La cacciata di Gennaio a Taleggio: ‘L’è fò génèr, l’è scià fébrèr’

L’antichissimo rito contadino di cacciata dell’inverno risuonerà anche quest’anno a Olda di Taleggio nella notte gelida del 31 gennaio.
28 Gennaio 2019

L’antichissimo rito contadino di cacciata dell’inverno risuonerà anche quest’anno a Olda di Taleggio nella notte gelida del 31 gennaio. Si tratta di un vero e proprio rito-spettacolo che si svolge di sera ad opera di un gruppo di persone, tra cui i bambini, che gira per le strade facendo rumore con la voce e svariati strumenti con l’intenzione di inseguire ed espellere simbolicamente dal paese il mese di gennaio.

Come scrive Franco Irranca in Feste e tradizioni popolari nelle Valli Brembana e Seriana, “la manifestazione appartiene ai cosiddetti riti di rinnovamento o di eliminazione del male, che caratterizzavano in tempi remoti l’inizio di un nuovo ciclo. Scacciando tutto ciò che, secondo la mentalità primitiva, era male e ostacolava il felice rinnovarsi della natura, dei suoi frutti e delle opere umane ad essa connesse, si favoriva e si propiziava il felice nuovo verificarsi degli eventi”.

A Olda il corteo si apre alle 20,30 alle grida di “L’è fò génèr, l’è scià fébrèr!” (È fuori gennaio, arriva febbraio!) con un fantoccio bianco, simbolo dell’inverno, che viene messo al rogo dopo un rumoroso corteo, quasi assordante, prodotto con la percussione di campanacci, piatti da cucina, campanelli, scatole di metallo. La manifestazione di Olda è simile ad altre che si svolgono lungo tutto l’arco prealpino: per esempio, nella nostra provincia, la Scasada del Zenerù ad Ardesio e a Lecco quelle di Premana e Mandello del Lario.

In Valle Brembana, invece, una manifestazione simile era presente decenni fa a Valtorta (dove invece è rimasta la tradizione della Giobiana, che vede ogni anno, il primo giovedì di marzo, i ragazzi del paese scorrazzare per i campi e per le vie con campanacci a tracolla a risvegliare la primavera).

“Se si considera che molte abitazioni non avevano il camino e che il fumo del focolare, acceso al centro della stanza, fuoriusciva da un buco nella parete, il rischio di un incendio nelle case costruite con grande impiego di legno era elevato. Per questo e per altri motivi, come il pericolo di valanghe, si attendeva e si festeggiava gioiosamente la fine del mese di gennaio, il più lungo e più freddo dell’inverno, presenza inquietante e minacciosa” si legge nel libro L’inverno e la maschera scritto da Claudio Gotti. A Rava di Valtorta, ad esempio, si metteva in scena la morte di gennaio: un funerale parodistico di stampo carnevalesco.

(Fonte Immagine Valbrembanaweb.com)

 

 

 

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