In Belgio per amore, Davide Cortinovis: ''Qui sto bene, ma mi mancano le montagne''

Il ragazzo di Valsecca trapiantato a Bruxelles si racconta
14 Gennaio 2021

L’amore, secondo qualcuno, muove il sole e le stelle. In questo caso, si è limitato a qualcosa di più terreno, portando Davide Cortinovis dalla Valle Imagna alla multietnica Bruxelles.

“Io sono dell’87 e vengo da Valsecca. Ho fatto le superiori al Paleocapa, studiando elettrotecnica, poi per l’università volevo cambiare ambito”. Fino a qui, la storia di Davide è simile a quella di molti ragazzi come lui. “Avevo diverse opzioni tra i vari tipi di ingegneria, tutte al Politecnico di Milano: ingegneria biomedica, energetica o ambientale” racconta lui, che non sa spiegare il motivo della sua scelta: “alla fine ho optato per la prima, mi sembrava interessante, per fare qualcosa che magari fosse utile per gli altri. Ho frequentato il Politecnico per 5 anni, la è triennale basica, poi ho fatto la specializzazione in Biomeccanica e Biomateriali: si tratta di un ambito legato al mondo di protesi, valvole cardiache etc”.

Da questo momento, inizia un’esperienza lavorativa che si rivelerà decisiva per il futuro di Davide: “Ho lavorato per quasi due anni in Valtellina per un’azienda che produce materiale medico, nel frattempo però facevo già avanti e indietro dal Belgio per perché lì avevo la ragazza, anche lei italiana, stava facendo il dottorato a Genk. Per 3 anni siamo stati pendolari, grazie ai voli low-cost era facile vedersi nel fine settimana”.

 

Una situazione di certo non agevole, risolta, come si dice, prendendo due piccioni con una fava. “La mia azienda ha una sede in Belgio, poiché è una multinazionale, quindi mi sono fatto trasferire. Devo dire che mi sono mosso più per amore che per lavoro, ormai sono passati 5 anni. Nel frattempo, la mia ragazza è diventa mia moglie, abbiamo abitato a Genk per circa 3 anni, ora siamo a Bruxelles”.

Davide segue dunque un percorso simile a quello di sua sorella Gaia, già intervistata per questa rubrica, trasferitasi a Liegi proprio 5 anni fa. Sorprendentemente, quando si tratta di confrontare la situazione belga con quella italiana, Davide risponde in modo molto simile a quanto fatto dalla sorella.

“Un elemento positivo del Belgio? Credo sia la multiculturalità: qui è normale, forse in Italia un po’ meno, il Belgio è abituato da decenni a persone straniere, essendo un paese coloniale. A Bruxelles c’è un intero quartiere con popolazione di origine africana, ma ci sono anche molti italiani, ovviamente con l’avvento dell’Unione Europeo in città si trovano parecchie culture. È normale vedere sui citofoni cognomi stranieri, è difficile distinguere tra stranieri e locali”; non solo il melting pot: “Tra i punti di forza non posso non mettere il cioccolato!”.

Altri elementi, invece, portano un po’ di nostalgia verso il Belpaese: “Sicuramente dell’Italia mi manca il sole, qui ci sono spesso giornate un po’ grigie o piovose, mi manca il clima e i paesaggi. In Italia c’è di tutto, mare, montagna e colline, sempre bellissimi. Il Belgio, invece, è una nazione piccola e piuttosto omogenea, non c’è varietà da questo punto di vista e nemmeno da quello architettonico, non esiste quel mix che in Italia abbiamo e di cui non ci accorgiamo perché l’abbiamo sempre sotto gli occhi e ci siamo abituati, questo fatto mi manca un po’. A me poi piace la montagna, qui non nevica mai e non ci sono escursioni”.

Un’altra volta, una risposta simile a quella fornita da Gaia. Davide spiega però che l’essersi trasferiti entrambi in Belgio è stata una coincidenza. “Il fatto che viviamo entrambi qui è solo un caso, lei voleva specializzarsi professionalmente, io sono salito per amore. Per fortuna dei nostri genitori siamo partiti a poche settimane di distanza l’uno dall’altro: loro non si mai opposti, ogni volta che torniamo è una festa. Con la tecnologia è più facile stare in contatto, ma c’è sempre una certa distanza, fosse per loro saremmo sempre insieme”.

Gaia lavora in ospedale e ha visto da vicino la pandemia. Anche Davide è impegnato nel settore medico, ma per lui la situazione è stata diversa. “In realtà, la mia azienda è andata bene” racconta “è una multinazionale che si occupa di molti settori, in genere produciamo sacche riempite di soluzioni come flebo, sacche per nutrizioni artificiali o per la chirurgia. Io mi occupo di macchine per dialisi per terapie intensive, abbiamo avuto un incremento di vendite perché il virus intacca i reni e pazienti hanno bisogno di trattamenti appositi. Abbiamo sempre lavorato da casa, fin da marzo. Il lavoro non è mai mancato e anzi dobbiamo rincorrere il mercato, nella sfortuna siamo stati fortunati”.

L’ultima domanda riguarda le possibilità di rientro in Italia.L’idea di tornare c’è, ci piacerebbe. Vorremo capire come muoverci, entrambi lavoriamo qui, in Belgio si sta bene, ma resta comunque un’attrazione tornare al proprio Paese, come tutti gli emigranti. C’è da capire se esistono le condizioni lavorative adatte, occorre sempre valutare i pro e i contro: magari compensare uno stipendio più basso con uno stile di vita migliore. L’opzione è sul tavolo”.

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