La grande scena di battaglia tra cavalieri riscoperta a Santa Brigida

L’affresco è stato recuperato in tempi piuttosto recenti dal Comune di Santa Brigida, dopo uno strappo avvenuto in epoca imprecisata all’interno di una delle più antiche case-torri del paese, in un locale oggi non più riconoscibile.
29 Marzo 2022

Articolo estratto da “Quaderni Brembani n.20” e scritto da Giovanni Valagussa. 

L’affresco è stato recuperato in tempi piuttosto recenti dal Comune di Santa Brigida, dopo uno strappo avvenuto in epoca imprecisata all’interno di una delle più antiche case-torri del paese, in un locale oggi non più riconoscibile. Dallo stesso edificio e forse dallo stesso ambiente all’interno dell’edificio (non si conoscono purtroppo foto precedenti allo strappo) proviene anche un altro affresco staccato, con la Madonna con il Bambino tra sant’Antonio abate e un altro Santo, che pure è stato acquisito dal Comune e collocato nello stesso ambiente della Biblioteca civica.

La scena di battaglia è di grandi dimensioni e doveva ornare la sala principale di quella che possiamo immaginare come una piccola residenza signorile, sia pure molto periferica. Non è facile spiegare una decorazione pittorica di questo impegno in una sede di montagna così appartata, a meno di non supporre che qui vi fosse una guarnigione di qualche rilievo, in una sorta di piccolo castello, forse in ragione della posizione strategica sulle vie di collegamento tra Bergamo, il lago di Lecco e la Valtellina.

Si tratta comunque di una pittura assai rara, perché decorazioni profane di questo tipo sono state distrutte molto più spesso di quanto non sia avvenuto negli edifici sacri. Sappiamo che erano presenti nella maggior parte dei castelli e delle sedi signorili, ma poche ne sono sopravvissute. Questo la rende particolarmente importante come testimonianza di una significativa presenza di decorazioni pittoriche in edifici laici, e dunque meritevole della massima cura per la conservazione e lo studio. L’episodio rappresentato deve esserci giunto sostanzialmente completo nelle sue proporzioni, inquadrato sopra e sotto da fasce decorative che ne delimitano lo spazio.

Lungo il margine superiore le parti mancanti potrebbero far intuire la presenza delle travi di un soffitto ligneo. Anche in lunghezza la scena non doveva presentare probabilmente altri sviluppi poiché riconosciamo bene due gruppi di cavalieri, tra loro compatti e conclusi, che si affrontano nella zona centrale, giusto alla metà dell’affresco. L’impostazione della scena è grandiosa e presenta due drappelli piuttosto numerosi, circa otto cavalieri per parte, che vengono rappresentati di profilo, tutti in sella ai rispettivi destrieri, mentre si dirigono uno contro l’altro. Tutti i cavalieri sono coperti da armature di colore grigio scuro, cioè di ferro, che sono però visibilmente diverse tra un gruppo e l’altro, soprattutto per gli elmi: più aperti per il gruppo a destra, simili al tipo detto barbuta; più chiusi e massicci per il gruppo a sinistra. Alcuni dei cavalieri imbracciano lunghe lance e i due alla testa dei rispettivi gruppi le stanno incrociando proprio al centro della scena, mentre quelli più indietro le tengono ancora in verticale preparandosi allo scontro. Nel gruppo a destra si vede in secondo piano un cavaliere senza elmo che suona una lunga tromba dalla quale pende uno stendardo, mentre nel gruppo a sinistra appare un personaggio ben diverso da tutti gli altri: un giovane dai morbidi capelli biondi, senza elmo, che guarda direttamente verso di noi e che pare quasi scortato o difeso dai suoi, come se fosse un protagonista di particolare riguardo; d’altronde anche la particolare corazza che è dorata, invece che grigia, ne sottolinea un ruolo più aristocratico.

Purtroppo nessuna insegna ci aiuta a riconoscere i casati dei personaggi e non si vedono scudi, stendardi o gualdrappe dei cavalli che possano dare indizi in questo senso. È notevole però la descrizione piuttosto curata dei dettagli delle armature e anche l’efficacia nella resa dello slancio dei cavalli che sollevano le zampe anteriori, galoppando, un gruppo contro l’altro. L’ignoto pittore dimostra dunque una buona accuratezza descrittiva, che si avvale di un tratto preciso del disegno ma che non è accompagnata però da altrettanta conoscenza della prospettiva: infatti i cavalieri e i cavalli vengono disposti in sequenza con qualche fatica nello spazio, schiacciandosi uno sull’altro senza riuscire a occupare un preciso spazio tridimensionale. Questa concezione ancora gotica della rappresentazione più per sovrapposizione di elementi che non realmente in prospettiva è confermata anche dalla curiosa soluzione adottata per la superficie dello sfondo, che non presenta alcun tipo di paesaggio ed è al contrario decorata con rosette stilizzate come se fosse un tendaggio.

Una percezione bidimensionale acuita dai larghi bordi decorativi che sopra e sotto – come si diceva – delimitano il campo della scena, dando l’effetto, quasi certamente involontario, che lo scontro avvenga davanti alla parete ornata di un recinto da torneo. Si conoscono un buon numero di precedenti della descrizione di uno scontro tra cavalieri, con attestazioni che risalgono addirittura al secondo Duecento. Ad esempio, troviamo molte illustrazioni di questo tipo in uno dei codici del ‘romanzo arturiano’ scritto da Rustichello da Pisa (il Codice 1463 della Bibliothèque Nationale di Parigi, databile agli anni settanta/ottanta del Duecento; pubblicato in fac-simile nel 1994).

Con un linguaggio evidentemente più arcaico l’illustratore del codice presenta scontri tra cavalieri che sono un buon antefatto del nostro. Altre simili raffigurazioni si trovano in codici miniati trecenteschi, anche se spesso più cariche di colori e con maggiori elementi ornamentali come gualdrappe o stendardi. Un altro celebre caso di rappresentazione di battaglia, anche questa ispirata al ciclo arturiano, si trova nei celebri affreschi di Pisanello nel Palazzo Ducale di Mantova. La grande sequenza incredibilmente movimentata e di straordinaria qualità esecutiva è qui più difficilmente confrontabile con il nostro affresco, ma meritano di essere sottolineate alcune analogie importanti che sembra di poter cogliere nella forma delle armature – ad esempio nei grandi snodi rotondi sulle spalle o sui gomiti – e degli elmi chiusi, o celate. Ma soprattutto nella particolare forma delle selle, rialzate davanti e dietro e quasi avvolgenti, utili a trattenere il cavaliere nel momento dello scontro violento con le lance.  […] Stilisticamente l’opera trovata a Santa Brigida sembra paragonabile all’artista quattrocentesco più noto in Val Brembana, ovvero Pietro Asinelli.

Di lui conosciamo diversi affreschi nel portico della antica Chiesa plebana di Santa Brigida, e anche, come proponevo di recente (I Baschenis, una famiglia di frescanti dalla Valle Averara alle valli trentine, Atti del convegno, Bergamo 2021) ad Averara. La sua attività si può collocare appena dopo il 1431 (data dell’incoronazione dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo a Milano) quando per un breve periodo si diffondono immagini dipinte di San Sigismondo in area lombarda, come quella da lui affrescata nel portico della chiesa di Santa Brigida,
e i primi anni quaranta.

Benché più modesto per qualità, il pittore della battaglia potrebbe aver lavorato non molti anni più tardi; e dobbiamo tener presente anche lo stato di conservazione molto compromesso e danneggiato da rifacimenti del nostro affresco. Qualche analogia significativa sul piano stilistico si coglie bene nel tratto sottile di contorno che imposta i lineamenti, nella grafia mossa dei capelli, nell’impostazione espressiva dello sguardo. Elementi stilistici che fanno pensare a come, ovviamente, l’anonimo pittore della Battaglia avesse osservato con cura le opere di Pietro Asinelli e possa dunque essere considerato come un suo allievo: un ruolo che ne fa un significativo tramite in direzione delle opere più antiche che conosciamo degli artisti della famiglia Baschenis, a partire dalla seconda metà del Quattrocento.

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