“La matematica non sarà mai il mio mestiere” cantava Venditti: Franco Rota, 30enne originario di Locatello, ha fatto il percorso opposto. I numeri lo hanno portato dalla nativa Valle Imagna fino alle cattedre delle università degli Stati Uniti. Ecco la sua storia.
“Io sono cresciuto a Locatello fino alla fine delle scuole medie, poi ho studiato al Sarpi. Mi sono interessato alla matematica e così ho frequentato l’università di Pavia, dopo la laurea avrei voluto proseguire con un dottorato all’estero”. Franco sa che non è percorso in discesa, così chiede consiglio a professori e insegnanti. “Ci si poteva candidare per gli Stati Uniti e sono partito per Salt Like City. Nello Utah ho completato il dottorato in Geometria Algebrica, poi, un anno e mezzo fa, mi sono spostato in New Jersey alla Rutgers University: tengo lezioni e faccio ricerca”. Gli spostamenti non finiscono qui: “Da quest’estate mi trasferirò a Glasgow (Scozia), dove potrò fare più ricerca e meno insegnamento”:
Franco ha dunque avuto modo di conoscere a fondo il mondo accademico statunitense: “Gli USA sono sicuramente diversi. Qui si vive l’università in modo diverso, ci si può iscrivere senza indicare un corso di laurea preciso, ci sono molte classi di cultura generale, argomenti che noi facciamo al liceo. Sono stato contento della preparazione che ho ricevuto in Italia, mi sono trovato avvantaggiato, almeno all’inizio. D’altra parte, il clima accademico americano è molto informale, andare a ricevimento con i professori risulta più facile”.
Ovviamente, il cambiamento nello stile di vita tra Usa e Italia non si ferma al mondo dell’istruzione. “Spostarsi è stato difficile, i primi mesi o anni servono per ambientarsi nella nuova realtà - spiega Franco - bisogna conoscere un mondo diverso. A livello di qualità della vita, sanità eccetera preferisco l’Europa, sul cibo poi non si discute nemmeno (ride). La cultura qui è molto più individualista, c’è meno l’idea di fare del bene agli altri senza interesse, il sogno americano è strettamente personale, con più attenzione al denaro, quali lavori pagano e lo stile di vita che ci si può permettere di conseguenza, un aspetto che non mi piace molto”.
Il pragmatismo americano è un altro aspetto su cui Franco punta l’attenzione. “Le persone sono molto dirette e più intraprendenti, l’idea è che se non risolvi i tuoi problemi gli altri non ti aiutano, serve anche per lanciarsi di più nelle cose. Si pensa di meno alle conseguenze, prima si agisce, poi se va male si vedrà”.
L’esperienza all’estero ha però permesso al giovane ricercatore di entrare in contatto con un melting pot di persone e culture. “Ci sono tantissimi studenti internazionali, molti immigrati o figli di immigrati, dall’Asia, Cina e Corea, indiani e sempre meno dall’Europa: un aspetto che non ho mai visto in Italia, ovviamente serve sapere l’inglese. Mi sono trovato a convivere con persone da tutto il mondo”.
Questo multiculturalismo porta con sé pregi e difetti: “La cultura è molto meno uniforme che da noi, quando fai una battuta a lezione in Italia, poniamo su Sanremo, la capiscono tutti, negli Usa non c’è un background comune, quindi non si può fare. Ho stretto amicizie con persone culturalmente diverse, ma ci sono barriere per cui è molto difficile conoscere in senso profondo qualcuno con idee tanto diverse, anche solo a causa dei piccoli gesti, le battute che non riescono; creare un rapporto che funziona, però, dà tanto”.
Come detto, il futuro porterà Franco in Europa. “Andrò a Glasgow per continuare ad insegnare e soprattutto a fare ricerca, ho un contratto di tre anni in cui voglio costruire una carriera per diventare professore all’università in Italia. Glasgow mi attira perché devo fare meno attività in classe rispetto ad ora e più in laboratorio, che è quello che apre la porta per posizioni più prestigiose. È molto difficile trovare posizioni in Italia, se non quello vorrei almeno restare in Europa”.
La lontananza dal nostro paese è un fattore importante, proprio per questo Franco desidererebbe rientrare. “Quando torno, sono circondato dagli amici di sempre e dalla mia famiglia. È un aspetto che si deve considerare quando si emigra, perché è un prezzo da pagare”. Non è tutto oro quel che luccica, la considerazione per la formazione, accademica e non solo, in Italia è spesso bassa. “Mi rattrista quanto poco siano considerate la ricerca e l’istruzione in Italia, ma se si vuole che il Paese cresca si deve investire a lungo termine su questo settore, non si possono pretendere cambiamenti nell’arco di un decennio, ma occorre una visione più ampia. È un po’ dappertutto così, è difficile essere lungimiranti su questi temi”.