Aumentano le dimissioni dopo il primo figlio: nel 2018, 100 richieste in più in provincia di Bergamo

In un anno, in provincia, si è passati da 1322 a 1425 dipendenti che si sono dimessi, 1071 lavoratrici e 354 lavoratori.
16 Luglio 2019

“Da qualche anno a Bergamo ci si straccia le vesti per la sempre più scarsa natalità. Ma quello che manca non è la voglia di fare bambini, quanto la capacità di “resistere” al lavoro e non far mancare ai figli assistenza e presenza”. Solo così, secondo Francesco Corna, segretario generale di CISL Bergamo, si può spiegare, oltre al dato della denatalità, quello delle dimissioni di mamme e papà nei primi tre anni di vita dell’erede. In un anno, in provincia, si è passati da 1322 a 1425 dipendenti che si sono dimessi, 1071 lavoratrici e 354 lavoratori.

L’assenza di parenti che possano dare una mano, i costi di asilo nido e baby sitter, gli orari di lavoro e la distanza dal luogo di lavoro spingono molte persone a lasciare l’occupazione. Non è una sorpresa, ma lo scrive nero su bianco la relazione dell’Ispettorato del Lavoro, nella sua relazione annuale. Le cause rilevate dall’Ispettorato, a livello nazionale, riguardano soprattutto l’incompatibilità tra l’occupazione lavorativa e le esigenze di cura della prole (36%).Poi, si fanno sentire sia l’assenza di parenti di supporto (27% del totale), sia l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato, ad esempio asilo nido o baby sitter (7%), senza dimenticare il mancato accoglimento al nido (2%).

Meno quelli che esprimono motivazioni connesse alla situazione dell’azienda di appartenenza, corrispondenti al 18% del totale. In questo caso, la voce prevalente è relativa all’organizzazione e alle condizioni di lavoro particolarmente gravose o difficilmente compatibili con la cura dei figli. Non è facile ottenere il part-time: accordi di questo tipo, secondo le statistiche, stati concessi soltanto in una caso su cinque.

“Una volta verificato che non ci siano violazioni, e quindi che le dimissioni siano effettivamente volontarie, va detto che se le convalide aumentano significa che le politiche, sia pubbliche che aziendali, non sempre permettono ai genitori di dedicarsi serenamente al lavoro e alla famiglia. Quindi bisogna cambiarle, anche attraverso la contrattazione di secondo livello”.

A sorpresa, aumenta il numero dei padri che lasciano il lavoro dopo un figlio: nel 2017, a Bergamo e provincia, sono stati 333, lo scorso anno 354. “Il calo demografico è conseguenza di questa situazione – continua Corna -. Non facciamo più figli anche perché non possiamo permetterci di abbandonare il lavoro. Per garantire un futuro alla nostra società bisogna creare condizioni economiche e normative a sostegno di maternità e paternità, partendo dal rimuovere tutti gli ostacoli, economici e normativi, ancora esistenti. Anche le aziende devono evolvere culturalmente. Un genitore che non ha problemi nella cura della prole, lavora meglio e produce di più. Purtroppo i vari governi che si sono succeduti non affrontato in maniera adeguata il tema della natalità ed anche il governo attuale, nella legge di Bilancio ha rimandato a un futuro indefinito iniziative strutturali in grado di offrire un reale sostegno a quei cittadini che, continuando di fatto a contare solo sulle proprie forze, mettono al mondo dei figli, compiendo sul fronte personale un gesto tanto naturale quanto coraggioso e, nella sfera sociale, di grande responsabilità civile”.

“Ci auguriamo – conclude il segretario CISL – che negli incontri in programma a livello nazionale si inizi ad affrontare concretamente il tema drammatico del calo della natalità, con sostegni economici e strutture adeguate. A livello provinciale proponiamo un tavolo permanente per la famiglia, al quale partecipino associazioni e istituzioni, con l’obiettivo di coordinare le politiche locali volte ad aiutare le famiglie per sostenere la natalità”.

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