Lana di pecora, da rifiuto speciale a risorsa: “Serve una filiera per valorizzarla”

La lana delle 8 milioni di pecore italiane, utilizzate più per fini caseari e produzione di carne che di tessitura, è pressoché inutilizzata e smaltita con conseguenze pericolose per l’ambiente.
31 Gennaio 2023

E’ urgente recuperare la filiera della lana, dalla tosatura, al lavaggio fino al suo riutilizzo e fermare un probabile inquinamento che deriva dalla distruzione della lana, spesso bruciata o smaltita nei campi. È questo l’allarme lanciato il 31 gennaio a Gandino (BG) a “Tramando S’innova” incontro teso a promuovere il percorso di trasformazione della lana da rifiuto speciale a risorsa, finanziato da Regione Lombardia e Regione Sardegna mediante fondi PSR (programmi sviluppo rurale) per la cooperazione tra GAL.

La lana rappresenta un’urgenza ambientale reale sui cui è vivo il confronto tra Gal Barigadu-Guilcer (capofila), Gal Valle Seriana e dei Laghi Bergamaschi, Gal Quattro Parchi Lecco-Brianza, Agenzia Lane d’Italia e CNR IBE (Istituto per la Bioeconomia, Consiglio Nazionale delle Ricerche) partner del progetto, con il patrocinio delle Comunità Montana Valle Seriana | Comunità Montana Laghi Bergamaschi.

In Italia, la lana di 8 milioni di pecore, allevate più per fini caseari e produzione di carne che di tessitura, è pressoché inutilizzata. Gli allevatori non sanno come utilizzare la lana sucida, ‘sporca’ appena tosata e che deve ancora essere sottoposta a lavaggio, a causa della mancanza di centri di lavaggio di piccoli e medi quantitativi. Alcuni provano a conservarla mentre altri sono costretti a smaltirla e a pagare per farlo. Il motivo? La normativa considera la lana sucida come un rifiuto speciale e, senza la disponibilità di un impianto di lavaggio, il teorico circuito virtuoso della gestione lana è interrotto.

01 Scatto relatori DIDA 1 - La Voce delle Valli

Eppure, la lana sucida una volta lavata presenta importanti punti di forza: ha buone caratteristiche tecniche e il suo utilizzo permetterebbe di costruire una filiera interamente tracciabile sul territorio nazionale. Solo le regioni del Nord contano 460mila capi ovini che producono circa 1.380 tonnellate di lana. In Lombardia sono censiti 116.300 capi, di cui 78 mila sono allevati da pastori vaganti. Secondo i dati di Coldiretti Bergamo, la provincia di Bergamo con poco più di 40.500 capi ne alleva il maggior numero a livello regionale, per un totale di 1.145 allevamenti di ovini. Di questi, 332 allevamenti per 37.547 capi sono per la produzione da carne, 6 allevamenti per 284 capi sono per la produzione di latte, 807 allevamenti per l’auto-consumo. Numeri importanti che dovrebbero essere sfruttati al meglio per far ripartire il settore lanaiolo italiano.

La valorizzazione della lana di pecora 100% italiana è l’obiettivo del Gal Val Seriana e Laghi Bergamaschi, che, in sinergia con i partner nazionali, ha messo a punto il progetto «Tramando s’innova» in dialogo con altre realtà specializzate come l’Agenzia Lane d’Italia, che con “Woolscape” https://www.woolscape.it/ sta promuovendo il rapporto virtuoso tra l’attività produttiva tessile e il patrimonio culturale e paesaggistico e dall’altro sta mappando il percorso laniero regione per regione ricostruendo l’identità della lana italiana.

Un’attenzione testimoniata anche da Regione Lombardia attraverso il Tavolo a cui siedono GAL, associazioni di categoria e esperti di settore che insieme cercano di trovare risorse, energie e nuove condivisioni di progetti col fine ultimo di far ripartire il lavaggio da tempo ormai inesistente. “La lana è una risorsa economica ma porta con sé valori e cultura. Ridare vita alla lana significa sostenere i territori e chi se ne prende cura, in primis i pastori. Regione Lombardia è conscia del valore, non solo economico, della lana e ha intenzione di continuare a stimolare e sostenere il riavvio delle filiere della lana locale, in chiave di sostenibilità economica, ambientale, culturale e sociale” – afferma Francesco Brignone della Direzione Generale Agricoltura Regione Lombardia. Un obiettivo condiviso da Gandino che, in prima linea, si sta impegnando attivamente per la riapertura di un lavaggio che non solo possa servire la zona, ma che sia anche testimonianza di conoscenza, esperienza e simbolo di competenze lavorative territoriali di un mestiere, come il lavaggio della lana, che diversamente andrebbero perse. Nel corso della mattinata di studi sono state raccontate significative esperienze lanaiole italiane. Tra queste la rete Pro Patrimonio Montano PatriMont, Brebey, società cooperativa sarda creata nel 2012 che produce pannelli a base di lana di pecora, il Distretto Produttivo Laniero Siciliano con sede a Cammarata (AG) nel cuore dei Monti Sicani, ma anche Mariantonia Urru Tessuti e Tappeti Sardi e l’Associazione Coda di Lana della Valcamonica.

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