Spezzati dal tempo, i Tre Faggi proseguono il loro insegnamento: continuiamo ad ammirarli

Sostiamo al cospetto di questi grandi alberi secolari, ammirandone il declino e l’inarrestabile rovina, accogliendo con gratitudine una consolazione che viene ad abitare nel profondo del nostro animo.
17 Ottobre 2024

La località Tre Faggi è un luogo simbolo della Valle Imagna, una meta che prende il nome da una presenza misteriosa e antica, un punto di sosta e di passaggio che abbraccia idealmente la cima del Monte Resegone alla Corna Marcia. Una posizione suggestiva ed evocativa, in bilico tra cielo e terra, tra le creste del Resegone, bagnate dalle acque cristalline dell’oceano celeste, e i luoghi della Resistenza, di antichi conflitti, di terreni imbevuti del sangue dei combattenti.

I tre alberi monumentali, oggi piegati e spezzati dalla falce impietosa del tempo, esercitano da secoli una funzione di controllo e di monito, uno sguardo severo e benigno sulle genti passate e presenti, su paesi, frazioni, borghi e contrade. Sentinelle inerpicate, mediante radici stanche e logorate, a 1.393 metri sul livello del mare, creature viventi e senzienti di tolkeniana memoria. La leggenda li vuole maghi trasformati in imponenti alberi, vegliardi provenienti da un mondo ancestrale, retaggi di culture e popoli figli di epoche dedite al paganesimo.

La forma elegante, persino maestosa, rivestita con cura da foglia ovata e sinuosamente accarezzata da una corteccia liscia e grigiastra, che per lungo tempo ne ha caratterizzato la fisionomia, ne ha favorito una devota e intergenerazionale frequentazione, da parte di curiosi e appassionati, di escursionisti o semplici residenti, tanto per divertimento quanto per mestiere e necessità.

Dolmen e santuari edificati da una mano invisibile, da un’intelligenza altra, prove tangibili di un’artigiana maestria che precede e accompagna il vissuto dell’uomo: dalla natura procede una bellezza e una sapienza da riscoprire, da custodire e indagare con umiltà e servizio.

Una feconda contraddizione, una mistica terrena, un senso che sfugge offrendosi al viandante, un’esperienza di odori e colori, di pensieri e saperi. La prossimità e la vicinanza degli alberi al grazioso “altare dedicato alla Madonna, racchiuso in un curioso recinto di “dolmen” che ricorda architetture celtiche” (A. Corna, Il periplo della Valle Imagna in “I sentieri Storici Bergamaschi”, Edizioni Villadiseriane, 2022) sembrano alludere a un senso profondo, a un desiderio di unità e di sintesi, in grado di creare occasioni di convergenza tra le differenti istanze del naturale e del culturale, dell’ambiente e dell’antropico, riscoprendoci creature e figli di un’immanenza e di una storia pervase da un bisogno di assoluto.

A quella spinta verso l’alto, a quell’entusiastico protendersi verticalmente verso l’ignoto e il sogno, si accompagnano inevitabilmente, tanto per la natura quanto per l’umano, il piegarsi e il confrontarsi quotidiani con la dura e concreta realtà, con le condizioni possibili del vivere e dell’agire. L’esistenza dell’uomo è segnata da orizzontalità e verticalità varie, attraversata da infinite rette, da momenti di crescita e da fragorose cadute: sostiamo, quindi, al cospetto di questi grandi alberi secolari, ammirandone il declino e l’inarrestabile rovina, accogliendo con gratitudine una consolazione che viene ad abitare nel profondo del nostro animo.

tre faggi - La Voce delle Valli

Foto: Marta Sibella via Instagram

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Commenti:
  1. Buona sera, segnalo una imprecisione. l’altare della madonna non è circondato da Dolmen ma bensì da stazioni della vis crucis.

  2. luogo stupendo e panoramico.
    Ma i “dolmen” attorno all’altare sono davvero orribili.
    La natura dà regali stupendi, a volte guastati dal genio umano.

  3. Mai sentita in 60 anni che frequento la località la leggenda dei maghi. Ho anche indagato tra gli anziani di Fuipiano ed è una invenzione di qualche anno fa. E poi basta con la storia dei dolmen e dei celti: sono i pilastrini di una Via Crucis edificata in epoca moderna e si sa bene da chi voluti e realizzati. Perché dobbiamo sempre svendere cultura e tradizioni locali in nome di un richiamo più accattivante? Difendiamo la Valle, la sua storia, la cultura e le tradizioni. Saluto cordialmente.

    1. Ci sono leggende, ma non celtiche. Tramandate in bergamasco nei decenni dagli anziani del paese.
      Mia nonna raccontava di un nobile a cavallo con una sciarpa bianca condannato a vagare per Pra Langone nelle notti di tormenta.
      La sua famiglia aveva pascoli lì, di storie ne raccontava tante.
      Ogni tanto, è vero, soprattutto quando piove tanto, sono luoghi che ricordi l’Irlanda.

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