Corna Imagna capitale della pietra a secco: da tutta Italia per studiarla, oltre la tradizione

Obiettivo di questi incontri formare la figura dell’artigiano della pietra a secco e far tornare poi questo sapere anche agli abitanti. Ma ITLA Italia vuole andare oltre la tradizione e studiare la costruzione a secco anche dal punto di vista ingegneristico.
15 Aprile 2022

Si è conclusa la tre giorni di incontro operativo organizzato dalla Scuola Italiana della Pietra a secco ITLA Italia in collaborazione con il Comune di Corna Imagna, GAL Valle Brembana e il relativo progetto P-ART Una pietra sopra l’altra: cornice dell’evento la località Ca’ Berizzi di Corna Imagna, dall’8 al 10 aprile. A spiegarci meglio questa realtà è Tommaso Saggiorato, artigianato formatore di ITLA. “International Terraced Landscapes Alliance è un’associazione nata dieci nani fa come network per persone che con varie competenze si occupano di paesaggi terrazzati: è un’associazione internazionale e noi siamo il network italiano.

All’interno di questo – continua Saggiorato – si è sviluppato un gruppo di lavoro che si è proposto, in ottica nazionale e internazionale, di costituire la Scuola italiana della pietra a secco. È un gruppo di lavoro che cerca di formare la figura dell’artigiano della pietra a secco. Un bisogno che emerge sempre di più, sottolinea Saggiorato. “La domanda cresce in merito a questa tecnica, visti i limiti che abbiamo constatato riguardo le altre tecniche costruttive come quelle in cemento”.

Un’attività che, al contrario di quanto si possa pensare, ha bisogno di aggiornamenti costanti. “Questi artigiani si danno appuntamento in incontri a cadenza regolare per formarsi e arrivare allo stesso livello, non solo nell’ottica della costruzione ma anche della trasmissione del sapere costruttivo: vogliamo che questo sapere torni tra gli abitanti e diventi anche un nuovo mercato del lavoro, per la conservazione del paesaggio. All’interno del nostro gruppo ci sono anche tecnici, con connubi di competenza che si sono attuati in sessioni di lavoro dedicate alle tecniche costruttive”. Il personale, spiega Saggiorato, scarseggia: “Attualmente non c’è la manodopera per intervenire sulle opere già esistenti, dunque con questi incontri formiamo le persone, abbiamo redatto le regole dell’arte essenziali per costruire e riparare mura di contenimento, perché è questa l’urgenza del momento”.

Per quanto possa sembrare un ambito tradizionale e fissato al passato, la realtà è diversa. “Visto dall’interno è un mondo diverso – precisa Saggiorato –: per ridare dignità a questa tecnica ancestrale proponiamo una tecnica costruttiva che sappia costruire muri ingegneristici: è il nostro obiettivo in quanto gruppo di artigiani formatori, dato che al momento mancano in Italia le norme tecniche. Formare vuole perciò dire dare la possibilità ai costruttori storici di lavorare, seguendo le regole essenziali e con la sicurezza che il lavoro svolto sia conveniente rispetto ad altre metodologie e dunque possano fare parte del mondo delle professioni edili”.

Ecco allora il desiderio di avere regole più precise. “Abbiamo condotto sessioni di lavoro con un ingegnere appositamente per questo motivo, ci confronteremo con questa tematica perché in Italia si studi la costruzione a secco dal punto di vista dell’ingegneria, come si fa in Francia e in Svizzera. All’interno del gruppo ci sono costruttori che vogliono diventare artigiani della pietra, per costruire muri stabili: serve soprattutto – specifica Saggiorato  – per dare credibilità e non rimanere in un ambito tradizionale”.

Chi ripone grande fiducia e interesse in questa tecnica è Giacomo Invernizzi, primo cittadino di Corna Imagna: “Per il nostro territorio ha valore grandissimo, già da alcuni anni abbiamo avvitato in modo sperimentale questo recupero della tecnica a secco con alcuni corsi. Nella nostra zona abbiamo tantissimi terrazzamenti che sono una parte del paesaggio, in particolare il versante nord di Rota d’Imagna, Berbenno, Corna Imagna: sono i Comuni che ne hanno di più. Ci si sofferma sui muri soprattutto nell’ottica di un processo di rigenerazione del territorio, principalmente quello di montagna, vogliamo recuperare il paesaggio storico rurale. È una tecnica che è stata abbandonata, soppiantata da costruzioni in cemento, che semplificavano e garantivano maggior solidità strutturale, ma non è così scontato perché i muri secco hanno resistito per secoli”.

Per recuperare questa antica sapienza occorre affidarsi alle mani degli esperti. “Il problema è che si persa la pratica, dunque il lavoro di queste tre giornate è stato passare da un livello amatoriale a uno che permetta di padroneggiare elementi tecnici e scientifici, per rispondere ad alcune esigenze di tipo edilizio come sicurezza, solidità, capacità di reggere determinati carichi eccetera – spiega Invernizzi -. In questo modo la pratica può tornare ad essere svolta avendo tutti i criteri del caso. È una pratica che già è integrata in un paesaggio bello, ma ci sono anche elementi innovativi per quanto riguarda la sostenibilità, perché i materiali sono recuperati in loco, non si inquina, è sostenibile per la biodiversità, permette di mantenere tutte le forme di vita che vivono questi luoghi”. Non solo: “I muri a secco sono sostenibili anche dal punto di vista del dissesto idrogeologico, fanno filtrare l’acqua e danno solidità al terreno. A noi interessano questi incontri perché dalla prossima estate ci sarà un corso per realizzare i muri a secco, grazie a una collaborazione tra il GAL Valle Brembana, Itlas e il nostro Comune: per noi l’ambizione è diventare un punto di riferimento per la diffusione e l’insegnamento di queste tecniche”.

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Commenti:
  1. Buongiorno, il mio nome è Casu Giovanni Ignazio, vivo a Siniscola prov. di Nuoro. Ho la passione di leggere libri di tutto quello che mi ispira sul momento, se entro in qualche libreria non esco senza aver comprato un libro. Giorni scorsi sono entrato in una libreria per acquistare un libro per mia figlia per un concorso, ho trovato il tomo per lei e mi è capitato tra le mani “pietra su pietra” di Donatella Demurtas.
    L’ho letto con passione e ho notato che vi sono delle associazioni, delle scuole e delle competizioni fra squadre di diverse regioni e anche di altre nazioni, trovo tutto questo positivo per un lavoro quasi emarginato.
    Da giovane ho lavorato tanti anni nel settore dell’edilizia, dalle fondazioni con la costruzione delle gabbie del ferro, muri perimetrali in mattoni o blocchi in cemento, solaio, muri interni in laterizio, , tracce per l’impianto elettrico e idraulico, intonaco, pavimenti ecc. ecc. la pietra non l’ho mai usata. Siccome vivo in campagna e il terreno dove è insita la casa ha una buona pendenza, il terreno circostante non lo posso coltivare. Con L’isolamento del covid ho provato a realizzare qualche terrazzo con le pietre del luogo, devo dire che ce differenza dal murare blocchi in cemento e mettere insieme pietre e tutto un altro mestiere anche se ad oggi ho fatto già 50/60 m lineari di muro, in alcuni tratti anche 2 metri di altezza, però non ho ancora l’occhio tridimensionale e la sicurezza del fare, a volte per posizionare una pietra devo faticare dove metterla definitivamente.
    Un caro saluto a tutti

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