Tuffo nella memoria alla parrocchiale di Moio de’ Calvi: è tornato il “Paviù”. Ma cos’è?

In occasione delle recenti festività natalizie la chiesa parrocchiale di San Mattia Apostolo di Moio de’ Calvi (in Alta Val Brembana) ha presentato una particolare novità, che per molti anziani […]
9 Gennaio 2022

In occasione delle recenti festività natalizie la chiesa parrocchiale di San Mattia Apostolo di Moio de’ Calvi (in Alta Val Brembana) ha presentato una particolare novità, che per molti anziani è stata un vero e proprio tuffo nella memoria.

Grazie all’impegno di alcuni volontari coordinati dal parroco don Andrea Mazzoleni, è stato infatti installato in chiesa l’antico “Paviù”, il grande telo in stoffa pregiata che un tempo veniva issato sopra l’altare maggiore in occasione delle ricorrenze più importanti. L’enorme drappo, che ha una superficie di alcune decine di metri quadrati, è stato issato dopo decenni alle spalle dell’altare maggiore, al centro dell’abside.

La chiesa intitolata a San Mattia fu edificata nel XV secolo in località detta Cantoni e consacrata il 17 agosto 1494. La chiesa fu visitata da san Carlo Borromeo arcivescovo di Milano nell’autunno del 1575. Nei primi anni del Seicento la chiesa fu restaurata e decorata con i nuovi affreschi della navata e del presbiterio che coprirono quelli più antichi.

Nel 1941 il vescovo di Bergamo Adriano Bernareggi, dopo ulteriori lavori di ampliamento succedutisi nei secoli, consacrò nuovamente la chiesa intitolandola a San Mattia Apostolo. Il “Paviù” (secondo alcuni traducibile come postergale eucaristico) è finemente decorato con ricami floreali ed è sorretto da una corona argentea prestata dalla vicina parrocchia di Valnegra, che i volontari hanno pure recuperato con lavoro certosino.

Le ultime installazioni in chiesa risalgono con tutta probabilità a più di mezzo secolo fa, documentate per esempio nella foto di un matrimonio celebrato a Moio nel 1963. L’esposizione ha consentito di rilevare anche un dettaglio importante: una dicitura ricamata vicino all’orlo in cui i ricorda come il “Paviù” fu donato nel 1825 da “Gio Batta Quondam Riccardo Calvi”. Un utile spunto per risalire alla storia di un prezioso arredo tornato al pieno splendore.

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