Oriocenter non ci sta, il direttore: ”I controlli ci sono, perché paghiamo solo noi?”

Ruggero Pizzagalli, direttore di Oriocenter, sull'ordinanza di chiusura dei centri commerciali. ''I controlli ci sono sempre stati, perciò ci domandiamo: perché solo noi?''.
21 Ottobre 2020

Ci domandiamo solo una cosa: perché noi? O meglio, perché solo noi?”. Queste le parole di Ruggero Pizzagalli, direttore di Oriocenter, sull'eventuale ordinanza regionale che vedrebbe chiusi i centri commerciali e le medie e grandi aree commerciali il sabato e la domenica. Una misura che andrà ad aggiungersi presumibilmente in giornata a quella già firmata poche ore fa, che impone invece un coprifuoco dalle 23 alle 5 del mattino.

Pizzagalli è deciso: “Abbiamo preso da subito ogni precauzione possibile e anche di più: e allora perché chiudere i centri commerciali? Qui il controllo c'è, è un posto sicuro, sui bus e sulle metropolitane chi lo fa? Il risultato è semplice, le aziende muoiono e un sacco di persone, penso ai rinforzi per il weekend, resteranno a casa. Attenzione, non discuto la salute, è una nostra priorità, ma perché colpire solo noi? E i negozi del centro allora? Ripeto, i centri commerciali sono si-cu-ri: il problema non è chiudere, ma controllare. Se Milano ha problemi seri, e li ha, non possiamo chiudere tutti. Siamo già in ginocchio”.

Il rischio è la chiusura di centinaia di punti vendita con conseguenze per migliaia di lavoratori, come sottolineato da Oscar Fusini, direttore di Ascom. Una posizione condivisa anche da Alessandro Colletta, sindaco di Orio al Serio, che definisce lo scenario tragico, anzi “di più, un'ecatombe. Strutture come Oriocenter sono in un momento di grande difficoltà e sono fondamentali per il tessuto economico e lavorativo del nostro territorio: una chiusura nei fine settimana rischia di metterle in ginocchio. Sono un sindaco e quindi ho la responsabilità della salute pubblica, ma so bene anche come questa sia garantita all'interno di quegli spazi dove in questi mesi sono state seguite tutte le normative di sicurezza possibili”.

Una nuova chiusura, ha commentato il presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali Roberto Zoia, “metterebbe definitivamente in ginocchio un importante numero di attività commerciali in affanno ormai da mesi, generando una situazione drammatica dal punto di vista occupazionale. La Lombardia presenta almeno il 20% dei circa 140 miliardi di euro di fatturato che l'intero settore dei centri commerciali realizza annualmente, dando lavoro a 783 mila persone”. Il pensiero “critico” più condiviso riguarda, in ogni caso, la chiusura generalizzata di tutta la Lombardia anziché di singole aree circoscritte.

Non può pagare tutta la Lombardia per Milano – ha attaccato Oscar Fusini – La pandemia non si risolve chiudendo solo il commercio. Qui c'è un pregiudizio che vede commercio e turismo settori di serie B anche se danno lavoro a migliaia di persone”. La richiesta è precisa: nei territori che mantengono un basso numero di contagi – come la Bergamasca in questo momento – si possa continuare a lavorare. “Chiediamo di agire sul rispetto delle regole e non sulla paura di non essere capaci di farle rispettare” è il commento di Fusini.

Il clima generale rileva, quindi, che la misura non sia stata accolta con entusiasmo da tutti, suscitando perplessità anche all'interno della stessa maggioranza. “Ci sembra – hanno dichiarato Daniela Santanché e Riccardo De Corato, rispettivamente segretaria regionale e capodelegazione di Fratelli d'Italia – che si stia seguendo troppo da vicino quelle linee guida già espresse dal Governo, che noi abbiamo criticato e considerato poco utili. Così come ci sembra che non sia stato adeguatamente trattato quello che noi riteniamo uno dei nodi più importanti da sciogliere: il trasporto pubblico”.

(Fonte: L'Eco di Bergamo)

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