Reflusso gastroesofageo, un disturbo molto diffuso da non sottovalutare: ecco come gestirlo

In questa nuova puntata il dott. Michele Visini darà qualche consiglio su come tenere sotto controllo il reflusso gastroesofageo con la consapevolezza dei danni che si possono creare in prospettiva.
19 Marzo 2024

Nuovo numero della rubrica dedicata alla salute a cura della Farmacia Visini di Almè. In questa nuova puntata il dott. Michele Visini darà qualche consiglio su come tenere sotto controllo il reflusso gastroesofageo.

Uno dei problemi che sta via via coinvolgendo sempre più persone è la Sindrome da Reflusso Gastro-Esofageo (in linguaggio medico spesso indicata con l’acronimo GERD), un disturbo cronico legato alla funzionalità digestiva specificamente a carico dello stomaco, che tende a riacutizzarsi in modo particolare in primavera ed in autunno. Il problema nasce principalmente da una disfunzione a livello della valvola che chiude lo stomaco in alto, in congiunzione con l’esofago (il CARDIAS): durante la digestione, l’incompleta chiusura del sacco gastrico verso l’esofago (che è il “tubo” attraverso il quale il bolo alimentare ingerito giunge allo stomaco) determina il refluire dei succhi gastrici fortemente acidi verso le pareti dell’esofago stesso; a livello sintomatologico l’effetto di questo processo si traduce in una serie di manifestazioni che vedremo dopo.

Prima di entrare nello specifico di ciò che riguarda la Sindrome da Reflusso Gastro-esofageo, proviamo brevemente a ricordare alcuni elementi chiave di come avviene la digestione nel nostro organismo. Nello stomaco, tale processo (che, giova ricordarlo e sottolinearlo in modo forte, inizia in bocca, con la masticazione, vero e proprio elemento basilare per chi soffre di disturbi digestivi) inizia attraverso l’attivazione delle pompe protoniche situate sulle pareti gastriche, deputate a riversare nella cavità una adeguata quantità di ioni Idrogeno che portano il pH a valori molto bassi (acidità molto elevata), necessari per digerire il bolo alimentare: tali pompe vengono attivate dallo stiramento delle pareti muscolari dello stomaco a seguito del sopraggiungere del cibo; questo fenomeno dà inoltre inizio al caratteristico movimento peristaltico (successione ritmica di contrazione-rilasciamento) che dura per tutto il processo digestivo. Più lunga e lenta è la digestione, e maggiore sarà l’azione delle pompe protoniche e conseguentemente maggiore sarà la quantità di elementi di natura acida riversati nella cavità gastrica.

Immaginiamo a questo punto lo stomaco come un sacchetto dotato di una chiusura collegata a un tubo, pieno di materiale via via sempre meno solido e sempre più fluido, sottoposto a regolare e continua alternanza di compressioni e rilasciamenti: ne deriva un continuo movimento sussultorio del suo contenuto; se il sacco è sigillato, non fuoriesce nulla, ma se nella sommità la chiusura del sacco dovesse essere danneggiata, il risultato sarebbe che parte del contenuto potrebbe fuoriuscire dal nostro sacco rovesciandosi all’esterno. Se tale contenuto ha, come nel caso dei succhi gastrici, forte carattere acido, l’effetto sulle pareti del tubo esterno (l’esofago) cui il sacco (stomaco) è collegato sarà doloroso (in misura crescente proporzionalmente alla quantità, all’acidità, al tempo, alla ripetitività). Purtroppo, per diverse cause, malfunzionamenti del processo di chiusura dello stomaco sono estremamente comuni, occasionali o cronici. Gli effetti possono essere, come accennato prima, molto diversi:

  • Pirosi gastrica, spesso accompagnata da dolore direttamente puntato a livello della bocca dello stomaco
  • Dolore retrosternale, tipicamente localizzato alla stessa altezza del cuore, tanto da poter facilmente essere confuso con una sintomatologia di natura cardiaca (nei corsi di formazione i gastroenterologi definiscono come molto comuni gli accessi al pronto soccorso o in guardia medica da parte di pazienti che scambiano il reflusso gastroesofageo per un sospetto infarto)
  • Tosse stizzosa e di origine irritativa a livello di gola per risalita fino a livello faringeo dei reflui gastrici

Tutti quelli elencati sono gli effetti percepiti dal paziente, fastidiosi in modo differente ma sufficienti per indurre chi è interessato a rivolgersi a un medico o un farmacista o quantomeno ad attuare correttivi di automedicazione. Il problema più serio è il possibile esito (non certo, ma molto pericoloso) a carico della parete dell’esofago di questi continui rigurgiti acidi: l’epitelio, ovvero le cellule che rivestono la parete interna dell’esofago, è molto sensibile ai succhi gastrici che refluiscono (da qui il dolore acuto) e può andare incontro a lungo termine a un processo di logorio irreversibile che può esitare in un cancro dell’esofago non risolvibile e spesso asintomatico fino a diagnosi finale (ottenibile tramite gastroscopia). E’ chiaro che questo è l’evento acuto peggiore possibile e ovviamente non riguarda necessariamente tutti i tantissimi cosiddetti “reflussori”; ma non si può nemmeno escludere a priori il rischio, ragione questa per cui sottovalutare o ignorare i sintomi evitando di curarsi in modo adeguato può essere molto pericoloso.

In altre parole: se un individuo sa di soffrire di reflusso gastro-esofageo, la scelta di curarsi non deve essere collegata solo alla volontà di avere meno disturbi e alleviare il quadro sintomatologico, ma deve essere mantenuta a prescindere dai sintomi per evitare danni futuri molto peggiori. Come detto in apertura, il fenomeno della GERD è in rapida e costante espansione; prima di affrontare i possibili rimedi, mi permetto alcune considerazioni relative a un corretto stile alimentare.

  • LA DIGESTIONE INIZIA IN BOCCA: mangiare poco e più spesso masticando molto prima di ingerire consente di accelerare il processo digestivo, per cui si rende necessaria una minore quantità di succhi gastrici che, in caso di reflusso, possono a questo punto essere meno acidi e quindi meno corrosivi; inoltre tornando all’esempio del sacco, se il livello di riempimento non è eccessivo, lo scuotimento non necessariamente porta a perdite verso l’alto….è più probabile rovesciare l’acqua mentre camminiamo con un bicchiere pieno piuttosto che se parzialmente svuotato!
  • PRIVILEGIARE CIBI SOLIDI O SEMISOLIDI, soprattutto la sera, quando è più probabile che dopo cena ci si metta sul divano o addirittura direttamente a letto se si cena troppo tardi (deleterio per chi soffre di questa sindrome); se sottoponiamo a scuotimento (quale è di fatto il movimento cosiddetto peristaltico tipico della digestione) un contenitore dotato di una chiusura difettosa, è più probabile che si verifichi una fuoriuscita se il contenuto è liquido piuttosto che solido o semisolido.

I possibili rimedi farmacologici seguono la medesima logica: impedire il reflusso e tamponare parzialmente la forte acidità per rendere meno lesive, e quindi meno pericolose, le perdite verso l’esofago. Vediamo rapidamente come affrontare questa sindrome.

ANTIACIDI: sono ovviamente i rimedi più comuni e più immediati; il primo sintomo è una pirosi gastrica che a volte è sufficiente tamponare o neutralizzare con del Bicarbonato di Sodio o di Potassio, con dei Citrati o con sostanze dotate di natura chimica basica (esempio notissimo, gli Idrossidi di Magnesio e Alluminio). Il Bicarbonato di Sodio, neutralizzando gli Ioni acidi H+, dà luogo a un composto fortemente instabile, L’Acido Carbonico, che immediatamente si dissocia liberando Acqua e Anidride Carbonica, dando luogo al fenomeno della eruttazione. In caso di dolore retrosternale epigastrico è essenziale capire prima possibile se ha un’origine da reflusso di succhi gastrici oppure se coinvolge il cuore; la neutralizzazione con Bicarbonato di Sodio e relativa eruttazione crea un immediato beneficio a livello di sintomi. Immediato ma non duraturo, .ma almeno ci consente di capire che il dolore provato non era legato al cuore bensì allo stomaco e ai suoi reflussi acidi.

ALGINATI: per anni questo è stato il rimedio d’elezione contro questa sindrome; si tratta di sostanze mucillaginose, simili ad alghe, in grado nello stomaco di stratificarsi sopra il bolo alimentare, generando una sorta di tappo che impedisce il reflusso dei succhi gastrici. Anche se non sono più considerati i rimedi principali, restano un approccio estremamente utile ed efficace, da assumere dopo i pasti principali; spesso sono formulati in associazione con antiacidi quali i bicarbonati, oppure con altre sostanze antinfiammatorie o riepitelizzanti. Esistono in commercio tantissime formulazioni che presentano queste associazioni, alcune delle quali destinate a quei pazienti che presentano tra i sintomi una fastidiosa tosse stizzosa. Non credo ci siano prodotti migliori di altri, penso che ognuno debba provare e cercare quello che dà il maggior beneficio.

INIBITORI DI POMPA PROTONICA: diffusissimi, utilizzati in modo saltuario o continuativo, persino inflazionati, sono ora i trattamenti d’elezione per questa sindrome. Sono tutti quei farmaci il cui nome termina con la desinenza “–prazolo” (Lansoprazolo, Pantoprazolo, Omeprazolo, Esomeprazolo, Rabeprazolo); esistono diversi dosaggi di tutti questi principi attivi, destinati a pazienti con sindromi di diverso grado di intensità e frequenza. A livello di meccanismo di azione e di selettività, questi farmaci sono in grado di inibire quelle pompe situate sulle pareti dello stomaco che riversano acido nella cavità gastrica attivandosi al sopraggiungere del cibo da digerire. Gli Inibitori di Pompa (PPI) sono tanto più attivi quanto meno attive sono le pompe, che si disattivano progressivamente sempre più man mano che ci si allontana dall’ultimo pasto; per questa ragione è bene siano assunti a digiuno (tipicamente al mattino) per poter avere la massima efficacia possibile. I cicli di terapia vanno sempre concordati con il medico. Infatti, come accennato, in base al livello di gravità della sindrome, i “reflussori” vengono classificati in Lievi, Moderati o Gravi, e la durata delle terapie e i dosaggi prescritti varieranno proporzionalmente in ragione del grado del paziente; potremo avere terapie saltuarie, protratte per poche settimane e ripetute due-tre volte l’anno, condotte con i dosaggi più bassi di ciascuna molecola (ad esempio Pantoprazolo 20mg, Lansoprazolo 15mg, Omeprazolo 10mg, …..), terapie continuative con dosaggi inferiori, con o senza incremento periodico del dosaggio nei periodi dell’anno di riacutizzazione, fino ad arrivare a terapie continuative ai dosaggi maggiori.

In generale, la Sindrome da Reflusso Gastro-esofageo deve essere considerato un disturbo cronico, e come tale verosimilmente non si risolve, ma deve essere sempre tenuto sotto controllo, con la consapevolezza dei danni che si possono creare in prospettiva.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti:
  1. Io dopo un lungo periodo di farmaci ho risolto con dei fermenti per le mucose che prima di tutto aiutano a far lavorare bene il mio stomaco…e li ripeto una scatola ad ogni cambio stagione….ho risolto….naturalmente ho seguito consiglio di un medico .e dopo aver fatto una gastro risultata negativa

Ultime Notizie

X
X
linkcross