Le guerre dei Celti capitolo 6

Romanzo storico che ha l'intento di narrare la storia del nostro territorio facendola rientrare nella Grande Storia, nel periodo delle guerre puniche.
4 Aprile 2020

Sesta puntata del racconto “Le guerre dei Celti”. Un piccolo romanzo storico che ha l'intento di narrare la storia del nostro territorio facendola rientrare nella Grande Storia. Come già fatto con le guerre persiane anche con questi racconti celtici andremo a raccontare le guerre puniche per parlare dei Celti che hanno abitato e vissuto sul nostro territorio, lasciando il segno della loro cultura. 

 (PER LEGGERE CAPITOLI PRECEDENTI: capitolo 1 – capitolo 2 – capitolo 3 – capitolo 4 – capitolo 5)

CAPITOLO 6 – Celti e Galli contro Roma

Riprendendo dalla precedente puntata… – Rispose il vegliardo Belenos :“ La lunga vita e la veneranda età, che gli dei della terra , del cielo e delle acque , e Teu-tàte che li governa, mi hanno dato , ebbe a che fare con gli i eventi che generazioni a me vicine e la mia vissero, e che vi ho narrato come visioni di sogni e di speranze di libertà e di pace che non ebbero esito, se non l’avranno ora nelle attese che la presente vostra giovane età promette ed anela “ .

–“Venerando e saggio druido Belenos- intervenne Sead ligure di stirpe apuana e compagno d’armi del giovane Lug- tali e uguali sono le tue parole a quelle che a me rivolse, ed ai miei compagni , l’anziano del villaggio per congedo e per sua consolazione dicendoci : “ Noi anziani coltivammo visioni… che siano per voi giovani i vostri sogni ! Or dunque che le vostre visioni divengano i nostri sogni!”.

La grotta- santuario del saggio druido ai piedi del “Monte di creste coronato “

E tutti si apprestarono per la partenza verso l’uscita dalla grande grotta- santuario onorata dal culto del venerato druido Belenos, conoscitore dei segreti che la Natura Vivente esprime nei quattro suoi elementi sole, terra , acqua ed aria , e divinatore pure dei segreti destini degli uomini; raccolto ai piedi della “ Grande stalattite” il drappello di compagni che Lug suo nipote e principe celta e Sead ,ligure di stirpe apuana, avevano radunato, mercenari e guerrieri per la guerra con Annibale, volle il saggio vegliardo , con animo assorto e sguardo ammirevole, salutare ognuno, riservando al nipote un gesto composto e misterioso . Erano custoditi in un antro di risvolto della gotta i segni sacri del culto, le situle di bronzo , le verghe di rame , il tripode di ferro,il bastone rabdomantico di legno nocciuolo , le coppelle di pietra e di ocra e il disco a semiluna di antico rasoio bronzeo inciso del segno sacro dell’ascia bipenne, ben custodito , questo, al santuario come dono di mitico eroe di antica civiltà: un appiglio vi aveva forgiato a torciglio un abile fabbro, e con intento benaugurale all’impresa l’anziano druido lo compose al torqueo collare del giovane guerriero celta suo nipote : ne fu fiero Lug come pegno di protezione e di buon ritorno per sé e per la piccola compagnia di guerrieri e mercenari .

Lasciarono il villaggio sulle pendici del “ Monte di creste coronato ” , che protegge sui transiti del nord la conca della verde valle che distende di quel monte le falde e le convalli in duplice abbraccio di orlo e di contorno proteso sulle piramidi dei due monti contrapposti dell’Ubio e del Linzo , due balconi di visione sulla pianura vasta di Lemine antico, alti propilei della porta di entrata a quella valle che versa in Clanis le sue acque con la sua foce serena nel fiume Imbro .

Guerrieri celtici dalla “Città sul monte”

Si ricongiunsero in Duno, posto fortificato con muro celtico, che il padre di Lug Boido ,regolo gallico, reggeva e comandava, ad altri armati che lo stesso suo padre aveva condotto dalla valle alta dell’Imbro terra di uomini forti e gente di montagna, forgiatori di metalli e di armi ; nella “Città sul monte” si raggruppavano schiere celtiche, orobiche e galliche per raggiungere l’esercito di Annibale che era già oltre l’Appennino . Fu contento Lug di congiungersi al padre Boido condottiero di guerrieri e capo stimato nella “Città sul monte”,luogo di ritrovo di genti celtiche richiamate alla libertà ed alle armi dal liberatore Annibale .

Principi dei Boi e degli Insubri dopo la vittoria della Trebbia , già nell’inverno terribile delle pianure coperte di neve inviarono all’accampamento cartaginese vettovaglie ed abiti,legna, foraggio cavalli e bestiame da macello,ed ora a primavera la convocazione gallica dell’esercito forniva all’impresa armi e guerrieri , cavalli e cavalieri , soldati e mercenari . Il popolo dei celti aveva ripreso la sua lotta .” Solo pochi anni prima Roma aveva sconfitto i celti transpadani : le città divennero campi arati, i villaggi bruciarono,uomini e donne, vecchi bambini vennero massacrati a migliaia .Roma iniziò a costruire strade militari e fortezze ,prese ostaggi fra i sopravissuti , depredò bestiame e proprietà, sparse truppe in tutto il paese .Mai più disse il Senato romano , dopo questa terribile punizione ,un celta oserà di nuovo sollevare il capo contro Roma”. L’arrivo di Annibale risollevò le sorti ed ora la nazione dei Celti era di nuovo in marcia .

-Sead,- disse all’amico Lug il giovane guerriero celtico- siamo di nuovo nella nostra avventura di armi e di guerra e, a capo del nostro drappello, sono orgoglioso di aver un ruolo nelle compagnie che mio padre Boido ha radunato in questa “ Città sul monte “ per raggiungere Annibale già oltre l’Appennino –

– Amico Lug , rispose Sead ligure di stirpe apuana amico e compagno d’armi- ritorneremo ancora da Annibale con seguito di alleati e guerrieri , rivedremo l’esercito cartaginese ora dislocato presso i Liguri forse non lontano dalla mia gente e dalla mia terra apuana.

– “ Sì o giovani guerrieri,- sorprese il loro discorso Boido conduttore di armati – riprendiamo la strada contro la prepotenza di Roma ; già sei anni orsono i Galli Boi su queste terre trattarono la resa , ma i romani non rispettarono i patti, anzi , approfittando della loro superiorità, decisero di attaccare i celti nel loro territorio; sotto il comando di Gaio Flaminio,lo stesso che spogliò i galli Senoni della loro terra assegnando l’”ager gallicus” ai plebei romani, i romani risalirono al Po con stragi e distruzioni e due anni dopo, assediata la celtica Acerrae posta tra i fiumi Sarius e Abdua, a Clastidium , città dei liguri Anamari, furono sconfitti i Galli Insubri e presa la loro città di Medheland . Sa bene di questi eventi ,l’amico qui con me Galato ,regolo celtico profugo da Acerrae riparato nella nostra “ Città sul monte “ed ora qui con noi con i suoi in armi” .

– “ Giovani guerrieri- intervenne Galato di Acerrae- con animo pieno di passione conduco e comando profughi Senoni e guerrieri Insubri e Boi a questa guerra con l’intento di vendicare la distruzione della mia terra posta tra i meandri del Sarius e dell’Abdua. Nel nostro cammino per congiungerci ad Annibale passeremo da Acerrae città di insubri e orobi , già angariata da Cremona colonia romana, e passeremo da Clastidium oppido e forte presidio, resistente alle armi ma non alla tentazione del denaro , ora per venale acquisto ricco bottino e riserva cartaginese, ma già campo di battaglia che vide soccombere Virdumaro re degli insubri , ucciso e spogliato delle sue ricche insegne per trofeo romano; ma voi di quegli eventi dovete aver presente i nomi infausti di Marcello e di Scipione e più di altri il nome di Flaminio infame persecutore e nemico della nazione gallica.“

L’inverno di Annibale

Erano accampati ai piedi della “Città sul monte “ e continuò il suo discorso Galato raccontando di come lui ed i suoi uomini avevano tenuto i collegamenti con l’esercito cartaginese nei rifornimenti in quel terribile inverno con grande quantità di neve, i fiumi gonfi al disgelo con inondazioni di campi e di pascoli, con lento trasporto su vie paludose di grano, di cereali , di fieno e di provviste per uomini e per animali in giorni di umido e di freddo. Venti elefanti morirono nei primi giorni per malattie e freddo, ferite riportate e umidità del foraggio, e così moltissimi cavalli numìdi. Con i suoi guerrieri ed altre guide galliche, lui Galato sempre era stato con l’armata punica quando, già ai primi incerti segni di primavera, Annibale era partito dai quartieri d’inverno e aveva tentato di condurre l’esercito in Etruria con l’intenzione di attirare dalla su parte, o per amore o per forza, anche quelle popolazioni come aveva fatto coi Galli e coi Liguri. Mentre attraversava ‘Appennino Annibale fu colto da una tempesta così violenta da superare quasi gli orrori delle Alpi . La pioggia mista a raffiche di vento sbattendo in facci ai soldati ,dapprima li costrinse a sostare ..e… non permettendo poi il vento di respirare, voltando le spalle alle raffiche per un po’ stettero fermi …. il cielo rimbombò di tuoni mentre fra orrendi fragori guizzavano i lampi alla fine in mezzo ad un diluvio che accresceva ancor più la violenza del vento i Cartaginesi ritennero opportuno porre l’accampamento in quello stesso luogo ,,,Seguì poi un freddo intenso … perirono molti soldati e molti animali ,fra questi altri sei elefanti di quelli scampati alla battaglia del fiume Trebbia . Proseguì il suo narrare Galato , capo dei celti profughi da Acerrae distrutta, rievocando come coi suoi armati seguì Annibale che, ridisceso dall’Appennino, si fermò accampato più indietro verso Piacenza, a circa 10 miglia oltre la città; di là condusse contro il nemico 12 mila fanti e 5.000 cavalieri uscendo con manovra di sortita dal suo accampamento, ingaggiando “ una battaglia che sarebbe stata la più violenta e la più famosa per il disastro che avrebbero subito entrambe le parti, se la notte non avesse posto fine al combattimento cominciato al mattino dai romani sulla piana fra i due accampamenti. Fu maggiore l’asprezza con cui si combatté che la strage di 600 fanti e 300 cavalieri che in ognuna delle due parti si conteggiò; i romani persero parecchi dell’ordine equestre e 5 tribuni militari e 3 prefetti degli alleati. “Dopo quella battaglia Annibale si ritirò vero il paese dei Liguri e Sempronio invece a Lucca” ; ad Annibale avviato verso le popolazioni liguri furono da queste consegnati due tribuni dei soldati e degli ostaggi romani catturati come prova sicura della pace ed alleanza con loro” . E dal quartiere d’inverno Annibale a chiedere alleanze e guerrieri aveva inviato anche Galato, principe gallico, presso le sue genti nella transpadania degli Insubri e degli Orobi e per questo appunto ora lui li radunava sotto il suo comando dalle città e dai villaggi .

Con il grande condottiero per la guerra contro Roma

Quando l’inverno giunse alla fine erano vivi ancora otto elefanti , tra cui Siro. Il campo si stava riempiendo di soldati celti del cui inquadramento e addestramento Annibale stesso si occupò, mentre i suoi sottostrateghi attaccavano con piccole truppe le fortezze romane ,sorvegliavano le strade militari e razziavano campagne non alleate o infide. I celti “ che la speranza di saccheggio e di preda aveva eccitato , dopo che videro che invece di fare essi stessi bottino, saccheggiando i campi altrui, erano costretti a subire nelle loro terre la guerra e l’oppressione di ambedue gli eserciti acquartierati, rivolgevano l’astio che avevano contro i romani contro i punici e Annibale stesso , oggetto di assalti insidiosi da parte dei capi dei Celti, era stato poi salvato dalla malafede reciproca degli stessi capi difendendosi dalle insidie . I principi Galli chiesero insistentemente ad Annibale di avanzare vero sud per attaccare direttamente Roma” .

In Iberia settentrionale i due fratelli Scipione conducevano la guerra ed Annone ,lasciato da Annibale al comando dei territori al nord dell’Ebro, aveva avventatamente dato battaglia a Cissa perdendo tutta l’Iberia del nord,tutti i depositi di provviste e la città di Cissa, “dove il bottino raccolto nella città fu di cose di poco valore,suppellettili barbariche e roba da schiavi mentre gli alloggiamenti arricchirono i soldati,essendo rimasto di qua dei Pirenei, oltre al materiale dell’esercito sconfitto, ma anche quasi tutti gli oggetti preziosi con le salmerie lasciate dall’esercito che militava con Annibale in Italia” .

Difficile si presentò la situazione per Annibale al pensiero che i due fratelli Scipione dall’Iberia settentrionale avrebbero varcato l’Ebro conquistando a sud l’Iberia cartaginese; non sarebbero più giunti rinforzi o soccorsi da quella parte e ,da grande condottiero, fece la scelta decisiva di dirigersi a sud, puntando sull’alleanza dei Galli e dei Liguri, per andare contro Roma e separare i suoi alleati e vassalli recandosi nei loro territori . I romani controllavano l’Appennino da mare a mare ,da Ariminum colonia romana e da Pisa colonia Obsequiens e quando i due eserciti consolari che insieme contavano 70.000 uomini si diressero verso l’Italia settentrionale per attaccare di sorpresa Punici e Celti, con decisione strategica Annibale levò il campo a primavera inoltrata e mosse dai quartieri d’inverno per attraversare l’Appennino verso l’Etruria, su altra strada dal tentativo precedente, nel territorio dei Mugelli, su un passo difficile e ritenuto impossibile perché ripido e molto paludoso dal villaggio etrusco di Pistoria ,su un percorso, lungo un affluente dell’Arno, verso Fiesole,. “Degli elefanti il penultimo morì dopo aver varcato il micidiale passo; soltanto Siro sembrava non venir scalfito da nulla”.

– E’ quello cartaginese un grande esercito, ma più grande è il suo stratega e comandante Annibale che lo conduce contro Roma – insisteva a dire Galato, regolo insubro, alle schiere celtiche ed alle compagnie galliche di armati e cavalieri , raccolte con Boido, capo orobico , nella Transpadania dai monti e dal piano, ed ora in marcia dalla “Città sul monte “ e da Acerrae e dall’Insubria per congiungersi, con speranza di ricchezza e di libertà, oltre l’Appennino, all’armata punica di Annibale. – “lo abbiamo conosciuto vincitore sulle Api , al Ticino ed alla Trebbia “- confermavano e testimoniavano Lug il giovane guerriero e l’amico Sead, ligure di stirpe apuana, che ora ritornava alla sua terra guidando una compagnia di armati sui passi liguri del Trebbia del Taro e del Magra .

Passarono nell’Apuania ligure e superarono Lucca celtica ed a Pistoria si congiunsero all’esercito di Annibale la grande e varia armata di popoli e nazioni nemici di Roma, dai Galli ai Liguri ai Punici , dagli Iberici ai Numidi ai Mauri ,e costatarono quello che si diceva di Annibale della sua capacità ed abilità nel tenere insieme soldati di diversi popoli, soldati che lui stesso addestrava e riconosceva e che in lui si riconoscevano .

Galato accolto da Annibale con riconoscenza e doni presentò il regolo Boido come capo degli armati orobici, celti e liguri , da congiungere alle schiere dei fanti e dei cavalieri sotto il comando dei principi degli Insubri e dei Boi e ,dato l’ interesse manifesto da parte di Annibale per conoscere i suoi soldati, tanto da impararne le lingue , gli armati gli furono presentati con onore ; riconobbe con orgoglio e riconoscimento Il giovane Lug ed il ligure Sead già guide e uomini di scorta del regolo Magalo sulle Alpi e nelle battaglie e negli accampamenti ed ora di ritorno con raccolta di alleanze e di milizie e riammessi al suo seguito pronti per la grande impresa.

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