveste una particolare importanza nell’ambito delle professioni sanitarie perché parliamo di qualcosa che non ha stagionalità, non si lega a nessun momento particolare, a nessuna fase della crescita o della vita di un individuo, non è qualcosa che possiamo impedirci di provare e riprovare e riprovare ancora: la febbre, gli stati infiammatori e il dolore sono esperienze e sintomi potenzialmente sempre dietro l’angolo. Talmente comuni che non credo di aver mai passato un giorno, a prescindere dal periodo o dalla stagione o dalle condizioni epidemiologiche sociali, della mia carriera in farmacia senza aver ricevuto richieste di rimedi o dispensato farmaci prescritti per questi problemi. Prima di addentrarci nella trattazione dei due farmaci, proverei a fare un passo indietro: febbre e dolore…sono davvero due nemici? La risposta più corretta è, come spessissimo accade, DIPENDE. Vediamo perché.

Quando parliamo di FEBBRE intendiamo un rialzo della temperatura corporea, che è una normale e fisiologica (e non sempre negativa) reazione da parte dell’organismo in risposta ad un agente esterno scatenante, sia esso fisico (per esempio, la disidratazione e il surriscaldamento da eccessiva esposizione al sole e al calore) o microbiologico (virus o batteri). Se nel caso di febbri susseguenti ad infezioni, sappiamo di trovarci di fronte a una conseguenze della attivazione del nostro sistema immunitario, nel caso di disidratazione o eccessivo calore, non si tratta di una risposta “attiva” ma di una naturale conseguenza ad una esposizione eccessivamente prolungata a temperature elevate; la verifica della febbre servirà a monitorare lo stato di salute e l’efficacia del pronto intervento con adeguata reidratazione e raffrescamento per riportare la temperatura entro limiti fisiologici, evitando il protrarsi di uno stato fisico non adeguato e potenzialmente, nel lungo periodo e a valori eccessivamente alti, molto pericoloso.

Nel caso invece di esposizione ad agenti patogeni, il corpo umano risponde innalzando la propria temperatura con lo scopo di creare una sorta di difesa: la febbre, è noto ma credo sia utile ricordarlo, è dunque una risposta utile e positiva….entro certo limiti, ovviamente, e non per periodi prolungati. Va sempre abbassata con antipiretici? No….Sì….Dipende. E’ talmente ovvio da risultare sciocco doverlo scrivere, ma nessuno sta bene quando ha la febbre, a prescindere dalla soglia più o meno alta di sopportazione. E allora perché non intervenire prontamente? Perché non ricorrere subito al farmaco più efficace (e Paracetamolo e Ibuprofene, sia pur non da soli, sono certamente molto ben piazzati nella hit parade dei rimedi migliori!!)? Perché non assumere subito e ripetutamente tale farmaco tenendo la temperatura sotto la soglia di allarme (i famigerati 37,5 gradi che abbiamo visto stampati ovunque sui cartelli che nel periodo della emergenza Covid erano appesi ovunque)?

E’ così sbagliato farlo? No…o forse Si….ah beh, allora dipende!! La febbre deve essere intesa come una sorta di avvertimento da parte del nostro organismo: “attenzione, non tutto va per il verso giusto!!”. A prescindere dalla moltitudine delle possibili cause scatenanti, resta il fatto che un individuo con la febbre è certamente un individuo la cui condizione di salute non è, in quel momento, normale e ottimale, per cui la cosa sicuramente migliore da fare è sempre fermarsi e mettersi a riposo, primo e insostituibile step. Se il malessere generatosi non è eccessivo, non ritengo necessario intervenire farmacologicamente. Se il disagio si fa più intenso e la febbre sale eccessivamente, ha viceversa assolutamente senso intervenire, non con l’obiettivo di riabbassare totalmente la temperatura, ma di riportarla ( e mantenerla) entro una soglia che non generi disagio. Se (caso limite….o tale dovrebbe essere!) ci troviamo di fronte a una giornata densa di impegni improrogabili, è chiaro che l’obiettivo sarà quello di far sparire la febbre, assumendo e riassumendo i farmaci per tutta la giornata! Beh, non posso esimermi dal sottolineare come questa scelta non sia decisamente la migliore possibile…anzi!

Se invece parliamo di DOLORE e di INFIAMMAZIONE, entriamo in un ambito ancora più complesso, perché, come ha definito in modo mirabile l’istituto internazionale che studia tutto ciò che riguarda questo ambito, il dolore è “Una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata ad un danno tissutale attuale o potenziale, vissuta differentemente da ogni individuo”.

In queste poche parole sono racchiusi alcuni concetti fondamentali:

  • Il dolore investe sia la sfera fisica che la sfera psichica….e le emozioni non sono certo belle!
  • A monte della sensazione di dolore e della sofferenza, più o meno invalidante, che ne consegue c’è o c’è stato un danno tissutale (acuto, cronico, accidentale, degenerativo), di cui si conserva il ricordo
  • L’approccio umano al dolore è totalmente soggettivo, sia per la capacità di combattere il dolore (resistenza fisica), sia per la capacità di sopportarlo (resistenza psichica)
  • L’esperienza-dolore, molto differente a seconda che si tratti di dolore acuto o cronico, comporta differenti approcci terapeutici….da qui il “Dipende”….

Il dolore non è necessariamente un nemico perchè ha la precisa finalità di allertare l’organismo di un pericolo reale o potenziale, consentendo all’organismo stesso di tentare di preservare la propria integrità: l’assenza di uno stimolo doloroso, o la mancata percezione dello stesso, in caso di danno tissutale impedisce all’individuo di allontanare la parte lesa dalla fonte del danno, aumentando l’esposizione e conseguentemente i potenziali danni fisici; in altre parole impedisce all’individuo di difendersi.
Il concetto di terapia del dolore (TDL è l’acronimo che si riferisce a questo ambito farmacologico/clinico) nella pratica medica fa principalmente riferimento alla gestione di un tipo di sofferenza piuttosto marcata, conseguente a stati patologici gravi e/o degenerativi, ma in realtà il discorso che seguirà sul controllo della sensazione dolorosa è applicabile, nelle debite proporzioni, a qualsiasi esperienza algica, dalla più lieve e comune alla più complessa.

Lo scopo della terapia del dolore, a qualsiasi livello essa si applichi, è quello di eliminare o ridurre questa sensazione spiacevole, consentendo all’individuo una vita quanto più normale possibile, mentre si procede, fisiologicamente o farmacologicamente, al tentativo di riparare i danni tissutali; tale scopo rimane inalterato anche quando questa riparazione non è più possibile per l’eccessiva estensione del danno o per la natura degenerativa della malattia. Dato il coinvolgimento del tutto soggettivo della sfera emotiva, credo che nel decidere e predisporre una terapia antinfiammatoria e antidolorifica si debba tenere in considerazione anche questo aspetto, per nulla secondario.

Non mi voglio addentrare nei meandri dei meccanismi fisiologici che ci consentono di provare, a livello di corteccia cerebrale, la sensazione definita e riconosciuta come “dolore”: il nostro organismo è costituito da infiniti sistemi di trasmissione e di modulazione, estremamente complessi e capillarmente diffusi da ogni organo e parte del nostro corpo fino al cervello, centralina di ricezione di “messaggi”, regolazione, rielaborazione e invio di risposte! Davvero un complessissimo apparato di comunicazione bidirezionale! La prima e principale strategia con cui combattiamo il dolore è la liberazione di sostanze antalgiche fisiologiche (tra le più famose e note, le cosiddette Endorfine), destinate a ridurre la percezione di questa spiacevole sensazione e attenuare in tal modo il disagio vissuto dall’individuo. Quando i mezzi a disposizione di un organismo non sono sufficienti, è opportuno ricorrere ad un aiuto farmacologico.

I farmaci antidolorifici e antinfiammatori sono classificati a diversi livelli a seconda della “potenza antalgica” (capacità di far regredire il dolore) e delle possibili conseguenze collaterali: in questa sede ci limiteremo alla trattazione dei più comuni, tra i quali, appunto, rientrano il Paracetamolo e l’Ibuprofene.

PARACETAMOLO VS IBUPROFENE

Veniamo ora a parlare di farmaci e concentriamoci su ciò che ha ispirato questo articolo, ovvero il confronto tra questi due notissimi farmaci. Prenderemo l’Ibuprofene come “rappresentante” della famiglia dei FANS, cui appartiene in realtà un vastissimo elenco di farmaci, altrettanto noti e diffusi (Acido Acetilsalicilico, Diclofenac, Ketoprofene, Piroxicam, ecc….) e largamente impiegati.

Entrambi sono farmaci enormemente utilizzati, commercializzati in diverse FORME FARMACEUTICHE per adattarsi alle diverse esigenze dei pazienti cui vanno somministrati:

  • il Paracetamolo è presente in commercio sotto forma di compresse da deglutire o sublinguali, sciroppo, supposte, buste idrosolubili o orosolubili, gocce;
  • l’Ibuprofene dal canto suo risponde con compresse deglutibili o orosolubili, sospensioni orali in buste monouso, sciroppi, supposte, buste idrosolubili.

Insomma, una enorme gamma di scelte possibili, tra le quali orientarsi e farsi consigliare.

Il Paracetamolo ha PROPRIETA’ antipiretiche e antidolorifiche ad azione centrale a livello di Ipotalamo; va somministrato quindi per abbassare la febbre o per controllare il dolore, non come curativo di stati infiammatori, ma solo come supporto al dolore che da essi può scaturire. Questa è la prima differenza con l’Ibuprofene, la cui funzione farmacologica si esplica grazie alla sua azione antinfiammatoria; i FANS (i Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) agiscono grazie alla capacità di intervenire su un preciso processo biochimico (denominato “cascata dell’Acido Arachidonico”) che produce, tra gli altri, i mediatori dell’infiammazione, ovvero sostanze che causano i fenomeni tipici di ogni stato infiammatorio: dolore, calore, gonfiore, rossore. Il blocco alla produzione e liberazione nell’organismo di questi mediatori (Prostaglandine, Prostacicline, Istamina, enzimi ecc…) consente di controllare e far regredire infiammazione e dolore, ed è appunto questo il meccanismo alla base delle proprietà farmacologiche di questi farmaci e dei benefici che queste terapie possono indurre ai pazienti.

Il Paracetamolo è normalmente molto ben tollerato e in dosi e utilizzi non eccessivi non presenta effetti collaterali di rilievo; è nota una certa tossicità a carico del fegato in pazienti che ne facciano un uso prolungato o un abuso o che abbiano sofferenze epatiche pregresse. D’altro canto il Paracetamolo ha almeno due VANTAGGI rispetto all’Ibuprofene (e a tutti i FANS): non interferisce con terapie anticoagulanti in atto (quindi è somministrabile a pazienti in terapia cromica con questi farmaci) e non è gastrolesivo; quest’ultima caratteristica è dovuta sia alla sua natura chimica basica e non acida (quindi non induce bruciore gastrico se assunto a stomaco vuoto) differentemente dai Fans (chimicamente acidi), sia al fatto che non interferisce con la presenza di gastroprotettori naturali fisiologici.

Per capire questo concetto non semplice, alla base sia delle proprietà farmacologiche sia degli effetti collaterali principali dell’Ibuprofene e di tutti i FANS, bisogna aprire un breve excursus e parlare del processo biochimico cui abbiamo fatto cenno poco fa, ovvero la “cascata dell’Acido Arachidonico”. Questo complesso processo fisiologico produce diverse sostanze, in grado di svolgere differenti funzioni. Abbiamo già detto che una delle categorie di prodotti sono i mediatori dell’infiammazione; ci sono però anche elementi molto importanti a livello fisiologico, quali per esempio i Trombossani (che partecipano al processo della coagulazione del sangue, ed è per questo che un uso eccessivo di FANS può indurre un aumento dei sanguinamenti e un aumento del rischio di emorragie), i Leucotrieni (coinvolti nelle risposte infiammatorie mediate dal sistema immunitario) e diverse famiglie di Prostaglandine, tra le quali sia quelle responsabili delle conseguenze fastidiose degli stati infiammatori ma anche quelle deputate a proteggere la mucosa gastrica contro i rischi di ulcerazioni. A questo punto possiamo comprendere come e perché le terapie (soprattutto se protratte nel tempo) con Antinfiammatori quali l’Ibuprofene possano determinare effetti avversi a livello della mucosa gastrica anche se assunti a stomaco pieno o in forme farmaceutiche che non prevedono l’assorbimento del farmaco a livello gastrico (fiale, supposte, compresse sublinguali, perle a disgregazione intestinale): mi rendo conto che il concetto non è semplice. Questo però spiega perché terapie prolungate con antinfiammatori richiedano l’ausilio di gastroprotettori, e perché in pazienti con disturbi gastrici cronici, queste terapie non siano affatto consigliate.

In ambito pediatrico, sia il Paracetamolo che l’Ibuprofene sono molto utilizzati, per lo più sottoforma di sospensioni orali o sciroppi. Le altre forme come le supposte sono molto meno diffuse, anche se presenterebbero, soprattutto per pazienti molto piccoli, un enorme vantaggio in termini di garanzia di assunzione del farmaco e sicurezza del dosaggio somministrato (alzi chi la mano il genitore che non si è visto sputare almeno una volta una non meglio precisata quantità di sciroppo dato al proprio bimbo). In generale, se è vero che ambedue i farmaci presentano profili di sicurezza molto alti e indicazioni terapeutiche simili (in età pediatrica l’Ibuprofene è sfruttato principalmente come antipiretico), spesso accade che un bambino risponda meglio ad uno dei due farmaci rispetto all’altro; inoltre, a seconda dell’origine e della causa della febbre, anche in bambini che rispondano adeguatamente ad entrambi le sostanze, può rendersi opportuno imparare a scegliere perché normalmente stati febbrili susseguenti a processi infiammatori quali otiti o tonsilliti o tracheiti possono essere meglio controllati con l’Ibuprofene rispetto al Paracetamolo. E’ chiaro che tutte queste considerazioni devono poi essere verificate nella realtà.

Un ultimo quesito, che spesso ci ponete: ma Paracetamolo e Ibuprofene possono essere associati? Ha senso in una stessa giornata assumere entrambi i farmaci, magari alternati l’uno all’altro oppure assunti contemporaneamente? La risposta come forse potrete aver intuito è “dipende”. Partirei con una premessa: esistono in commercio alcune specialità medicinali in cui i due farmaci sono associati, e in altre parti del mondo questa associazione è molto comune, sia per uso pediatrico che per adulti (ho ritrovato farmaci di questo genere sia in Benin sia in Nepal, tanto in compresse dosate per adulti, quanto in sospensione orale ad uso pediatrico), per cui la contestuale somministrazione di questi due farmaci non è assolutamente controindicata. Bisogna però capire per quale motivo si decide questa strada, quale obiettivo ci si pone e quali proprietà (antipiretico, antidolorifico, antinfiammatorio) delle due sostanze si vogliono sfruttare. Non condivido, per esempio, l’alternanza nel corso della stessa giornata dei due farmaci nei bambini come rimedio puramente antipiretico: io credo che sia preferibile scegliere tra i due quello che si dimostra più efficace e a quel punto modulare i dosaggi e la frequenza di somministrazione per ottimizzare l’effetto desiderato. Facciamo un esempio: stiamo trattando un bimbo con febbre alta, senza una specifica terapia curativa (per esempio un antibiotico) e senza curarci, in prima battuta, di quale possa essere la causa a monte; dovendo scegliere solo i farmaci antipiretici più opportuni, sappiamo che tendenzialmente il Paracetamolo può essere somministrato, in dose opportuna, anche ogni 4-6 ore mentre l’Ibuprofene normalmente richiede un distanziamento di almeno 8 ore tra una dose e l’altra; se in questo intervallo la febbre si rialza, cosa si deve fare? E’ giusto tamponare con Paracetamolo tra una dose e l’altra di Ibuprofene o viceversa? O è più giusto ridare lo stesso farmaco, a rischio di esaurire la dose giornaliera prima delle 24 ore? In realtà non esiste una soluzione corretta e una necessariamente sbagliata.

Suona molto ovvio e forse magari anche un po’ banale, ma potremmo dire che la miglior via di solito è quella che produce i risultati migliori, per cui in assenza di reali controindicazioni, la cosa migliore è provare e valutare: nulla vieta di ridurre i dosaggi singoli e ravvicinare le somministrazioni oppure alternare i due farmaci se entrambi si dimostrano efficaci nell’abbassare la febbre; non ritengo opportuno mantenere le dosi piene e ridurre la distanza tra una somministrazione e l’altra per evitare di terminare troppo precocemente la dose giornaliera e rimanere scoperti, soprattutto per la notte quando a mio modo di vedere è bene che i bambini siano quanto più possibile sfebbrati per poter riposare meglio.

Speriamo di essere riusciti a fare un minimo di luce in più sulla questione della gestione del dolore, dell’infiammazione e della febbre; per qualsiasi ulteriore dubbio siamo a vostra disposizione, ogni giorno in farmacia e sui nostri canali di informazione.

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