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Vaccino italiano blocca il coronavirus nei topi, al Papa Giovanni si testano anticorpi dei pazienti guariti

A Bergamo si studia una nuova terapia che potrebbe essere un salvavita per i malati gravi da Covid-19. Lo studio è partito dall'ospedale Papa Giovanni XXIII che, con l'Istituto Mario Negri, sta sperimentando la terapia.
4 Maggio 2020

A Bergamo si studia una nuova terapia che potrebbe essere un salvavita per i malati gravi da Covid-19. Lo studio è partito dall'ospedale Papa Giovanni XXIII che, con l'Istituto Mario Negri, sta sperimentando la terapia: si tratterebbe di un “bombardamento” di anticorpi estratti dai pazienti già guariti in quei pazienti che si trovano invece in condizioni gravissime e senza alcuna risposta alle cure. La sperimentazione riguarda per ora 5 persone, ma lo studio punta a raggiungere un gruppo di 10 per fare poi un confronto con chi, per qualche motivo, non ha potuto ricevere lo stesso trattamento.

Una terapia che assomiglia a quella dell'infusione al plasma con anticorpi neutralizzanti avviata dall'Irccs San Matteo di Pavia con l'ospedale di Mantova e di Lodi, ma che di fatto è un passo in più. L'intuizione è arrivata dal dottor Piero Luigi Ruggenenti, direttore di Nefrologia e dialisi del Papa Giovanni, che con i suoi collaboratori ha deciso di sfruttare la tecnica sviluppata al Negri per curare la nefropatia membranosa, una malattia dei reni dovuta ad anticorpi che aggrediscono l'organo.

Hanno contribuito alla messa a punto della terapia anche Anna Falanga, direttore della Immunoematologia , e Luca Lorini, direttore Dipartimento Emergenza urgenza e Area critica, insieme ai ricercatori del Negri, in particolare Miriam Galbussera, Marina Noris, Luca Perego e Ariela Benigni, segretario scientifico del Negri e coordinatore delle ricerche a Bergamo.

Tutto è nato da una tecnica sviluppata al Negri per curare la nefropatia membranosa – ha spiegato Giuseppe Remuzzi, direttore del Negri, a L'Eco di BergamoL’obiettivo era in questo caso di non far formare anticorpi dannosi, per cui era stato introdotto un farmaco. Ma volevamo anche togliere gli anticorpi dannosi che si erano già formati, e quindi, grazie alla collaborazione di Mauro Atti, che lavora in “Aferetica”, è stata messa a punto una macchina che li toglie dal sangue. Esplosa la pandemia, abbiamo provato ad applicare questa tecnica ai malati di Covid: si va oltre il plasma, perché si toglie ai donatori solo gli anticorpi specifici e neutralizzanti contro il Covid e si fornisce ai riceventi solo quelli e non altri che potrebbero essere anche dannosi. È un bel passo avanti: forse in questo momento l’infusione di anticorpi neutralizzanti è la cosa più sicura che abbiamo per i malati gravi”.

Come funziona il procedimento? L'estrazione, indolore, dura circa due ore. Una cannula preleva il sangue e lo passa attraverso lo strumento, che lo restituisce poi privato degli anticorpi che vengono bloccati da un particolare filtro. Dopo la loro estrazione, la sacca con gli anticorpi viene portata al Centro trasfusionale del Papa Giovanni dove viene testata per controllare la presenza di eventuali virus e viene poi congelata a -80°, “in attesa che ci sia il paziente con il gruppo sanguigno compatibile con il donatore – ha precisato Anna Falanga – Fino a quando non ci sarà un vaccino, questa terapia è da tenere in seria considerazione perché i risultati finora sono davvero promettenti”.

È ancora presto per chiamarla “soluzione”, ma sicuramente si tratta di un passo avanti non indifferente. “Se i risultati dimostreranno l'efficacia del nostro studio sugli anticorpi neutralizzanti è importante che anche questo venga messo a disposizione di tutti – ha aggiunto Remuzzi – In questo momento di lotta alla pandemia, infine, bisogna riflettere sull’importanza della ricerca, che sa dirci sempre qualcosa: pensiamo al nostro studio sull’infusione per gli anticorpi, è stato messo a punto per la nefropatia membranosa e trova applicazione per qualcosa d’altro che nessuno avrebbe mai potuto immaginare”.

Prosegue nel frattempo la corsa al vaccino e in Italia iniziano ad emergere alcuni risultati promettenti: un vaccino italiano messo a punto dall'azienda Takis e sperimentato sui topi avrebbe infatti bloccato il Covid-19. Ad indicarlo i test eseguiti nel laboratorio di Virologia dell'Istituto Spallanzani di Roma, annunciato dall'amministratore delegato Luigi Aurisicchio. Nonostante il risultato sia al livello più avanzato di sperimentazione, i test sull'uomo sono previsti dopo l'estate.

Grazie alle competenze dello Spallanzani, per quanto ne sappiamo, siamo i primi al mondo ad aver dimostrato la neutralizzazione del coronavirus da parte di un vaccino. Ci aspettiamo che questo accada anche nell'uomo – ha spiegato Aurisicchio – Stiamo anche esplorando altre interessanti piattaforme tecnologiche in collaborazione con la LineaRx, un'azienda americana. Noi ce la stiamo mettendo tutta perché un vaccino che nasce dalla ricerca italiana, con una tecnologia tutta italiana e innovativa, venga sperimentato in Italia e messo a disposizione di tutti. Per fare questo abbiamo bisogno del supporto delle istituzioni e di partner che ci aiutino ad accelerare il processo: questa non è una gara e insieme possiamo vincere tutti contro il coronavirus”.

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