Dissesto idrogeologico, dal BIM 250 mila euro ogni anno “ma da alcuni sindaci poca attenzione”

Il presidente Carlo Personeni: "Le risorse ci sono, ma alcuni nostri sindaci prestano ancora poca attenzione alla prevenzione; serve più sensibilità in tal senso, più senso di responsabilità, visto che si parla di incolumità pubblica".
8 Dicembre 2022

L’ultima, ennesima vittima del dissesto idrogeologico, è l’isola di Ischia: colpita nello scorso fine settimana da eventi meteo estremi che hanno provocato frane e smottamenti, ma purtroppo anche 12 morti. Colpa del dissesto idrogeologico, che in Italia è una piaga annosa, la “perenne emergenza”, determinata da vari fattori: in primis, l’intrinseca natura geologica del territorio, fragile e instabile; quindi, l’inadeguata pianificazione urbanistica, con un ormai inarrestabile consumo di suolo, che spesso non ha tenuto in debita considerazione i rischi geologici.

“Il cosiddetto dissesto idrogeologico – spiega Carlo Personeni, presidente del Consorzio BIM fiumi Brembo e Serio e Lago di Como – deriva dall’insufficiente attenzione alla natura geologica, geomorfologica, idrogeologica e sismica del territorio negli strumenti di pianificazione finalizzati al governo dell’uso del suolo e alla mancata gestione del territorio. Ne consegue una serie di problematiche aperte nel campo della prevenzione del rischio idrogeologico. E qui il Consorzio BIM, che coinvolge 127 Comuni per lo più montani e quattro Comunità Montane, è da sempre attento a sostenere nelle valli e nei territori di montagna interventi di ripristino e risanamento del dissesto idrogeologico e di sistemazione di strade, sentieri, versanti, sponde fluviali e percorsi agro-silvo-pastorali, a seguito di frane ed esondazioni”.

L’Italia ha il 40% della sua superficie occupato da montagna (si arriva al 76%, considerando la collina). Inoltre, 3.524 Comuni sono montani e 652 parzialmente montani (complessivamente 4.176). E 7.902 Comuni italiani, quasi il 53% del totale, sono coinvolti dalle specifiche questioni montane, interessando quasi 15 milioni di abitanti. Ma c’è di più. Come riferisce Greenreport.it, l’Italia è il primo Paese europeo per superficie urbanizzata (2.100.000 ettari, pari al 7,11% del territorio) ad un ritmo di 2 metri quadrati al secondo (14 ettari al giorno), di cui il 16,7% è in aree ad elevato rischio alluvione ed il 5,2% a pericolo di frana. La Lombardia ha una superficie di circa 24.000 kmq, distinta in tre fasce: pianura 11.000 kmq, area collinare 3.000 kmq e area montana quasi 10.000 kmq. Quindi, quasi il 60% del territorio lombardo è situato in zona montana e collinare. Lo stesso dicasi per la provincia di Bergamo, che detiene un 64% di quota montuosa.

“Le “Terre Alte” sono le porzioni di territorio più fragili e, quindi, a rischio – continua il presidente Personeni – L’essere passati in pochi anni dai temporali alle bombe d’acqua, fino alle trombe d’aria ed ora agli uragani, accentua ancora di più l’inadeguatezza della nostra rete idraulica all’emergenza climatica, pregiudicando non poco lo sviluppo economico del Paese. Un territorio idrogeologicamente insicuro non incentiva gli investimenti per migliorare le condizioni di vita di chi abita in montagna. Quindi, è oltremodo necessario curare e mantenere in ordine il territorio con adeguati investimenti, per migliorare l’attrattività della montagna dal punto di vista della sicurezza. Il Consorzio BIM destina ogni anno a fondo perduto una media di 250.000 euro per interventi di risanamento e gestione idrogeologica e idraulica del territorio. Nello specifico, sono stati spesi 219.000 euro nel 2018, 215.000 euro nel 2019, 250.000 euro nel 2021 e 300.000 euro nel 2022: contributo unico o integrativo a quello regionale (la Regione Lombardia contribuisce con l’80%, il Consorzio integra il 20% per un massimo di 20.000 euro)”.

“Ovviamente, servono altre risorse, ben più consistenti, inserite in un vasto piano nazionale – aggiunge il presidente Personeni – Ben vengano i 2,5 miliardi di euro messi a terra dal Pnrr per la gestione del rischio di frane e alluvioni e per la riduzione del rischio idrogeologico, oltremodo necessari per contrastare la vulnerabilità del territorio, in particolare quello montano. Se poi a questi andassero aggiunti gli 8 miliardi di risorse proprie disponibili, il “tesoretto” crescerebbe notevolmente. Non a caso in Italia, negli ultimi dieci anni ci sono state quasi 90 dichiarazioni di stato d’emergenza, a causa delle frequenti calamità. Quasi sempre, però, sono interventi “tampone”, mentre servirebbero azioni preventive attraverso un ampio e capillare programma di interventi, sia strutturali, per ripristinare e mettere in sicurezza il territorio, riducendo il rischio residuo, sia non strutturali, focalizzati sul mantenimento del territorio, leggasi boschi, pascoli e prati, sul monitoraggio delle aree fragili e sulla prevenzione.

Ma c’è un grosso problema. Stante lo “storico” degli ultimi anni, i finanziamenti esistenti, messi a disposizione dallo Stato o dall’Unione Europea, finalizzati a contrastare il dissesto idrogeologico, raramente vengono utilizzati dalle singole amministrazioni locali. Queste fanno fatica, forse per mancanza di personale competente, ad elaborare piani organici e sistematici. Le risorse ci sono, ma alcuni nostri sindaci prestano ancora poca attenzione alla prevenzione; serve più sensibilità in tal senso, più senso di responsabilità, visto che si parla di incolumità pubblica”.

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