Nei giorni scorsi si è chiuso il Campo Scuola Alpino a Santa Brigida. Tutti i 60 ragazzi sono arrivati alla fine dei quattro giorni e, nonostante il tempo, sono state portate a termine tutte le attività proposte, dal soccorso alpino all’antincendio, tiro con l’arco, tiro al bersaglio, Ppercorso ostacoli e tantissimo altro ancora.
Giovedì 8 giugno grande finale con tutte le autorità presenti, il sindaco di Santa Brigida, Manuel Rossi, il capogruppo Borsotti, il vicepresidente Bonaldi, il consigliere regionale Pietro Macconi, ed alcuni militari graduati dell’esercito in pensione.
Di caporali istruttori diretti da Matteo Brumana, che fa parte dell’Ana e di Unuci (Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia) hanno egregiamente portato i ragazzi al “congedo”. Dopo la deposizione e l’ammaina bandiera i ragazzi hanno potuto abbracciare i propri cari. É stato dato loro un attestato di partecipazione.
A testimoniare l’importanza di questa esperienza per le giovani penne nere, la lettera di un genitore, che riportiamo di seguito:
“Non è facile racchiudere un’esperienza fondante, dai risvolti unici e dagli insegnamenti irripetibili e descriverla, condensandola in pochi enunciati. Arrampicata, tiro con l’arco, elementi di soccorso e protezione civile, rudimenti di maneggio di armi bianche in estrema sicurezza, percorsi di sentieristica ed escursioni compresse in tempi contingentati, tutto quello che fa team building, ha risvolti positivi è studiato per fare uscire il bambino temporaneamente dalla zona di comfort genitoriale.
Da quella bolla che spesso ammorba la ‘Generazione Playstation’. Il campo, come di consueto, ha risvegliato la fervente partecipazione della Valle, riuscendo a scuotere nel profondo i partecipanti, a mobilitare le energie vibranti del volontariato e dell’associazionismo. A conquistare gli animi di bambini e preadolescenti, spesso accusati di essere rapiti unicamente dal torpore anestetizzante nella fredda atarassia sprigionata dagli schermi dei loro telefonini. Non per fare sociologia spicciola, nulla è lasciato al caso. Ogni scelta ha un supplemento pedagogico importante, serve a fare entrare il bambino non in una spirale competitiva individualista, che poi tramuta le prime cadute in baratri senza fondo, ma anzi lo fa sentire un ingranaggio, una parte del tutto, in cui il problem solving comune è una necessità “politica” da cogliere, un’opportunità che fa uscire la sua squadra con compattezza e solidità granitica.
Il campo scuola degli alpini ha riscosso consenso unanime tra genitori, autorità ed attori sociali. La commozione collettiva dopo la solenne sfilata è sintomatica di un distacco fisico, che diventerà giocoforza autentico al crescere dei figli, nei marosi della preadolescenza. E allora allenarli alle difficoltà dell’esistenza, sviluppando autostima, rispetto alle tante insidie che la quotidianità riserva, è un modo per prepararli alle sfide con consapevolezza, senza un fardello di ansie troppo schiacciante, impossibile da reggere, quando le cose non si metteranno per il verso giusto. E chi, se non gli Alpini, che si sono fatti carico delle difficili condizioni pandemiche della Bergamasca per prestare assistenza ai disagiati, agli emarginati e agli anziani affetti da Covid-19, è in grado di veicolare questi valori ai giovani del futuro? Bene ha fatto quindi, anche il sindaco di Santa Brigida a porre l’accento anche su questi aspetti, nel suo discorso rivolto alla platea.
Senza retorica preconcetta, il campo è scuola di vita, un percorso che aiuta i ragazzi a uscire dal loro microcosmo virtuale, di ovatta familiare, proiettandoli in maniera brusca in un itinerario di esperienze e conquiste, inculcando i sani valori di solidarietà, fratellanza e genuinità insiti nell’alpinismo. Gestire 60 bambini, “sottraendoli ai propri cari” per quattro giorni è un’impresa delicata e complessa al contempo. Alle spalle c’è un’organizzazione impegnativa, ancorché rodata. Ci vuole un lavoro preparatorio propedeutico e pedagogico non indifferente. E se il brainstorming serve a scacciare noia e saudade di casa, qualche rimbrotto severo è necessario a fare a capire, che per quanto si possa essere “puccettone amoroso, bello di mamma”, il rispetto delle regole non è un disvalore della modernità.
E che una cornice di regole serve a non fare prevalere caos e anarchia, nel senso più deteriore del termine. Non sono nostalgie passatiste, non si tratta di fare l’elogio della naia formativa, della militarizzazione muscolare insita nella leva obbligatoria, sic et sempliciter, ma di constatare come un aiuto alle agenzie educative e alle famiglie, spesso si possa tradurre in un esempio didascalico. In questo senso ogni parola, barra lezione non impartita oggi, è metaforicamente un calcio nel sedere non evitato domani. E se il prezzo da pagare è la contaminazione dell’inflessione bergamasca su un bambino calabrese d’origine, ben venga questa ibridizzazione fonetica, se accompagnata dalla trasmissione di rituali basati su legalità, rispetto e inclusività. E sull’aiuto a comprendere che socializzare e non lasciare indietro nessuno, pur con le proprie fragilità e diversità. In definitiva è cultura alpina, nell’accezione più vera del vocabolo. Viva il campo scuola alpini, viva la laboriosa Valle”.