Stefano Scaglia di Brembilla: un imprenditore visionario e generoso

Stefano Scaglia fu un imprenditore che si prodigò molto anche per la comunità, trasmettendo uno spiccato senso civico a figli e nipoti.
13 Febbraio 2021

Stefano Scaglia, di soprannome “Stiinì”, figlio di Martino, nacque il 7 febbraio 1865 nella contrada Ripe a Brembilla. A soli tre anni approdò a Milano e già da ragazzo, insieme con il fratello Fiorino, iniziò a occuparsi del laboratorio di famiglia dove si producevano piccoli oggetti in legno per la casa. Stefano aveva una particolare attitudine per le funzioni tecniche, quali l’evoluzione dei macchinari e delle tecniche di lavorazione; per questo motivo presto divenne responsabile della produzione e della gestione della fabbrica.

Questa scelta fu determinante per l’apertura poi dello stabilimento brembillese. Stefano fu il primo a ricucire un legame con la terra d’origine, tornando a Brembilla nel 1895, nonostante i laboratori milanesi fossero ben avviati. Il suo ritorno coincise con il matrimonio, il 26 febbraio 1895, con Domenica Carminati, sorella di Giacomo Carminati “Pecio”. Da questa unione nacquero 7 figli: Martino “Martinì” nel 1896, Giacomo “Giacomèto” nel 1897, Anna Maria nel 1898, Giuditta nel 1899, Fiorindo nel 1900, Stefano “Nino” nel 1902 e Camillo nel 1903.

Il trasferimento di Stefano a Brembilla e la presenza sul territorio di molte iniziative artigianali di lavorazione del legno furono fattori fondamentali per lo spostamento delle attività produttive a Brembilla. Stefano vi si stabilì definitivamente andando ad abitare vicino alla chiesa al civico n. 16. Prese in affitto da Carminati Giacomo un locale nella zona di Piazza Vecchia, impiantandovi un piccolo laboratorio, rimanendo sempre in società con il papà e il fratello.

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Dopo alcuni anni nacque l’esigenza di creare nuovi spazi per collocare più macchine tornitrici, anche perché, spostandosi il responsabile della gestione tecnica dei laboratori a Brembilla, molte delle nuove produzioni di accessori tessili furono trasferite qui. Dapprima Stefano trovò due locali più grandi, sempre nella zona di Piazza Vecchia, poi, nel 1906, decise di acquistare un terreno sull’ultimo tratto della Val Cava e di costruirvi lo stabilimento che ancor oggi è sede della ditta.

L’otto gennaio 1904 Stefano perse la giovane moglie, che lasciava così i figli in tenera età e gli ultimi ancora in fasce. Essi vennero cresciuti a Milano dalla zia Caterina, moglie del fratello Fiorindo. Dovendo seguire il nuovo laboratorio, invece, Stefano rimase a Brembilla, dove nel 1909 si risposò con Orsola Pesenti. Ideatore, insieme a don Carlo Cariboni, della costruzione dell’Asilo a Brembilla, primo firmatario del documento d’impegno per la richiesta delle Suore Canossiane, nonché membro del primo Consiglio di Amministrazione, Stefano fu un imprenditore che si prodigò molto anche per la comunità, trasmettendo uno spiccato senso civico a figli e nipoti.

Per tutti i suoi meriti, in segno di riconoscenza e per onorare la sua memoria, i brembillesi hanno scelto di dedicargli una via del paese. In occasione della sua morte è apparso questo interessante articolo sul periodico locale La voce del Brembo: “Oggi 6 ottobre 1917 all’età di 52 anni passò a migliore vita l’industriale Scaglia Stefano compianto dall’intera popolazione di Brembilla. Trascorse la sua gioventù a Milano dove tuttora esistono i suoi affezionatissimi parenti. Nel 1894 ritornò a Brembilla, suo paese natale, iniziandovi con mezzi modestissimi l’industria della tornitura del legno. Con l’esperienza già acquistata, accoppiata ad un genio inventivo ed attività non comuni, creò e perfezionò macchine ammirabili e di grande rendimento, tanto che il suo stabilimento primeggia tra i migliori del genere in Italia.

Ognuno che lo conobbe, riscontrò sempre in lui una correttezza impeccabile ed una esemplare onestà. Con le sue maestranze operaie fu non soltanto buono e giusto, ma fu anche di una generosità che altamente lo onora. Infatti, poiché l’azienda gli procurava lucri e vantaggi insperati, egli solea dividere i profitti coi suoi operai come se il merito fosse più di costoro che suo. Per tal modo molte famiglie di tali operai si videro in pochi anni assurte a prosperose condizioni economiche, tanto che alcune poterono impiantare industrie consimili per proprio conto. Né la sua generosità si limitava nei rapporti dei suoi dipendenti, ché sarebbe troppo lungo accennare alle sue rilevanti e frequenti elargizioni in favore degli indigenti. Ai non degeneri suoi figli, provati ancor giovani da tanta sventura, sia di conforto il pensiero che le paterne cure esplicate quaggiù, saranno ora più grandi vicino al “Dator d’ogni Bene” ed avranno il certo effetto che i migliori desiderano. Accogli Iddio in cielo la sua bell’anima per le preci del popolo grato che lo accompagnò all’ultima dimora, nonché per le angeliche invocazioni dei cari bambini dell’Asilo infantile di Brembilla al quale il benemerito Stefano donò di continuo in vita, e la chiuse con una elargizione degna di Lui”.

Articolo estratto da “Quaderni Brembani n.19” e scritto da Alessandro Pellegrini.

 

 

 

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