La ‘Margì’, il settebello e l’asso di bastoni: viaggio nella storia delle carte bergamasche

Un viaggio nella storia delle carte bergamasche, fra le sue numerose curiosità.
25 Luglio 2019

I giochi di carte, in bergamasca, sono considerati un po’ come uno “sport provinciale”. Quanti genitori, nel corso del tempo, hanno insegnato ai figli a giocare e quanti, una volta cresciuti, lo hanno insegnato ai propri. Ma le vere e indiscusse protagoniste delle serate al bar di paese e delle cene di famiglia non sono le partite a briscola, a scopa o a “cotècc”, bensì le carte – bergamasche, ovviamente.

Ma quanti conoscono le particolarità e la storia di questi mazzi? Partiamo dal principio: alle carte bergamasche è solitamente associato un nome, che ha fatto la storia. È quello di “Masenghini”, la storica azienda bergamasca una volta sita in via Moroni e dal 2003 passata alla trevigiana Dal Negro, che tutt’oggi produce queste carte nella loro caratteristica confezione rossa.

La storia della Masenghini ha inizio più di un secolo fa, nel 1876 con Pietro Masenghini, all’interno di una piccola bottega di città. Una modesta fabbrica di carte, che nel 1918 è stata acquistata da Romolo Lombardini, che purtroppo lasciò molto presto la sua famiglia. I figli Adriano e Scipione, “il signore delle carte” scomparso da qualche anno all’età di 93 anni, riuscirono a realizzare quella che divenne poi la grande azienda che diede il marchio caratteristico alle nostre carte da gioco bergamasche.

Nonostante la fabbrica sia stata creata nel 1876, le carte hanno origini più antiche: si pensa infatti che derivino dai tarocchi lombardi del XIV e XV secolo, ovvero fra il 1300 ed il 1500. Ai giorni nostri, un mazzo è composto da 40 carte – sono quindi di stile “italiano”, differenziandosi da quelle “francesi” a 52 carte – con figure a due teste, di misura 50 x 94 mm. Impiegate, come detto in precedenza, nel gioco della briscola, del “cotècc” e della scopa, assomigliano molto alle carte piacentine poiché presentano le figure del fante, del cavallo e del re tagliate in due e specchiate.

Fra spade, bastoni, coppe e ori dai toni rossi, blu e gialli si nascondono diverse curiosità: ad esempio, i denari sono chiamati “ori” e sono di colore rosso e nero. Tutti gli assi presentano delle figure particolari, come quello di ori che è raffigurato come un grande cerchio giallo ed arancione. Sull’asso di bastoni si può trovare invece il motto “VINCERAI” su nastro rosso: un’espressione odiata da molti, poiché si dice porti sfortuna.

L’asso di spade sfoggia una corona circondata da fiori rossi, che crescono rampicanti dall’elsa della spada, mentre in quello di coppe, analogalmente alle carte trentine e bresciane, è presente una forma a fontana che si ispira all’emblema araldico della famosa famiglia Sforza del XIV secolo, su cui poggia un putto bendato che sta per scoccare una freccia dalla sua balestra.

Osservando invece il quattro di spade, si noterà che al suo interno emerge la piccola figura di una donna detta in dialetto “la Margì”, a cui è dedicato un omonimo gioco tipicamente bergamasco. Di notevole importanza poi, per gli amanti della scopa, il settebello, l’utilissima e fortunata carta che permette al giocatore di ottenere un punto. Infine, nel mazzo sono spesso presenti 4 carte supplementari, delle quali 2 portano stampati i numeri dall’1 all’8 e due dall’1 al 10, utilizzate come segnapunti.

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