Ricordi dolci e un po’ amari dell’asilo con le suore

Un tempo gestito dalle suore, l’asilo, come viene popolarmente chiamato, è un ricordo che non svanisce sia per chi l’ha vissuto piacevolmente sia per coloro che l’hanno frequentato con meno serenità.
17 Settembre 2019

Settembre è il mese del ritorno alla quotidianità dopo la pausa estiva. Per i bambini più piccoli è il periodo in cui avviene il primo vero distacco dai genitori, lasciando la casa per frequentare la scuola dell’infanzia. Un tempo gestito dalle suore, l’asilo, come viene popolarmente chiamato, è un ricordo che non svanisce sia per chi l’ha vissuto piacevolmente sia per coloro che l’hanno frequentato con meno serenità.

Nel libro “Figure e mestieri scomparsi”, pubblicato nel luglio del 2005 dall’associazione culturale La Fregèra di Lenna, si parla dell’asilo gestito dalle Suore Sacramentine nella vicina chiesa di San Rocco. Il ricordo è riferito alle religiose presenti alla fine degli anni Cinquanta nella struttura di Lenna, ma è una fotografia di come era la scuola dell’infanzia nei nostri paesi di montagna. A raccontarlo è Angela Oberti, classe 1953.

«Suor Flavia è stata la mia suora dell’asilo, di lei ricordo la dolcezza, mi ha consolata quando piangevo, mi ha imboccata dato che ero inappetente, mi ha insegnato a tenere la penna in mano, a fare i primi disegni, le prime aste e greche, insomma mi ha fatto piacere l’asilo. […] Ricordo che ci faceva riposare sui tavolini con la testa appoggiata tra le mani».

 

Immancabile in ogni scuola era la suora che si dedicava alla mensa. «Era una donnona e arrivava in refettorio con il grembiule bianco, il pentolone della minestra in una mano e nell’altra il mestolo. Versava la minestra che era quasi sempre di maccheroni, nelle scodelle di alluminio, poste nei buchi dei tavoli. Se penso a quella minestra sento ancora l’odore! Per tanti anni ho ritenuto suor Candida, la cuoca, una suora severa e austera dato che l’associavo alla minestra, ma ho scoperto solo più tardi che era una suora normalissima, simpatica e a volte burlona».

Tra le religiose c’erano anche quelle che avevano il ruolo di animatrice. A Lenna alla fine degli anni Cinquanta c’era suor Leonia. «Era la suora del divertimento che giocava con noi in cortile: ai quattro cantoni, a pallavolo, pallamano, mago libero, nascondino, mosca cieca, fazzoletto, palla prigioniera ecc… Portava gli occhiali e mi chiedo come facesse a non romperli con la sua esuberanza».

Poi c’erano le suore tuttofare, come suor Domenica che era piena di idee ed energie ed, infatti, allestiva anche la colonia estiva, come una sorta di cre (centro ricreativo estivo), per le ragazze delle elementari. «Delle suore superiori ho un vago ricordo dato che non le chiamavamo mai per nome. “La superiora” era in genere anche la più anziana, incuteva un certo timore a noi bambini, dovuto anche al fatto che il più delle volte veniva chiamata per castigare».

Nel libro, edito in collaborazione con la biblioteca comunale, è riportata anche un’intervista sui ricordi delle suore in paese. A raccontare è Domenica Calegari, detta Meneghina, classe 1922, mamma della sopracitata Angela. «Quante cose hanno insegnato ai bambini dell’asilo! Tutti gli anni preparavano una recita, siccome i bambini erano tanti consisteva in due o tre scenette sempre molto belle. Il giorno della recita il teatro era gremito perché nessuno voleva mancare». E infine conclude: «Il 30 luglio 1980 al Santuario della Madonna della Coltura si è celebrata la Messa di ringraziamento per tutto il bene fatto dalle Suore Sacramentine nel nostro paese. Eravamo tutti tristi ed amareggiati».

 

 

 

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