“La musica ha un linguaggio universale: raggiunge grandi e piccini, ricchi e poveri, onesti e disonesti”. E quale mezzo migliore della musica per salutare i cari scomparsi, e tutte le vittime che il Covid si è portato via? È con questo pensiero in mente che il Coro Figli di Nessuno di San Giovanni Bianco ha deciso di dare il proprio contributo canoro in memoria di chi in questa lotta al virus ha perso la vita, dedicando a loro il toccante canto alpino “Signore delle cime”. Una performance, ovviamente, tutta virtuale diretta da Luca Arnoldi.
“Dopo aver visto video di altri cori, abbiamo provato a metterci in gioco anche noi – racconta Nicola Veronese, presidente del coro fin dalla sua istituzione nel 2007 – La scintilla è scattata quando abbiamo perso a causa del Covid “Bremby”, un nostro caro amico e sostenitore. Allora ci siamo detti: quale momento migliore di questo per omaggiare le vittime, con la canzone simbolo della preghiera degli alpini nei confronti di chi “va avanti”, come dicono loro”.
Nonostante qualche piccola difficoltà, i membri del Coro di San Giovanni hanno dato alla luce una performance evocativa e commovente, accompagnata dalle immagini delle “nostre” montagne e dalle parole di don Diego Ongaro, parroco del paese. “La difficoltà c'è stata, certo, ma questa è stata comunque una bella esperienza perché effettivamente ti rendi conto quanto sia importante cantare insieme agli altri – spiega il presidente Veronese – La canzone è molto evocativa in sé, il periodo è buio e tutti noi abbiamo un amico, un parente o un conoscente che purtroppo non ce l'ha fatta. Quando ascolti questo brano pensi inevitabilmente a qualcuno. Alla fine è difficile non commuoversi”.
Il video ha ben presto fatto il giro del web, raccogliendo in pochi giorni quasi 34 mila visualizzazioni, più di 350 condivisioni e quasi 600 like. Segno che il messaggio di ricordo e solidarietà che i coristi volevano trasmettere è arrivato, forte e chiaro. È il potere dei social e di internet, che ci rende uniti anche quando non possiamo vederci o incontrarci. “È una cosa incredibile – afferma Nicola – Per noi tutte quelle visualizzazioni sono una cosa che non avremmo mai immaginato. Effettivamente, registrando e poi riascoltando, mi è sembrato quasi di essere ancora lì, a cantare insieme ai miei amici alle prove. Eppure siamo ancora distanti e ancora non sappiamo quando potremo trovarci, né quando potremo tornare a fare concerti e portare i nostri canti fino in alta montagna, come facevamo ogni estate”.
Sono proprio le prove a mancare, quel momento di ritrovo settimanale dove i diciannove coristi, provenienti non solo dalla Valle Brembana ma anche dalla Val Serina, Val Taleggio e Almenno, potevano passare qualche ora di svago in compagnia coltivando la propria passione in comune. “Cantare insieme ci manca – confessa Nicola – In queste settimane, quasi ogni sera ho chiamato qualche corista per far sentire la mia vicinanza. Ci vedevamo tutti i venerdì sera per fare le prove e, sai, una cosa manca proprio quando non ce l'hai più. Manca quel contatto, quella cantata in compagnia”. Ogni tanto qualcuno portava cibo e da bere e le prove si trasformavano in un piccolo momento di festa. “Potevamo stare anche fino a mezzanotte a mangiare, bere e cantare. Per noi è molto più che un Coro: è un ritrovo e fra noi siamo molto uniti. Ed è bello così”.
La storia del Coro “Figli di Nessuno” parte ufficialmente nel 2007: da pochi membri, ben presto si è raggiunta la ventina di coristi. Oggi ne fanno parte diciannove – tutti uomini tranne una donna, Cristina – che con passione portano avanti la storia del Coro. “Siamo partiti in due – racconta il presidente – Io, quando ero militare, facevo parte del Coro della Brigata Alpina Tridentina. Terminato il servizio sono andato a lavorare nella ditta dove lavoro tuttora e in reparto c'era un signore, che cantava nel Fior di Monte di Zogno. Da cosa nasce cosa: inizialmente in pochi, siamo diventati sempre di più. Abbiamo così trovato un direttore e adottato il nome dalla canzone “Figli di Nessuno”, che fra le sue note recita: “liberi di poter cantare”. Ed è un po' anche la nostra filosofia, il canto è libero e ognuno può cantare ciò che vuole”.
“Ringrazio Alessandro Spada per averci aiutato a realizzare questo progetto e per le immagini aree, don Diego Ongaro per le meravigliose parole scritte per noi e Gianni Gritti, per le fotografie delle nostre montagne – conclude il presidente – Con questo nostro canto abbiamo voluto onorare tutti quelli che hanno perso la vita: speriamo di essere riusciti nel nostro intento”. E come scrive don Ongaro: “Lasciali andare. In terra i loro passi si sono fermati in modo inspiegabile e drammatico, in cielo continuano a camminare per accompagnare noi che li ricordiamo”.