Gianni Baroni, l’ultimo custode del borgo di Sussia: “Spero ci sarà qualcuno dopo di me”

Giovanni Baroni, conosciuto dai sanpellegrinesi e non solo come "Gianni", è l'unico residente (ufficiale) nel borgo di Sussia, circondato dalla natura e dalla fauna selvatica del luogo.
3 Settembre 2022

Giovanni Baroni, conosciuto dai sanpellegrinesi e non solo come “Gianni“, è l’unico residente (ufficiale) nel borgo di Sussia, circondato dalla natura e dalla fauna selvatica del luogo. Recentemente vi abbiamo parlato di Sussia e dell’Associazione che da anni si prefigge di tutelare e salvaguardare l’antica frazione. Come vi abbiamo raccontato, oggi residente lassù, nella più alta ed antica frazione del Comune di San Pellegrino Terme, è rimasto ufficialmente soltanto Giovanni Baroni.

Classe 1950, Gianni è forse il personaggio più caratteristico del territorio; molto conosciuto dagli escursionisti che percorrono i sentieri che salgono a Sussia e da lì si diramano verso il Monte Zucco con il Rifugio del GESP (Gruppo Escursionisti San Pellegrino), verso il Pizzo Cerro dove si trova il Rifugio Lupi di Brembilla, ma anche verso le frazioni di Vettarola, Cà Boffelli, Ronco ed Alino. Giovanni è ben conosciuto anche in paese a fondovalle dove ha lavorato come operaio alla Sanpellegrino dai suoi diciannove anni fino alla pensione.

Ma torniamo lassù, in Sussia, nella casa sopra la chiesa dove Gianni è nato. In passato Sussia era abitata da molte famiglie ed in quella che oggi è la sua casa è nato e cresciuto anche il suo antenato Antonio Baroni, famosa Guida Alpina del CAI. Da piccolo Gianni viveva lassù con il papà Michele (conosciuto come Michelù), la mamma Caterina Tassis, due sorelle e alcuni zii paterni che poi, sposandosi, sono scesi a valle o si sono trasferiti altrove. Oggi, invece, la grande casa è tutta sua: non si è mai sposato e non ha nemmeno voluti trasferirsi altrove per restare nella sua casa natale.

Le giornate, da sempre, sono state ricche di impegni per tutti i componenti della famiglia  perché in montagna qualche cosa da fare la si trova sempre; se poi pensiamo che  molte comodità non c’erano, ed alcune non ci sono ancora oggi,  possiamo immaginare meglio alcune fatiche. Gli chiediamo quali animali avessero e lui, con il suo immancabile sorriso ci risponde: “Avevamo mucche, pecore, galline, conigli  e  “fradei”, ma poi con il passare degli anni siamo rimasti solo io e i miei due fradei ed oggi “al ’n è restat noma ü”.

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Gianni con i suoi asini in una foto d’antan

Parla spesso in bergamasco ed un’amica presente alla nostra intervista ride nel veder che non abbiamo ben capito il significato della sua frase: a Gianni piace scherzare sulla particolare amicizia e somiglianza dell’uomo con gli asini che considera fratelli e ridendo si considera prima uno di loro e poi sottolinea come, di asino, lassù sia rimasto solo lui.

Lassù la corrente elettrica è arrivata soltanto agli inizi degli anni settanta, l’acqua corrente non c’è ancora, si recupera l’acqua piovana dal tetto per le maggiori necessità ma l’acqua potabile si va,  con taniche e secchi, a prenderla alla sorgente a circa duecento metri da casa. 

Anche la strada, sterrata, è arrivata fino a casa solo da qualche anno, prima si scendeva sempre e solo a piedi, con lo zaino o con asini e muli; quando è stato assunto in fabbrica come operaio doveva arrivare a piedi fino al paese perché per aver la patente e quindi un’auto da utilizzare dalla Località Vetta (che da qualche anno era stata collegata con la strada al paese) ha dovuto attendere la maggior età che allora era a 21 anni.

Giovanni Baroni Sussia - La Voce delle Valli

Ripensando agli anni passati, sorride e ci racconta di come la vita fosse più sincera, più condivisa, forse anche più bella perché si era più giovani, poi ammette: “Oggi è davvero più comoda rispetto ad allora, oggi si può contare anche sull’aiuto della lavatrice (ride ndr)”. Ora è in pensione, ma non c’è giorno che non passi a lavorare in compagnia dei suoi inseparabili cani Tobia e Lucilla, ci sono i sentieri da tener puliti, la legna da tagliare, i prati da falciare, galline, conigli e capretti da sfamare, l’orto da seguire; si alza presto la mattina, lavora bene da solo, ma confessa che quando si occupa della montagna in compagnia e con l’aiuto di altri volontari ed amici il lavoro è più redditizio ed è più contento. 

La solitudine e la malinconia? “Non mi vedo vivere a fondovalle, ogni tanto scendo in paese a trovare gli amici e a far due parole all’osteria, ma poi ritorno su, nella mia casa, dove  amici e parenti passano spesso a trovarmi”. Cosa si augura per il futuro? “Per prima cosa la salute, solo con quella si mi potrò ancora occupare dell’ambiente che mi circonda, preservare l’habitat degli animali (non è raro incontrare caprioli, tassi e volpi nei dintorni ndr). Spero di non esser l’ultimo custode e che Sussia possa restare in vita e non diventi l’ennesimo bosco abbandonato“. 

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La casa di Giovanni Baroni a Sussia

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