Coronavirus, Gallera ”over 65 più possibile in casa”. Contro la paura il call center di ATS Bergamo

L'assessore al Welfare chiede ai cittadini sopra i 65 anni di rimanere in casa ed evitare il più possibile le socializzazioni. Intanto, al call center dell'Ats di Bergamo, le chiamate sono centinaia.
2 Marzo 2020

È in vigore, dalla mezzanotte di oggi, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, condiviso a livello istituzionale e con il Comitato Scientifico, che fissa le disposizioni per i prossimi sette giorni su tutto il territorio nazionale e nello specifico delle tre Regioni maggiormente coinvolte nell'emergenza sanitaria delle ultime settimane. Fra queste vi è anche la Lombardia e la provincia di Bergamo, indicata nell'attivazione di particolari misure cautelative.

La precauzione data a tutti i cittadini riguarda particolarmente la fascia d'età che parte dai 65 anni, a cui si chiede di ridurre il più possibile la socializzazione. Gli over 65, infatti “sono l'anello più vulnerabile della catena – come ha affermato l'assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera devono rimanere a domicilio e muoversi il meno possibile”. Come sottolineato dallo stesso assessore, le persone finora decedute hanno tutte più di 65 anni. “Il messaggio che oggi lanciamo loro è di rallentare i momenti di socializzazione – ha spiegato Gallera – Attiveremo tutte le iniziative possibili per far sì che queste persone non abbiano la necessità di uscire di casa”.

I telefoni dell'Ats di Bergamo, nel frattempo, non smettono di squillare. C'è chi chiede semplici informazioni, chi chiede aiuto spaventato dai sintomi e chi con il timore di aver contratto il virus perché a contatto con persone contagiate. “Una macchina impressionante” come la ha definita uno dei medici del call center, a Il Corriere. Un servizio che ha preso il via sabato 22 febbraio: i centralini dell'Areu scoppiano di telefonate, 250 mila con tempi di attesa fra i 30 ed i 50 minuti. L'Ats, chiamata in aiuto, allestisce sei postazioni, a cui inizialmente vengono smistati i numeri di persone di Codogno, al momento considerato “zona rossa”.

Tutto cambia quando i primi contagi arrivano a Bergamo: ora, al servizio dei cittadini (800.44.77.22), vi è una struttura a tre livelli di supporto, a cui arrivano fino a 440 telefonate, con 56 persone che lavorano su tre turni, dalle 8 alle 20. Il primo livello di supporto si trova al terzo piano di via Galliccioli, a cui risponde personale amministrativo formato con medici. È qui che si fermano il 30% delle telefonate di chi, con preoccupazione, chiede delle informazioni.

Il resto delle telefonate passa al secondo livello dove si trovano medici ed infermieri che, con domande precise, inquadrano la situazione del potenziale paziente confrontando i casi con l'elenco delle persone positive, per ricostruirne eventuali contatti o situazioni. “Se sono trascorsi più di 14 giorni, allora non c'è problema – ha affermato Alberto Zucchi, direttore del Servizio epidemiologico e coordinatore sanitario del call center – C'è più attenzione nel caso di sintomi compatibili, tenendo però contro che c'è la coda influenza ed una batteria di virus parainfluenzali. Così come se uno chiama dalla zona di Nembro stiamo più attenti rispetto a uno di Valbondione”.

Se il caso risulta sospetto, viene mandato al Dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria e quindi al terzo livello, in via Borgo Palazzo. Qui c'è sorveglianza attiva, domande approfondite ed indicazioni chiare: si ricostruiscono i contatti, si interroga sui sintomi con attenzione e si resta in contatto in caso di comparsa di altri sintomi. “Molti ci avvisano non per paura, ma per responsabilità – ha aggiunto Giancarlo Malchiodi, direttore di Medicina preventiva – Basterebbe non dare retta a tante stupidaggini che si sentono in giro e soprattutto seguire una serie di regole sulla distanza da tenere, su come starnutire eccetera: la trasmissione calerebbe in modo esponenziale”.

(Fonte immagine in evidenza: bergamo.corriere.it)

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