Può un incontro fortuito portare una persona a 500 chilometri da casa, in un paese straniero in cui si parla una lingua del tutto sconosciuto? Sì, l’amore può questo e altro. La storia di Giulio Pesenti inizia così: dalle montagne brembane alla Baviera il passo è più corto di quanto ci si possa immaginare. “Sono originario di Serina, classe ’72, ma vivo in Germania da 25 anni, per una scelta che è stata un caso. Facevo parte del Movimento dei Focolari e ho partecipato ad un incontro nella zona di Firenze, ho fatto due settimane di vendemmia e ho conosciuto mia moglie, una ragazza tedesca che lavorava lì. Dopo una settimana, sono andato a trovarla in Baviera. Correva l’anno 1996: il posto mi è piaciuto, anche non sapevo nulla della lingua, ho studiato inglese e francese ma non riuscivo a comunicare bene”. L’ostacolo della lingua non è troppo alto per Giulio, che decide di rilanciare la propria carriera universitaria.
“In Italia avevo fatto il liceo e poi mi ero iscritto a Giurisprudenza, ho pure frequentato un anno vocazionale a Bergamo, pensando anche di intraprendere la strada dei voti. Dopo un anno, ho voluto lasciare: in Germania ho partecipato a un corso statale di tedesco, per parlare e capirsi con le informazioni di base, poi un mese di tedesco al Goethe di Francoforte: mia moglie parla italiano, ma concentrandomi sulla lingua avrei evitato gli errori più comuni. Nel ’97 ci siamo sposati e ho cominciato a frequentare la scuola di fisioterapia in Germania, all’inizio era difficile, mi piaceva il lavoro ma tornavo a casa col mal di testa, dovevo tradurre tutto”. L’ambito sanitario calza a pennello per Giulio, che mette radici in Germania.
“Gli studi sono andati bene, intanto mia moglie lavorava e nel ’99 abbiamo avuto il nostro primo figlio, Fabio, ho lavorato un anno in Baviera del Nord ma volevo specializzarmi sui bambini - spiega Giulio - così ho iniziato una specializzazione a Genova, per un anno e mezzo, lavorando in Germania: il corso durava magari una settimana in Liguria, poi lavoravo in Baviera. Nel 2001 abbiamo avuto un altro figlio, Lucas, poi nel 2004 una figlia, Giulia. Intanto ho trovato lavoro come caporeparto di fisioterapia in un ospedale, sono restato lì fino al 2018, quando mi sono messo in proprio. Ora ho uno studio indipendente, lavoro sempre sulla mia specializzazione, trattando bambini prematuri che vengono dimessi dall’ospedale, in Germania c’è una grande rete di sostegno per loro, la fisioterapia è pagata dalla Mutua statale, dunque può venire chiunque ne abbia bisogno”.
Se il cambio di Paese è stato una casualità, Giulio può dire di aver sempre seguito il cuore. “Pensavamo anche di tornare in Italia, magari a Serina: io ho fatto Giurisprudenza perché mio padre mi ha indirizzato lì, ma la passione era per la fisioterapia e ho visto che i colleghi in Italia non se la passavano benissimo, chi voleva fare quel lavoro non era molto aiutato, mentre in Germania le strutture erano organizzate meglio, avevo la tranquillità di avere mia moglie a casa con 4 figli e avere una sicurezza economica, quando ero dipendente in ospedale lo stipendio era molto meglio del corrispettivo italiano”. Una garanzia a cui è difficile rinunciare.
“A livello di lavoro ho l’impressione che in Italia siamo molto più duttili, i tedeschi non si adattano così facilmente, lavorano ma sono molto più rigorosi nel loro settore, fanno fatica ad avere variazioni, noi italiani riusciamo a pensare in modi che per i tedeschi non sono possibili”. Una rigidezza maggiore ma anche una maggior sicurezza. “A livello di famiglia c’è un sostegno molto più importante - racconta il nostro - ti danno 200 euro al mese per ogni figlio, anche se i miei hanno 20 e più anni, questa è una cosa che aiuta tanto, economicamente mi ha dato grande tranquillità. Qua mi sento più sicuro e sostenuto, in Italia non percepisco questa cosa, adesso posso lavorare solo io, ma non è una scelta che si può fare sempre”. Le origini, ovviamente, hanno sempre un richiamo.
“Io sento i miei familiari in Italia, che comunque mi manca, le radici sono le radici, anche l’immagine dell’italiano all’estero è cambiata, per fortuna siamo andati oltre i classici stereotipi. Il clima qua è buono, d’estate fa caldo ma non si soffre particolarmente, quello che manca qua al Nord è la luce, da ottobre a febbraio spesso non c’è il sole, oltre le Alpi ti accorgi che la luce è diversa, le ore di sole sono ridotte, comunque anche a Serina la situazione era simile; chi viene dal Sud Italia magari farebbe molta più fatica”.
Non solo l’ambiente: Giulio nota grandi differenze anche nel sistema scolastico. “La scuola è molto diversa rispetto a quella italiana: tutti i miei figli sono bravi a scuola fortunatamente, ma se si hanno difficoltà di apprendimento iniziano a selezionare. In Italia la vita è più facile, qua c’è pressione già dalla prima elementare, i bambini arrivano che sanno già leggere e scrivere, per alcuni c’è più pressione e non credo sia un vantaggio, le persone sono molto impostate sul sapere. Mio figlio faceva il liceo, la classe era indietro in matematica, abbiamo fatto un incontro tra insegnanti e genitori e tantissimi mandavano i propri figli a ripetizioni: io ho proposto di allentare la pressione sui ragazzi, magari alleggerendo loro il carico. Mi hanno guardato come se venissi da Marte, il pensiero di non mantenere il programma scolastico era sconvolgente per loro, sicuramente qua c’è più tensione”.
La vicinanza dell’Italia, in ogni caso, permette a Giulio di poter pensare a un nuovo modo di vivere per il futuro. “Io ho due pensieri in testa, poi non so che direzione prenderanno. Mia figlia vorrebbe diventare fisioterapista e avrà il mio studio. Io invece vorrei fare due o tre mesi in Italia e poi spostarmi, magari durante l’inverno, l’idea è di potermi muovere come voglio. Non so se sarà fattibile, ma mi alleggerirebbe la scelta, il passaggio in macchina non è lungo, sono 500 chilometri, è come andare da Serina a Roma: diciamo che mi sento molto meno straniero, in futuro vorrei poter girare tra Germania e Italia, ma ho anche amici in Spagna: chissà”.