La carenza di medici di base si fa sentire, non solo nelle nostre valli Brembana e Imagna ma in tutta la regione. Una vera emergenza sanitaria, di difficile risoluzione soprattutto in un contesto di pandemia. Per arginare il problema, ecco la proposta di Letizia Moratti, assessore al Welfare di Regione Lombardia.
Seimila euro in più ai medici che accettano incarichi in zone “disagiate”: se, dopo tre bandi di medicina generale o Pediatria di libera scelta, non si fosse riusciti a coprire un ambito carente, le Ats possono assegnare, ai medici che hanno accettato, 6.000€ in più all’anno. Questi medici, inoltre, potrebbero incrementare il proprio massimale di assistiti fino a duemila.
Un’idea che ha trovato d’accordo diversi esponenti del panorama amministrativo bergamasco, seppure con qualche riserva. “Si tratta di un segnale di attenzione da parte di Regione – dice Juri Imeri, presidente dell’Assemblea dei sindaci del Distretto Bergamo Ovest -. È chiaro però che ci si aspetta una riforma da parte del governo, che abbia una strategia che sia definitiva per risolvere il problema”.
Parole di apprezzamento anche da Gianbattista Brioschi, presidente dell’Assemblea dei sindaci del Distretto di Bergamo: “È un incentivo che era già stato considerato con i medici, anche se stiamo parlando di palliativi e di mettere le toppe a questa emergenza. È logico che chiedere ancora sacrifici ai medici è difficile: qualcuno accetterà questa proposta, ma tanti altri non se la sentiranno, visto che alcuni stanno già lasciando perché si sentono stremati da due anni di pandemia”. Brioschi rilancia, suggerendo di rivedere il contratto nazionale dei medici e magari riconsiderando il reintegro ad hoc di quelli che già sono andati in pensione.
Positivo anche il parere di Alberto Mazzoleni, della giunta nazionale Uncem (Unione nazionale comuni comunità enti montani): “Chiaramente, la situazione sta diventando drammatica per tutti, soprattutto per la montagna. Penso sia il minimo, poter stabile incentivi. Servirà poi anche rafforzare i presidi, per non lasciare soli i medici di famiglia”.