A Selino Basso e al Piazzo di Mazzoleni, nel paese di Sant’Omobono Terme, tutti la conoscevano come nonna “Cia”. Lucia Perucchini, nata il 23 aprile 1927, si è spenta giovedì 5 giugno all’età di 98 anni, lasciando dietro di sé un esempio luminoso di vita fatta di semplicità, lavoro, fede e un sorriso che non l’ha mai abbandonata.
Lucia era nata il 23 aprile 1927 nella località Piazzo a Mazzoleni, “Sono una Macarina” diceva con fierezza. La sua famiglia era composta da papà, mamma, cinque fratelli e quattro sorelle. Terza di dieci figli, visse un’infanzia fatta di sacrifici e piccole gioie. Il padre era emigrato in Svizzera come muratore, mentre la madre si occupava della casa e dei figli. Lucia ricordava con lucidità la vita di allora: la macina del grano, l’orto con patate e verze, le mucche e il maiale da accudire. Alla domenica si andava a dottrina, ma la mamma era severa: “Non voleva che andassimo fino al Centrale, bisognava fermarsi alla piazza di Mazzoleni”. I giochi c’erano, semplici e allegri: il nascondino, il girotondo.
Frequentò la scuola fino alla quarta elementare: i primi tre anni a Cepino, poi a Selino Basso, dove ricordava con piacere la minestra che le davano, “Era buona!”. A soli 11 anni fu mandata a Bergamo a lavorare, ma era troppo giovane e dovette tornare a casa. In valle trovò impiego nel filatoio, dove oggi troviamo l’MD. Ma la sua vita lavorativa fu segnata soprattutto dall’esperienza all’estero: emigrò in Svizzera e in Francia, dove lavorò come cameriera negli alberghi.
Proprio all’estero conobbe Giovanni Mazzoleni, per tutti “Gioani”, anche lui emigrato in Svizzera come muratore. Si sposarono il 19 gennaio 1950 a Mazzoleni e andarono a vivere a Selino Basso. Ebbero cinque figli: il primo, scomparso in tenera età, è il loro “angelo custode in paradiso”. Poi Marilena, Angelo, Enrica e Gianpietro. Lucia è stata nonna di undici nipoti e bisnonna di nove pronipoti. La sua è stata una vita di grande impegno: “Se fosse oggi, non farei più questa vita dura”, diceva. Mentre il marito era via per lavoro, lei rimaneva a casa a occuparsi dei figli, dei suoceri, della stalla e dell’orto. “Non c’era l’acqua corrente, si andava alla seriola a lavare”. Eppure, di quella vita faticosa parlava sempre con lucidità e senza lamenti.
L’orto, il giardino, i fiori: queste erano le sue passioni, che negli ultimi anni aveva trasmesso ai familiari, insegnando loro a portare avanti il lavoro di una vita. Ma più ancora, aveva lasciato loro un insegnamento profondo: non sprecare nulla, né cibo né vestiti. Accanto alle fatiche, ricordava anche il forte senso di comunità: “Ci si aiutava molto”. E tra gli aneddoti curiosi, uno che amava raccontare: “Una signora di Selino Alto ha partorito nel mio letto per necessità, e il giorno dopo ho partorito io”.
Nella contrada di Razzoli aveva anche un ruolo particolare: quando moriva qualcuno, era lei a occuparsi di vestirlo per l’ultimo saluto. Negli ultimi anni della sua vita, Lucia era ancora sorprendentemente attiva: si alzava ogni mattina alle 7, “mi stanco a stare a letto”, diceva. Passava le giornate a lavorare a maglia, confezionando calzini, e andava a trovare galline, conigli, mucche e vitellini. Guardava il telegiornale, riceveva le visite di nipoti e pronipoti, che la coccolavano con affetto.

Era una cuoca eccellente: gallina bollita e polenta erano le sue specialità. Per il pranzo mangiava da Enrica oppure Marilena le portava da mangiare a casa, mentre per la cena si recava lei stessa da Enrica. Profondamente devota, era molto legata alla Cornabusa, dove amava recarsi con i familiari per pregare. Le sue giornate erano scandite da preghiere e letture dei suoi vecchi libretti religiosi, tra cui il Vangelo. Lucia ha vissuto la vita con serenità, gratitudine e una fede incrollabile.
“Peccato lamentarsi”, ripeteva. Solare e ottimista, ha attraversato quasi un secolo senza mai perdere il sorriso, né la bontà che traspariva da ogni gesto, da ogni parola, da ogni sguardo. Quella di Lucia è stata una vita preziosa, umile e piena. Un testamento di valori profondi, che oggi lascia in eredità alla sua famiglia e a tutta la comunità. “Ecco, ciao” – così si è concluso il saluto che i suoi familiari le hanno dedicato nel giorno del funerale, con parole semplici ma cariche di significato. Parole che racchiudono l’essenza di un’esistenza vissuta pienamente: “Ho dato tutto. Ora tocca a voi.”