Carenza di personale sanitario in bergamasca, così i medici lavorano in più reparti

Diversi casi in bergamasca che, a causa di carenza di personale, vede personale medico lavorare in reparti e servizi non propri ma equipollenti.
16 Dicembre 2019

Da diverso tempo è stata avviata una discussione sul tema della carenza del personale sanitario nelle corsie degli ospedali e nei servizi sanitari del Paese. Sulla questione interviene oggi Roberto Rossi, segretario generale della FP-CGIL di Bergamo. Ecco di seguito le sue riflessioni.

“Parte del problema della carenza di personale nel nostro settore è riconducibile alle pesanti limitazioni alla possibilità di assumere da parte delle aziende pubbliche; su questo aspetto attendiamo che gli impegni del Governo si traducano in realtà e che si apra la possibilità di incrementare gli organici rispetto ai reali fabbisogni. Per quanto riguarda il personale medico la situazione è, invece, molto più complicata: oltre ai limiti alle assunzioni comuni alle altre figure, esiste una vera e propria emergenza dovuta alla carenza sul mercato del lavoro di tante delle diverse specialità mediche, incrementata in particolare negli ultimi anni dalla riapertura delle maglie previdenziali che hanno permesso a molti di accedere alla pensione.

Ci siamo più volte espressi sulla scelta di sviluppare un percorso nuovo che utilizzi in modo diverso gli specializzandi, ritenendo che sia certamente un positivo tentativo di tamponare l’emergenza ma che non può risolvere strutturalmente il problema. Occorre un tavolo istituzionale che preveda l’effettivo fabbisogno di medici e una conseguente organizzazione formativa, chiaramente in capo all’Università, che traduca la necessità in medici formati.

Nel frattempo, alle aziende sanitarie rimane l’incombenza di organizzarsi al meglio per evitare che i buchi di organico si traducano in cattivo servizio all’utenza, inteso sia sotto il profilo della qualità dei servizi resi, sia rispetto all’erogazione di prestazioni che non può produrre un ulteriore allungamento delle liste di attesa.

Anche sul territorio bergamasco stiamo assistendo a casi di questo genere, in particolare per sopperire alle carenze in pronto soccorso e assistiamo, nelle ultime settimane, a scelte organizzative che, se da un lato provano a risolvere alcuni dei problemi esposti, evidenziano dei limiti chiaramente imposti dalla normativa e, in particolare, il principio dell’equipollenza. I decreti ministeriale del 30 e 31 gennaio 1998 che indicano le equipollenze mediche sono piuttosto chiari e specificano quali specializzazioni mediche possono prestare attività in servizi e reparti diversi.

Recentemente una sentenza del Tribunale di Oristano (n. 292 del 18/10/2019) ha ben chiarito che non è possibile impiegare un medico in un servizio o reparto non previsto dalle tabelle di equipollenza. Il Giudice richiama anche la differenza tra specializzazioni affini ed equipollenti, chiarendo in modo inequivocabile che se l’Azienda intende coprire una carenza in uno specifico reparto deve servirsi di specializzati equipollenti e non semplicemente affini. La sentenza richiama anche, in ogni caso, il dovere dell’Azienda ad aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi qualora venga messa in atto una riorganizzazione che preveda l’utilizzo di personale medico in reparti e servizi non propri ma equipollenti.

Riteniamo che questa precisazione sia molto importante per evitare che un paziente possa essere trattato da un medico non in possesso della idonea specializzazione rispetto al problema di salute e, dunque, che sviluppi una tutela su un doppio fronte: quello del paziente che deve avere la garanzia di una prestazione erogata dal giusto professionista e quello del medico a cui va garantito il diritto di lavorare in tutta sicurezza, evitando il rischio di dover rispondere per eventuali errori, magari accusato di imperizia.

Riteniamo che a tutela di tutti non sia possibile bypassare questi principi e ci aspettiamo che le Direzioni aziendali assumano tutte le scelte utili ad evitare di incorrere in situazioni che, se da una parte tapperebbero le falle, dall’altra ne potrebbero aprire di ben peggiori, soprattutto in quelle situazioni dove oltre alla carenza di personale si accompagnano anche difficoltà strutturali, dettate per lo più da logiche di politica locale piuttosto che da valutazioni tecniche”.

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